Le accuse su Santi Zappalà: appoggio elettorale da mezza 'ndrangheta

zappalasanticonsiglioregionaledi Claudio Cordova - Si sarebbe rivolto a mezza 'ndrangheta. Pur di essere eletto nel 2010 alla carica di consigliere regionale, Santi Zappalà avrebbe coinvolto alcune tra le famiglie storiche della criminalità organizzata reggina. Lo spaccato che emerge dall'indagine "Reale 6", condotta da Ros dei Carabinieri e Guardia di Finanza, con il coordinamento dei pm antimafia Nicola Gratteri, Antonio De Bernardo e Giovanni Musarò lascia spazio a pochi dubbi circa i rapporti intessuti dall'ex sindaco di Bagnara Calabra. Zappalà si sarebbe rivolto solo ai Pelle di San Luca, ma aveva richiesto un appoggio nella campagna elettorale anche ad altre storiche cosche di 'ndrangheta, del mandamento jonico (Barbaro di Platì, Commisso di Siderno), di Reggio centro (Greco di Calanna), e tirrenico (Gallico di Palmi e Bellocco-Cacciola di Rosarno)

Il fatto che Santi Zappalà si fosse rivolto ai Barbaro emergerebbe chiaramente dalle risultanze già compendiate nella sentenza pronunciata dal G.u.p. presso il Tribunale di Reggio Calabria nel giugno 2011. Sarebbe stato il boss Peppe Pelle dei "Gambazza", a conoscenza dei voti che poteva gestire Francesco Barbaro, ad agevolare l'incontro fra quest'ultimo ed il candidato Santi Zappalà. Dal riferimento fatto da Zappalà nel corso della conversazione ad un certo Luca, non meglio identificato, il quale gli aveva "portato" Francesco Barbaro, proprio perché quest'ultimo era in grado di portargli un notevole numero di voti: ("Luca me lo ha portato, mi ha detto no riunisce tutte le famiglie, cinquecento, seicento voti... ee... non so! Ve l'ho raccontato, mi sembra, no?") confermato da Pelle ("Si, si, si!") si desume che Pelle e Zappalà si fossero già incontrati per discutere della candidatura di quest'ultimo alle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale.

Già nella motivazione della sentenza si faceva riferimento al fatto che Santi Zappalà "si era rivolto ai Commisso, casato storico della 'ndrangheta di Siderno senza avere necessità di avere presentazioni da parte di Pelle e Mesiani. Tale circostanza emergerebbe da una conversazione tra Mesiani Mazzacuva e Pelle "Gambazza": in particolare Mesiani Mazzacuva riferiva a "Gambazza" che Santi Zappalà aveva stretto accordi anche con la famiglia mafiosa Commisso di Siderno (RC): "Allora loro sono riusciti a lavorare ad ... entrare con i Commisso, no? Ed io non sapevo niente di questo fatto ...".

E Zappalà sarebbe stato consapevole di rivolgersi a famiglie mafiose, i cui componenti avevano precedenti specifici per reati di mafia con conseguente perdita del diritto di elettorato. Zappalà avrebbe precisato che chiedeva appoggio nella qualità non di candidato, ma di imprenditore, cioé di soggetto disposto ad acquistare un "pacchetto di voti" e che, per tale ragione, aveva necessità di conoscere con precisione il numero di voti che avrebbe conseguito: " ... loro non è che pretendevano ... "sappiamo che siamo ... il candidato è estraneo rispetto ad una cosa, quindi non andiamo a pretendere ... e ... però vogliamo un dato ora in questa situazione, ok? Tutti gli altri discorsi che dobbiamo fare" – dice – "Io non vengo più nella qualità di candidato di coso, ma di imprenditore. Se devo venire io, andate voi, se vengono loro, qua non ci sono problemi".

Un rapporto di genere do ut des per l'acquisto di un pacchetto di voti pari a 70-80 da parte di Zappalà con la famiglia mafiosa dei Commisso.

Non solo famiglie della fascia ionica. L'indagine avrebbe consentito di dimostrare che in occasione delle elezioni regionali del 2010 la candidatura di Santi Zappalà fu sostenuta anche dalla cosca Gallico, storico sodalizio di 'ndrangheta operante in Palmi. Tale circostanza é emersa nel corso dell'interrogatorio di Francesco Cardone, avvocato del foro di Palmi, ritenuto uno dei consigliori della consorteria palmese e che attualmente é imputato per il medesimo reato davanti al Tribunale di Palmi. In sintesi, il CARDONE riferiva: che nella Primavera dell'anno 2010 Rocco Gallico e Teresa Gallico si erano recati presso il suo studio legale per una questione di natura professionale; é opportuno precisare che all'epoca dei fatti i due Gallico ricoprivano il ruolo di "reggenti" dell'omonima cosca, che verso la fine dell'incontro, Rocco Gallico chiese a Cardone di appoggiare la candidatura di Zappalà e si dichiarò disponibile a procurargli un appuntamento con il politico: "Gallico Rocco mi disse che se ero interessato a conoscere a ZAPPALÀ potevano insomma contattarlo e farlo venire in studio".

Circostanze che Cardone confermerà poi nel procedimento d'Appello contro Zappalà. Dalle dichiarazioni dell'Avvocato Cardone, quindi, emerge la conferma del fatto che in occasioni delle elezioni regionali dell'anno 2010 la 'ndrangheta appoggiò la campagna elettorale di Santi Zappalà; non é privo di significato il fatto che Rocco Gallico si era mostrato certo di portare il candidato al cospetto dell'Avvocato Cardone, circostanza che conferma la particolare spregiudicatezza dello ZAPPALA', il quale anche in tale occasione aveva evidentemente avuto un contatto diretto con il boss di turno. Da qui la notevole fiducia di Zappalà nelle conversazioni intercettate a casa Pelle: "Poi abbiamo Villa che siamo fortissimi, Palmi che siamo fortissimi").

Ma di Santi Zappalà parlava anche la testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola, che apparteneva ad una famiglia mafiosa da sempre vicina alla cosca Bellocco. La giovane testimone di giustizia morirà nell'estate 2011 per ingestione di acido muriatico e diverse sentenze certificheranno tanto la sua attendibilità, quanto i tentativi della famiglia di metterla a tacere: "Ricordo che la mia famiglia ne appoggiava la candidatura" dice Cetta Cacciola. "Sono a conoscenza di tale circostanza perché mio zio e mio cugino ne parlavano spesso con mio padre, con mio fratello Giuseppe e con mio zio Giovanbattista Cacciola: nell'occasione era pacifico che le famiglie Cacciola e Bellocco avrebbero appoggiato la candidatura di Santi Zappalà".

La giovane testimone di giustizia preciserà inoltre che alla base dell'appoggio elettorale vi sarebbe stato l'accordo do ut des di cui si parlava: "Quando all'interno della "famiglia" si decide di appoggiare un certo candidato, ciò accade perché quest'ultimo promette in cambio qualcosa. Non so cosa, nel caso di specie, avesse promesso lo Zappalà ma sulla base di un dato di esperienza posso affermare con certezza che qualcosa in cambio aveva promesso o addirittura già dato, altrimenti i Cacciola ed i Bellocco non ne avrebbero mai appoggiato la candidatura e non si sarebbero mai impegnati per la sua campagna elettorale: l'appoggio, infatti, presuppone necessariamente un corrispettivo. Del resto, in un paese come Rosarno le famiglie Cacciola e Bellocco sono in grado di spostare un considerevole numero di voti, si tratta di una sorta di "patrimonio" che non viene certo regalato al politico di turno: per essere appoggiati da certe famiglie bisogna dare o almeno promettere qualcosa in cambio. Di solito il candidato si impegna a far eseguire lavori pubblici ad imprese edili in qualche modo riconducibili alla cosca o, comunque, si impegna a fare "favori" in qualche modo connessi con la sua funzione pubblica".

Ma anche il collaboratore Giuseppe Greco renderà dichiarazioni a carico di Santi Zappalà. Fino al momento della collaborazione, Greco é soggetto che ricopre un ruolo di vertice all'interno dell'articolazione della 'ndrangheta operante in Calanna. Giuseppe Greco è un personaggio da tempo risalente ritenuto il capo locale della 'ndrangheta di Calanna, con ruolo ereditato dal padre, nonché svariatamente colpito da inchieste volte a comprovare l'operatività in quel territorio di manovre illegali per il controllo del voto. Nel corso dell'interrogatorio del 2.07.13 Greco affermava in modo esplicito che in occasione delle elezioni regionali dell'anno 2010 Santi Zappalà si recò al suo cospetto, accompagnato dall'Avv. Antonio Marra, e, nel corso di un incontro durato circa un'ora, si dichiarò disponibile ad acquistare un pacchetto di cinquecento voti in cambio della somma di € 30.000,00; la proposta non fu accolta dal boss perché non ritenuta conveniente ("non valeva la pena"). Nella circostanza Greco affermava che lui era in grado di "pilotare" senza alcun problema 500 voti, "non solo a Calanna, pure in giro", grazie alla forza intimidatrice promanante dal ruolo ricoperto all'interno della locale, tale non richiedere neanche l'utilizzo di minacce esplicite, essendo sufficiente che la richiesta provenisse da un personaggio del suo calibro, appartenente ad una famiglia di 'ndrangheta storicamente radicata su quel territorio ("per la nostra educazione e rispetto"). Il collaboratore, inoltre, precisava di aver avuto modo di constatare in precedenti consultazioni che la sua famiglia era in grado di spostare un ingente "pacchetto" di voti senza alcun problema ed affermava di aver raggiunto il grado di santista.

Dichiarazioni, quelle di Greco, che gli inquirenti riscontrano grazie rapporto di conoscenza fra Santi Zappalà e l'Avv. Antonio Marra, le medesime dichiarazioni risultano riscontrate dai tabulati telefonici relativi all'utenza in un uso allo Zappalà, dal cui esame emergono, in particolare, 52 contatti fra il candidato ed il legale proprio nel periodo riguardante la campagna elettorale dell'anno 2010:

Di Santi Zappalà parla anche il collaboratore di giustizia Rocco Varacalli, il quale nel corso dell'interrogatorio reso in data 01.04.2011 riferiva numerosi elementi di considerevole valore investigativo riguardanti proprio l'odierno indagato.

Il collaboratore riferiva di essere stato organico alla 'ndrangheta ed in particolare alla locale di Natile di Careri, paese di cui era originario. Entrato nella 'ndrangheta con il grado di picciotto all'età di ventidue anni circa, prima dell'arresto avvenuto nell'anno 2006, aveva completato tutto il percorso della Società Minore ("... avevo fatto tutto il percorso della Minore, tutta, e poi si era fermato ..."):

Prima di affrontare l'argomento relativo ai rapporti di Santi Zappalà con esponenti della 'ndrangheta, il collaboratore precisava di essere a conoscenza dei rapporti mafia – politica dell'area di provenienza, Natile di Careri (RC), e dei relativi meccanismi di interazione: "La Maggiore, cioè la società Maggiore, si riunisce per decidere i candidati da appoggiare e da indicare agli elettori, per farli votare non solo in occasione delle elezioni comunali di Natile, ma anche in occasione delle competizioni elettorali di livello superiore, cioè provinciali, regionali o politiche. Ovviamente l'uomo politico appoggiato dalle famiglie mafiose, qualora eletto, doveva ricambiare mediante l'adozione di provvedimenti favorevoli cioè delibere, appalti, progetti e simili, alle cosche che avevano contribuito alla sua elezione". Al collaboratore verrà mostrato un album riportante le effigi fotografiche di vari soggetti tra cui alcuni candidati alle competizioni elettorali tenutesi il 28 e 29 Marzo 2010, oggetto dell'informativa di reato "Reale 3", tra le quali veniva riconosciuta quella di Santi Zappalà. In particolare, Varacalli dichiarerà di conoscere Santi Zappalà: "... E' quello dei voti ... omissis ... è quello dei voti ... omissis ... Adesso me lo ricordo che lo avevo visto nella ..., come si dice, quando fai pubblicità dei voti ... omissis ... Si è uno di quelli, è anche di quelli che avevano dato dei voti". Varacalli chiarirà di avere avuto, con specifico riferimento alla candidatura di Santi Zappalà , precise disposizioni dalla "famiglia" ("Che la famiglia aveva raccolto dei voti per questo signore"):

... omissis ...

VARACALLI R.:

E' quello dei voti.

Dott. MUSARÒ:

E che vuol dire che è quello dei voti?

VARACALLI R.:

Adesso me lo ricordo che lo avevo visto nella ..., come si dice, quando fai pubblicità dei voti.

Dott. MUSARÒ:

Le locandine elettorali. Lo conosce questo signore?

VARACALLI R.:

Si è uno di quelli, è anche di quelli che avevano dato dei voti.

Dott. MUSARÒ:

Cioè?

VARACALLI R.:

Che la famiglia aveva raccolto dei voti per questo signore.

... omissis ...

La 'ndrangheta di Natile di Careri (RC) avrebbe dunque appoggiato Santi Zappalà in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Provinciale di Reggio Calabria, a seguito delle quali lo stesso era stato eletto: "Zappalà Santi lo conosco perché mio cugino Pipicella Antonio, alias Maranguni, appartenente alla 'ndrangheta, mi indicò questo nominativo a me ed ai miei familiari che doveva essere appoggiato".

Proseguendo, il collaboratore evidenzierà che Zappalà "è uno che aiutava, uno di quelli che ci aiutava quando noi abbiamo bisogno di qualcosa" ed era considerato un "amico": "si, si, che questo è uno dei nostri che ci aiutava, dei nostri amici, adesso non so se faceva parte della 'ndrangheta, uno dei nostri", non escludendo che fosse formalmente affiliato alla 'ndrangheta. La parte dell'interrogatorio concernente Santi Zappalà si concludeva con l'ennesima affermazione di VARACALLI Rocco che non lasciava alcun dubbio sulla tipologia del rapporto instaurato dal politico con soggetti appartenenti alla 'ndrangheta: "Che era uno che appoggiava a noi della 'ndrangheta, se avevamo bisogno".