di Claudio Cordova - In maniera indiretta, le indagini sul conto di Aldo Miccichè, il faccendiere dalle mille risorse arrestato in Venezuela su mandato della Dda di Reggio Calabria, partono dall'uccisione del celebre "uomo mitra", quel Salvatore Pellegrino, dai trascorsi criminali non di poco conto nella Piana di Gioia Tauro. In quel contesto, infatti, i pm Salvatore Boemi, Roberto Di Palma, Maria Luisa Miranda e Roberto Pennisi individuarono come uomo forte della potentissima cosca Piromalli quell'Antonio Piromalli, figlio del celeberrimo Pino Piromalli, detto "Facciazza". Già negli anni 2000, quando verrà arrestato, gli inquirenti lo descrivevano come colui che "dopo che veniva arrestato il padre Piromalli Giuseppe, capo della associazione, ne faceva le veci allo scopo di realizzare lo sfruttamento economico delle opportunità offerte dallo sviluppo dell'area portuale, mantenendo i rapporti tra il detto suo congiunto e il complesso economico-imprenditoriale impegnato nell'area portuale anche in funzione estorsiva".
Sarà Gioacchino Arcidiaco, che con i Piromalli avrebbe imbastito anche un commercio di agrumi verso l'estero (USA) a "trasmettere" ad Antonio Piromalli i propri, interessantissimi, contatti. Uno di questi "contatti" risponde proprio al nome di Aldo Miccichè. "Personaggio – scrivono i pm nella richiesta d'arresto del processo "Cent'anni di storia" - dai rilevanti trascorsi penali, tali da valergli un cumulo di pena di anni 25 di reclusione. E coinvolto anch'egli in una indagine relativa al traffico di stupefacenti che pesa sulla sua figura, nonostante l'esito per lui positivo del procedimento, specie se si considera che i suoi due "pupilli" sono l'uno sottoposto ad un procedimento per droga, l'Arcidiaco, e l'altro, il Piromalli, appartenente ad una organizzazione criminale per la quale si è accertato a livello giudiziario (procedimento penale Tirreno) il coinvolgimento in traffici internazionali di narcotici". I guai giudiziari per Miccichè inizieranno comunque nel 1987 e, prima di rimediare una condanna per mafia proprio nel processo "Cent'anni di storia", il faccendiere, che sarebbe stato anche in contatto con la banda della Magliana, si rifugerà in Venezuela per sfuggire a un'altra, precedente, condanna per bancarotta fraudolenta.
Una prima conversazione tra Piromalli e Miccichè viene intercettata a metà del settembre 2007, quando si fa riferimento a un certo avvocato Francesco Lima, che viene contattato per via dei suoi "agganci notevoli", al punto che Miccichè afferma che "penserà lui per molte cose" . A "pensare a molte cose" è, però, lo stesso Miccichè che, a detta dei magistrati, si interesserebbe della posizione carceraria di Pino Piromalli, detenuto in regime di 41bis: "Ho parlato con quella persona... bisogna giocare di sponda" dice. Nelle diverse conversazioni intercettate dai pm reggini, Miccichè racconta di essersi interessato della situazione di Pino Piromalli anche con una persona vicina al senatore Emilio Colombo, che Miccichè definisce "compare". Lo stesso Miccichè vanterà una serie di agganci con la segreteria dell'allora Ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che, comunque, nell'unica telefonata intercettata col faccendiere sarà molto evasivo e cercherà di chiudere il prima possibile la discussione.
L'obiettivo di Miccichè sarebbe stato dunque quello di far revocare a Pino Piromalli la dura misura del 41bis. Ma non sarà facile: "Ho l'impressione – dirà in un'altra conversazione intercettata - che non si riesce a manovrare bene ... qua dovremo forse a mio avviso fare un altro tipo di rapporto e lo devo fare in Lombardia"; ovvero ricorrendo alla "Massoneria". Nei discorsi in libertà di Miccichè spunta anche il deputato Mario Tassone, dell'Udc, che Miccichè (non è dato sapere se sia millanteria o altro) lo definisce come una persona "a disposizione" dei Piromalli.
Ma Miccichè sarebbe un personaggio pienamente inserito, tanto nell'establishment italiano, tanto in quello venezuelano: "La politica bisogna saperla manovrare" dice commentando gli sviluppi politici del Venezuela. In Italia, invece, il politico più in vista con cui Miccichè avrebbe avuto un rapporto piuttosto significativo è il senatore Marcello Dell'Utri, uomo di fiducia dell'ex Premier Silvio Berlusconi fin dagli anni '70, ma anche personaggio da sempre interessato o almeno lambito da indagini riguardanti la mafia siciliana: "Vai da Dell'Utri, spiegagli chi siamo e cosa rappresentiamo" dirà Miccichè a Gioacchino Arcidiaco, l'emissario dei Piromalli che incontrerà il senatore nel marzo 2008.
Un vero e proprio "faccendiere", Aldo Miccichè. Uno che, sul piatto della bilancia, avrebbe messo, tranquillamente, il voto degli italiani all'estero. E a proposito di estero, sarà lo stesso Dell'Utri a giustificarne la conoscenza, in un'intervista: "Lui in Venezuela si occupava di forniture di petrolio. Io ero in contatto con una società russa che ha sede anche in Italia, per cui conoscendo questi russi ho fatto da tramite...". E qui si inserisce anche la figura del giovane Massimo Marino De Caro, che ad appena 34 anni diventerà vicepresidente della Avelar Energy (gruppo Renova), che ha sede in Svizzera ma appartiene al magnate russo Viktor Vekselberg. Più ricco di Rupert Murdoch, Vekselberg acquisterà anche diversi beni in Italia, sul lago di Garda e a Rimini. Difficile spiegare, perché il giovane De Caro arrivi ai vertici di una società così importante. La risposta arriverà dalle intercettazioni. Proprio alla presenza dei De Caro, Dell'Utri chiamerà Miccichè che, ovviamente si trova in Venezuela. Il faccendiere originario di Maropati gli consiglierà di acquistare greggio dalla compagnia venezuelana Pdvsa. Affari da diversi milioni di euro che sarebbero stati approntati sull'asse Mosca-Caracas, con in mezzo l'Italia, per volontà di Marcello Dell'Utri: "Io vado lì e dico: mi manda Picone, e quando dico Picone intendo Marcello..." dice Miccichè in una conversazione intercettata. Lo stesso Dell'Utri, secondo diverse intercettazioni, avrebbe "piazzato" Marino De Caro ai vertici della Avelar.
Triangolazioni internazionali che avrebbero smosso interessi da alta finanza.
Adesso, però, tutti i protagonisti sembrano essere caduti in bassa fortuna. L'arresto di Miccichè, uno che in Venezuela entrava e usciva, senza alcun problema, dai palazzi istituzionali, potrebbe essere il segnale del cambiamento di alcuni equilibri. Lo stesso Dell'Utri, oltre ai soliti guai riguardanti la mafia siciliana, deve adesso difendersi dall'accusa di estorsione nei confronti, addirittura, di Silvio Berlusconi. E De Caro? Dagli affari con il gas, sarà nominato – senza alcun titolo – direttore della biblioteca Girolamini di Napoli. Da quella biblioteca, proprio nel periodo in cui De Caro sarà direttore, scompariranno centinaia di libri dal valore inestimabile. E saranno le telecamere a circuito chiuso a documentare, per conto dei Carabinieri, gli strani "movimenti" notturni degli incunaboli. De Caro finirà in manette per ricettazione e peculato, la biblioteca verrà sequestrata e nel registro degli indagati i pm iscriveranno anche Maria Grazie Cerone, segretaria del senatore Marcello Dell'Utri.
Che per l'archivistica e i libri antichi ha sempre avuto una passione smisurata...