Giardina & co.: i Carabinieri che per il Tribunale hanno mentito su Lo Giudice

giardinavaleriodi Claudio Cordova - Se la trasmissione degli atti per i magistrati Alberto Cisterna e Franco Mollace per il reato di falsa testimonianza, nonostante le dure parole del Tribunale, non scatta in automatico, quella invece per il Colonnello Valerio Giardina (nella foto), ex comandante del Ros, è un dato su cui il pm Beatrice Ronchi aveva insistito molto, ottenendo quanto richiesto già lo scorso 4 giugno. Due i profili di contrasto tra le dichiarazioni rese dal teste e le emergenze processuali, stando a quanto ricostruito dal presidente Silvia Capone.

Il Colonnello Giardina, infatti, nel corso della propria deposizione, negherà la partecipazione all'attività investigativa nell'ambito dell'inchiesta "Vertice", ma negherà anche di essersi mai imbattuto nella cosca Lo Giudice. Dati che, gli ulteriori accertamenti (effettuati peraltro proprio dal Ros all'interno della banca dati) negheranno categoricamente.

Ma il dato più importante – e che va a cozzare duramente anche con quanto emerso nel procedimento "Meta" – è quanto dichiarato dall'alto ufficiale dell'Arma nella parte in cui il teste ha affermato che giammai per la ricerca del latitante Condello sono state utilizzate in Meta notizie provenienti da fonti confidenziali: "Sul punto è sufficiente richiamare la testimonianza del Maisano il quale in relazione al sopralluogo di Pellaro, eseguito congiuntamente al maresciallo Cosentino nei pressi della Toyota, ha dichiarato di aver ottenuto il preventivo consenso del colonnello Giardina in ordine a tale attività posta in essere a seguito dell'acquisizione della notizia dalla fonte confidenziale, e di aver riferito allo stesso ufficiale, dopo il sopralluogo, i relativi risultati. E non possono, infine, ignorarsi le emergenze dibattimentali in ordine all'intensificarsi dell'attività tecnica nei confronti di Barillà Giovanni tra il dicembre 2007 ed il febbraio 2008, nonché in ordine alla richiesta ed ottenimento dell'autorizzazione all'installazione della videocamera, e ciò in piena corrispondenza alle indicazioni fornite dai fratelli Antonino e Luciano Lo Giudice al brigadiere Maisano tra esse e le dichiarazioni del Giardina, che ha categoricamente escluso l'impiego di alcuna notizia di fonte confidenziale nel procedimento Meta, si ritiene esistere un profilo di contrasto, certamente meritevole di ulteriore approfondimento" scrive il presidente Silvia Capone.

Una falsa testimonianza che - se dovesse essere accertata – si sarebbe concretizzata, ancor prima del processo ai Lo Giudice, proprio nel processo "Meta", davanti, cioè, al pm Giuseppe Lombardo, legato da un indissolubile vincolo fiduciario con l'ufficiale dell'Arma.

Falsità che il Tribunale ha riscontrato anche in altri soggetti in servizio al Ros di Giardina: il Capitano Gerardo Lardieri e il brigadiere Francesco Maisano, detto "Falcao".

Lardieri, braccio destro di Giardina, mentirà (a detta del Tribunale) quando riferirà di non conoscere la fonte confidenziale del brigadiere Maisano, che porterà l'Arma a un'imponente operazione (infruttuosa) alla ricerca del latitante Pasquale Condello in via Manfroce a Reggio Calabria. "Non si comprende allora come abbia potuto dimenticare il Lardieri di chiedere al Maisano di predisporre l'annotazione di servizio relativa al contatto con la fonte ed all'acquisizione della notizia in vista della organizzazione della perquisizione di via Manfroce, che pure un altro Ufficio dell'Arma coinvolgeva e mobilitava mezzi ed una trentina di uomini" scrive il Tribunale. Una perquisizione, peraltro, che sarebbe stata condotta in spregio alle più elementari norme, come stigmatizza il Tribunale: "Inquietanti poi le modalità di svolgimento della perquisizione d'iniziativa: nessun atto notificato alla parte, nessuna garanzia difensiva assicurata alla parte – cui peraltro veniva fornita una notizia pretestuosa in ordine alle effettive ragioni dell'accesso - , nessuna comunicazione alla Procura della Repubblica".

Ancor più intricata è la situazione riguardante Maisano, legato a Luciano Lo Giudice da un rapporto di natura confidenziale. Proprio dopo la cattura di Pasquale Condello, "Il Supremo", gli inquirenti registreranno alcune comunicazioni tra "Falcao" e Luciano, che rivendicherà i propri meriti per la cattura di uno dei capi più importanti della 'ndrangheta: "Così è spudoratamente mendace la versione del brigadiere in ordine al significato dell'espressione "ogni promessa è un debito": non poteva riferirsi all'impegno di condurre Luciano al cospetto del Condello appena arrestato in quanto, dopo aver comunicato al confidente che ciò non era più possibile, il Maisano tornava ancora ad assicurare l'adempimento ad una obbligazione dal contenuto oscuro dicendo "E' pensiero mio non ti preoccupare". Infine le emergenze processuali non consentono di ritenere che il Maisano non abbia comunicato ai suoi superiori la notizia passata da Luciano in ordine al ruolo di favoreggiatore di Barillà Giovanni".

Il teste ha sminuito tale tipo di apporto dell'informatore dicendo che Barillà era già un soggetto monitorato prima ancora che Luciano ne facesse parola, e per queste ragioni non riteneva di comunicarlo ai suoi superiori; così come riferiva che nulla gli aveva detto Luciano in ordine alla possibilità di monitorare un negozio frequentato da Barillà: "Orbene il dato certo è che Luciano passò l'informazione sul Barillà; lo si desume sia dalle dichiarazioni del Maisano sia dalle dichiarazioni del collaboratore Lo Giudice Antonino. Ciò che invece è falso è che il Maisano tale notizia l'abbia tenuta per sé, decidendo autonomamente – lui che all'epoca era addetto o alle mansioni di autista o a quelle di trascrittore di intercettazioni ai fini dei brogliacci – 'chè tanto era una notizia non utile alle indagini, in quanto già soggetto monitorato tra i possibili fiancheggiatori: tale tipo di valutazioni non rientravano certamente nei poteri di un brigadiere con le mansioni ed il grado del Maisano, il quale certamente non poteva essere a conoscenza ed avere un monitoraggio completo di tutta l'attività tecnica condotta in quel momento in Meta per giungere alla conclusione che era un'attività superflua. Ma vi è un dato documentale che dimostra l'avvenuto passaggio della notizia del Barillà ai superiori: il rilievo effettuato dal capitano Parillo in ordine all'intensificarsi delle attività tecniche nei confronti del Barillà da un certo momento in poi. Vi era stato pertanto certamente un nuovo apporto informativo che aveva ridestato l'attenzione degli investigatori nei confronti di Barillà Giovanni, che portava ad un nuovo dispiegamento di attività tecniche nei suoi confronti mediante ampliamento delle utenze intercettate e richiesta di autorizzazione al servizio di osservazione tecnica mediante installazione di videocamere". Quell'informatore, per il Tribunale era proprio Luciano Lo Giudice.