"Rifiuti Spa 2": le accuse agli avvocati Dieni e Putortì

dieniputortiavvocatidi Claudio Cordova - "Quali legali di fiducia di Alampi Matteo, in virtù del mandato difensivo avevano diritto ad avere colloqui con il predetto detenuto, fornivano un contributo alla cosca prestandosi a fare da postini e da portatori di messaggi e notizie agli sodali non detenuti". Così l'ordinanza firmata dal Gip Barbara Bennato definisce i due avvocati Giulia Dieni e Giuseppe Putortì, arrestati nell'ambito dell'operazione "Rifiuti SpA 2" con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa con il clan mafioso-imprenditoriale degli Alampi. Secondo gli accertamenti svolti dalla Dda di Reggio Calabria i due legali avrebbero svolto "compiti del tutto esulanti dal loro incarico professionale, fungendo da indispensabili emissari di comunicati strettamente correlati agli illeciti interessi della cosca".

Dalle conversazioni intercettate, per esempio, emergerebbe come i due si siano prodigati per portare all'ingegner Lauro Mamone, amministratore unico della "Rossato Sud" – una delle aziende attive nello smaltimento di rifiuti che sarebbe stata nelle mani degli Alampi – le "direttive di Matteo Alampi in quel periodo detenuto in carcere, dopo la sentenza del processo "Rifiuti SpA". In un'occasione l'avvocatessa Dieni avrebbe dovuto portare un "messaggio" da parte di Alampi: "A me ha telefonato Valentino (Alampi, ndr) che l'avvocato Dieni mi vuole parlare" dirà Mamone al suo interlocutore, Domenico Alati, direttore tecnico della "Rossato Sud", che risponderà: "Ti vuole parlare Matteo, allora". In altre occasioni, i due esprimeranno concetti assai simili: "Se ha telefonato Valentino è perché sicuramente ha mandato qualche "imbasciata" Matteo" dirà Mamone ad Alati.

Siamo sul finire del 2009.

All'inizio di ottobre, infatti, gli inquirenti intercetteranno una conversazione in carcere tra Matteo Alampi e il padre Giovanni, in cui il primo affermerà di dover "mandare a dire" qualcosa all'ingegner Mamone tramite l'avvocatessa Dieni. Saranno anche le conversazioni intercettate tra Lauro Mamone e Domenico Alati ad aprire scenari agli inquirenti sul ruolo degli avvocati Putortì e Dieni, che si sarebbero fatti latori di messaggi da parte di Alampi. Per i due, ogni intervento dell'avvocatessa Dieni avrebbe avuto il significato di una precisa direttiva da parte di Matteo Alampi: "Se l'ha pagata, ti riferisce tutto per filo e per segno. Se non l'hanno pagata...". L'ordinanza arriverà a definire l'avvocatessa Dieni "un fidato e insostituibile portavoce di Matteo, il cui placet per ogni opzione prescelta veniva così esternata all'amministratore dell'azienda (anche) attraverso l'operato del legale".

Con riferimento all'altro legale, l'avvocato Giuseppe Putortì, agli atti dell'indagine vi è anche un servizio di videoripresa del 18 novembre 2009, che testimonierebbe come il penalista avesse direttamente interloquito con Lauro Mamone. In quell'occasione, all'avvocato Putortì avrebbe riferito, tra le altre cose, degli sforzi compiuti per "guidare" le condotte di Valentino Alampi, che con le proprie continue pretese, avrebbe rischiato di compromettere la tenuta di quello che l'ordinanza definisce "l'illecito sistema predisposto al fine di soddisfare le pretese della famiglia e consolidarne il potere criminale". A tale lamentela, l'avvocato Putortì avrebbe avuto, a detta di Mamone, che il giorno dopo racconterà tutto al fido Alati, un comportamento pilatesco. Tuttavia, lo scambio di informazioni sarebbe continuato. E' il gennaio 2010, infatti, quando Mamone comunicherà ad Alati l'intenzione di mandare un messaggio a Matteo Alampi tramite l'avvocato Putortì, nei confronti del quale l'ingegnere aveva manifestato tutto il suo apprezzamento quale persona sicuramente affidabile "E' l'unico di cui mi fido" dice Mamone. Che prosegue: "Io gli voglio dire solo una cosa... gli dico "avvocato mi deve fare una cortesia" deve riferire testualmente a Matteo quanto sto per dirle, quando io sono praticamente nominato da Rossato, io con gli Alampi non ho nulla a che vedere, però per un fatto di cortesia io ho chiamato suo padre prima di accettare e gli ho chiesto se aveva, se aveva perplessità sulla mia... sul fatto che io gestisco la cosa, se aveva richiesta da farmi, se aveva bisogno di soldi tutto... tutte cose...".

Ad ogni contatto con gli avvocati Putortì e Dieni, i due indagati intercettati – Mamone e Alati – penseranno a qualche tipo di messaggio che Alampi avrebbe voluto veicolare verso di loro. Accade anche a metà del 2010: "Lo so per che cosa mi vuole [...] al 99% [...] immagino già cosa sia" dice Alati. Pochi giorni prima, peraltro, l'avvocato Putortì aveva proprio avuto un colloquio presso il carcere di Palermo con Matteo Alampi. Anche nel luglio 2010, con riferimento ai lavori presso la discarica di Gioia Tauro (una delle circostanze contestate agli indagati, ndr) Mamone affermerà di aver ricevuto un messaggio da parte di Matteo Alampi di "andare avanti con la massima autonomia, di non dare retta a nessuno e di fare quello che ritengo più giusto e più opportuno". Un messaggio che, anche in questo caso, sarebbe arrivato tramite l'avvocato Putortì. A ottobre del 2010, Alati affermerà inoltre di aver saputo che Putortì avrebbe portato all'esterno messaggi anche da parte di Paolo e Matteo Siclari, entrambi tra gli indagati dell'inchiesta "Rifiuti SpA 2".

Insomma, i due legali non verranno mai intercettati direttamente. A costituire nei loro confronti il quadro indiziario che per ora li accusa di concorso esterno in associazione mafiosa sono, quasi esclusivamente, le conversazioni degli altri indagati nell'inchiesta "Rifiuti SpA 2". E' l'aprile 2010 quando, in un altro colloquio in carcere, Matteo Alampi manifesterà tutta la propria soddisfazione e riconoscenza verso l'operato, in particolare, dell'avvocato Dieni che, a suo dire, non gli aveva fatto mancare il più ampio e incondizionato supporto: "Quando tu ti senti con lei – dice Alampi alla moglie Maria Giovanna Siclari – le dici "Giulia , vedi che Matteo tiene conto che tutto quello che stai facendo tu, poi ti ricompensa dopo... tu allora le avevi dato l'anello...". Alla risposta affermativa della moglie, Alampi continuerà: "Ah... glielo avevi dato l'anello, quello tutto tempestato", ma verrà interrotto dalla moglie: "E poi le avevamo dato il foulard di Hermes".