di Claudio Cordova - Il Tribunale Fallimentare ha accolto l'istanza di concordato preventivo avanzato dall'Atam. La mancata dichiarazione di dissesto del Comune di Reggio Calabria e i soldi attesi dalla Regione hanno infatti aperto autostrade per il concordato preventivo sull'azienda del trasporto pubblico locale, per la quale i pubblici ministeri Stefano Musolino e Teodoro Catananti avevano richiesto il fallimento. Lo stesso amministratore unico dell'Atam, Antonino Gatto, si è lasciato andare a parole di grande euforia per le procedure di concordato che, secondo le sue speranze, potranno mettere l'Atam al riparo dal crack.
L'istanza avanzata alla fine di febbraio dai pm Musolino e Catananti ha, tuttavia, prodotto l'effetto di aprire uno squarcio di luce sulla gestione dell'azienda reggina: anni in cui, secondo il parere della Procura, i bilanci dell'Atam sarebbero stati alterati, anche in maniera piuttosto grossolana. Negli scorsi giorni, infatti, la Procura ha chiesto e ottenuto una serie di documenti che relazionano sulla struttura organizzativa aziendale, sui costi del personale negli anni 2012-2013-2014 e l'attività dei Dirigenti, ma anche sulla funzione di alcune figure chiave, quali il direttore generale e il dirigente del settore Affari Legali. Nonché, infine, un report sui controlli sulla qualità dell'azione dei dirigenti.
E dalle carte presentate dall'Azienda il quadro che emerge è tutt'altro che confortante: "L'ATAM presenta una gravissima esposizione debitoria verso l'Agenzia delle Entrate, gli Istituti Previdenziali ed Assistenziali e i Fornitori. A tal fine, si fa osservare che la posizione debitoria venutasi a determinare è stata causata dalla difficoltà di incassare i crediti vantati in grande misura nei confronti dell'Ente Regione sin dal 1987 ed iscritti in bilancio" è scritto nel dossier di quasi 100 pagine depositato davanti alla Magistratura.
L'Azienda, in base ai dati del consuntivo 2012, ha debiti pregressi per un importo pari a
circa 26 milioni di euro riconducibili a imposte e oneri contributivi non versati, parzialmente rateizzati, pari a oltre 16 milioni di euro; forniture e immobilizzazioni per un importo pari a quasi 10 milioni di euro: "Si rileva infatti l'incapacità da parte dell'Azienda di far fronte puntualmente agli impegni assunti, la cui scadenza è prevalentemente mensile essendo connessa per circa il 55% agli stipendi e agli oneri fiscali e contributivi. E questo a prescindere dal rientro dalla situazione debitoria pregressa" è scritto ancora nel rapporto.
Una situazione debitoria (unita alle presunte alterazioni di bilancio) che ha indotto quindi la Procura ad avanzare istanza di fallimento e che ha costretto l'azienda a predisporre un piano di risanamento articolato su tre principali linee guida: la formulazione di un nuovo Piano Industriale, la predisposizione di un piano di rientro dal debito compatibile con il piano industriale adottato e, infine, la ricapitalizzazione. Il piano di risanamento ha determinato la ridefinizione della pianta organica che ha modificato la quantità e la qualità dei servizi da erogare. Le iniziative assunte, al fine di giungere nell'arco di 5-10 anni al risanamento aziendale, impone l'esodo del personale in esubero, posto che il ricorso ad eventuali ammortizzatori non consentirebbe di superare la crisi. Tra unità da collocare in quiescenza, contratti di solidarietà, internalizzazione del servizio di pulizia e del numero verde, attualmente affidati a ditte esterne, l'Azienda conta di allontanarsi dal baratro.
Stando a quanto comunicato alla Procura, l'Azienda dà atto della disponibilità dei Dirigenti (arrivata non senza forti malumori, dicono i ben informati) di una riduzione dello stipendio nella misura del 10% dell'ammontare lordo per la durata analoga a quella prevista dall'accordo.
Già, i dirigenti.
Proprio sui costi del personale e dei dirigenti si concentra l'attenzione della Procura, cui l'azienda fornisce le indicazioni richieste. Con riferimento al personale, l'Atam ha avuto nei primi cinque mesi del 2014 un costo complessivo di quasi quattro milioni e mezzo di euro (di poco superiore ai due milioni la retribuzione netta dei dipendenti. Costi complessivi che, spostati al 2012 e al 2013 si aggirano su cifre superiori ai 12 milioni di euro annui (6 milioni la retribuzione netta).
Quanto al direttore generale, Vincenzo Filardo, questi ha percepito 30mila euro nette per il periodo gennaio-maggio 2014, 80mila euro nel 2013 e 73mila euro nel 2012. Per l'azienda, però, i costi vanno ben oltre il netto: 64mila euro nei primi sei mesi del 2014, e 156mila euro annui sia nel 2012 che nel 2013.
Tra i quesiti richiesti dalla Procura, cui l'Atam ha fornito risposta, ci sono le delucidazioni sul ruolo del dirigente degli Affari Legali dell'azienda, l'avvocato Caterina Terranova, in azienda dal 1982 e dirigente dal 1999. Nell'elenco dei costi del personale richiesto dalla Procura c'è anche la figura dell'avvocato Terranova, che nei primi cinque mesi del 2014 ha percepito 36mila euro nette, per un costo complessivo di quasi 80mila euro sull'Azienda (anche se il valore comprende le somme arretrate dovute in base a una sentenza della Sezione Lavoro della Corte d'Appello di Reggio Calabria). Andando indietro negli anni su cui la Procura vuole vedere chiaro, il dato che riguarda la dirigente si assesta sui quarantamila euro di retribuzione netta, ma un costo complessivo per l'azienda di oltre 100mila euro sia nel 2012 che nel 2013.
Tra i vari compiti della dirigente, nella nota dell'Atam si legge: "L'Avv. Terranova, in relazione alla lotta all'evasione tariffaria, ha predisposto per l'azienda un emendamento alla Legge Regionale sul trasporto pubblico locale volto a far rientrare le multe emesse dal personale sui bus, tra le sanzioni amministrative previste dalla L. 689/81. Questo emendamento ha portato all'emanazione della L.R. 67/2012 che ha reso le multe in questione titolo immediatamente esecutivo. Ha curato altresì l'emanazione del Modello Organizzativo Aziendale ex D.Lgs. 231/01 approvato dall'Amministratore Unico pro tempore con Delibera n. 107 del 30/04/2013 e si sta occupando dell'emanazione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione di cui alla L. 190/2012 e dei connessi adempimenti di trasparenza previsti dal D.Lgs 33/2013". Misure che, però, la stessa azienda ritiene evidentemente ancora poco efficaci se tra le soluzioni prospettate al Tribunale Fallimentare per evitare il crack c'è scritto: "L'Azienda, nell'ambito del piano di risanamento finanziario individuato, rafforzerà le misure antievasione, aumentando i controlli a bordo delle linee urbane ed extraurbane".
Ma il dato più curioso arriva proprio dall'ultima pagina del dossier presentato da Atam. Dove cioè l'azienda risponde al quesito posto dai pm Musolino e Catananti circa i "controlli sulla qualità dell'attività dei dirigenti". Un dato che, evidentemente, alla Procura interessa per ulteriori valutazioni visto lo stato di "gravissima esposizione debitoria" dell'Atam. Questa la risposta dell'azienda: "Con riferimento al controllo sulla qualità dell' attività svolta dai dirigenti si precisa che, a differenza di quanto stabilito dalle norme in materia di controllo dell' attività dei dirigenti della P.A. non è previsto per le aziende dei servizi pubblici locali, un sistema "strutturato" di valutazione delle "performance" dirigenziali. Solo in caso di contratti individuali di lavoro che contengono anche la "retribuzione incentivante", per i dirigenti di aziende di servizio pubblico locale, la corresponsione di quest'ultima è legata, com'è noto, al conseguimento del risultato atteso in base ad obiettivi preventivamente fissati dall' Amministrazione aziendale. Nel caso di ATAM i contratti di lavoro attualmente in essere con i due dirigenti non prevedono la suddetta retribuzione incentivante, che è generalmente aggiuntiva alla retribuzione tabellare. Alla luce di queste due circostanze non sussistono le condizioni per questa tipologia di controllo".
Nessun controllo su dirigenti che, secondo quanto comunicato dall'Atam, costano all'azienda svariate decine di migliaia di euro. Tutto secondo legge, s'intende. Ma visto lo stato in cui versa la società del trasporto pubblico locale, gli interrogativi restano: l'assenza di controlli può aver inciso sulla (presunta) cattiva gestione dell'azienda reggina? L'Atam prova a rispondere così: "Ai fini di una valutazione oggettiva dell'attività svolta dal personale dirigente, è sufficiente fare riferimento, per la Direzione Generale, all'andamento del risultato economico della "gestione caratteristica" aziendale (differenza tra valore e costo della produzione) e, per il Dirigente "Affari Legali, Personale e Servizi Generali," all'andamento nel tempo del contenzioso nei confronti del personale, dei fornitori e dei terzi".
E se il "risultato economico" per valutare la qualità dell'operato dirigenziale è sotto gli occhi di tutti (soprattutto grazie alla richiesta di fallimento avanzata dalla Procura), il paradosso arriva proprio dalle ultime righe dello scritto. Quelle che riguardano l'attività della dirigente degli Affari Legali, cui la nota dell'Atam attribuisce più o meno concreti ruoli di "coordinamento", ma anche "gestione", o, ancora, "supporto" e "consulenza". Ma, come detto, la dirigente Terranova è un avvocato e, quindi, potrebbe eventualmente, in maniera assai più concreta, rappresentare l'azienda nei contenziosi legali: "Va aggiunto per completezza: la gestione del contenzioso è stata sempre affidata dall'A.U. a legali esterni all'azienda che vengono individuati, di volta in volta, in base al profilo professionale riferito all'oggetto del contenzioso. A questo fine è in corso d' esame un apposito Regolamento interno predisposto dal competente Servizio aziendale".
Un meccanismo non nuovo per chi conosce come sia stata gestita la Cosa Pubblica a Reggio Calabria negli ultimi anni.