Reggio: ecco perchè i Mauro sono stati assolti dall'accusa di usura

maurocaffedi Claudio Cordova - Analizza le operazioni poste in essere sia sotto il profilo dell'elemento materiale, sia sotto il profilo psichico. E alla fine arriva alle conclusioni: la Mauro Demetrio SpA non ha messo in atto comportamenti usurari. Il Tribunale di Reggio Calabria, presieduto da Olga Tarzia, ha depositato le motivazioni con cui, il 29 novembre del 2013, gli imprenditori della nota azienda del caffè sono stati assolti dal reato di usura, al termine di una vicenda giudiziaria durata oltre otto anni: Dall'istruttoria dibattimentale non sono emerse situazioni di difficoltà economiche o finanziarie da parte delle persone beneficiarie dei finanziamenti (elargiti dalla Mauro Demetrio spa) di entità tale da consentire l'inquadramento dei fatti nella seconda ipotesi di usura, ravvisabile anche quando gli interessi siano inferiori ai c.d. tassi soglia. Al riguardo, si evidenzia che quasi tutti coloro che si sono rivolti alla Mauro Demetrio spa lo hanno fatto per avviare il loro esercizio economico o per migliorarne il locali e non per soddisfare bisogni di prima necessità" scrivono i giudici.

Il Tribunale ha assolto tutti gli imputati dai reati di usura perché il fatto non sussiste o in altri casi perchè non costituisce reato, dichiarando prescritto il reato di esercizio abusivo del credito. Il Tribunale ha disposto la condanna a quattro anni di reclusione – per il solo reato di associazione per delinquere – nei confronti di Maurizio e Antonio Mauro. Tre di questi anni, però, sono coperti dall'indulto, mentre il restante è sostanzialmente prescritto.

Un processo lungo e complesso quello celebrato a carico dei Mauro, con l'accusa portata avanti dai sostituti procuratori Antonio De Bernardo e Luca Miceli. Un processo che si giocherà anche, anzi, soprattutto, su una lunga guerra di consulenze al fine di accertare se esistesse o meno il reato di usura. La Procura aveva schierato il dottor Domenico Larizza, mentre le difese avevano impegnato Bernardo Femia, Massimo Giordano e Demetrio Serra. Da ultimo era intervenuto il perito d'ufficio Barbara Cardia. Proprio la discordanza di pareri tra i periti (cosa che, in verità, è piuttosto comune nei procedimenti penali) viene valorizzata dal Collegio nelle motivazioni assolutorie: "La divergenza nei risultati è dovuta alla diversa analisi della struttura dei rapporti posti in essere dalle parti contraenti. Secondo i consulenti della difesa e quello d'ufficio, tali rapporti, ancorché scanditi da operazioni annuali ripetute nel tempo, devono essere considerati unitari, in quanto rientranti nella medesima cornice pattizia definita al momento del perfezionamento dell'accordo iniziale, con la conseguenza che, da un lato, i rinnovi dei cambialoni devono essere ritenuti atti di dilazione di debiti contratti precedentemente e non nuovi patti, dall'altro, che il sopravvenuto superamento dei tassi soglia nel corso di tali rinnovi non può fare divenire usurari interessi che al momento dell'iniziale pattuizione non lo erano. Sotto tale profilo, invece, il consulente del PM ha ritenuto che i rapporti in esame fossero plurimi, nel senso che ad ogni rinnovo annuale dei cambialoni le parti esprimevano una nuova volontà contrattuale e dunque il superamento dei tassi soglia verificatosi nel corso di tali rinnovi non poteva essere inquadrato nell'ambito della c.d. usura sopravvenuta (irrilevante penalmente), ma doveva essere considerato frutto di un nuovo patto e quindi come tale costituente il reato di usura".

Il processo, comunemente denominato "Cafittera", riguardava infatti un presunto sistema di usura che la famiglia Mauro avrebbe messo in atto negli scorsi anni. L'operazione della Guardia di Finanza scatterà nel lontano 2005. Secondo l'accusa, infatti, il gruppo Mauro avrebbe preteso la restituzione delle somme elargite ai proprietari di alcuni bar, con tassi di interesse superiori alla soglia massima prevista ai fini della legge. Scrivono ancora i giudici: "Un altro profilo in relazione al quale le consulenze del PM da un lato e quelle della difesa e d'ufficio dall'altro sono discordanti è quello della determinazione della base capitale su cui calcolare gli interessi. Difatti, mentre la consulenza del PM ha in molti casi preso in considerazione, per tale calcolo, un coacervo di rapporti tra la Mauro spa e gli altri contraenti, non distinguendo tra le somme oggetto di finanziamento per la ristrutturazione di un bar (o, in rari casi, per motivi personali) e quelle che invece derivavano da rapporti pregressi non individuati (risultanti dai c.d. giroconti), gli altri consulenti hanno invece fatto notare che la determinazione del tasso di interesse anche sulla scorta di somme derivanti da rapporti di varia natura non meglio identificati (ricavati dai c.d. giroconti, nei quali spesso confluivano anche i debiti derivanti dalle forniture di caffè o da contenziosi) ha condotto a risultati erronei, in quanto il calcolo del consulente del PM non ha potuto tenere conto di un fattore essenziale, ossia il fattore tempo (il consulente del PM, infatti, non conosceva il momento in cui erano sorti i rapporti risultanti dai c.d. giroconti, con la conseguenza che, se avesse considerato il momento di inizio di tali rapporti, il tasso di interesse calcolato da quel consulente probabilmente sarebbe stato più basso). Un ulteriore aspetto su cui i consulenti si sono trovati in disaccordo è quello relativo all'applicabilità o meno nei casi di specie della regola contenuta nell'articolo 1194 del codice civile. In particolare, secondo il consulente d'ufficio e quelli della difesa, da tale norma deriverebbe inevitabilmente il venir meno di uno dei punti centrali su cui si è fondata la consulenza del PM, ossia il fatto che i cambialoni fossero composti in buona parte da interessi (ricapitalizzati)".

Il ragionamento del Tribunale è complesso, ma alla fine scagiona i Mauro: "Potrebbe ravvisarsi in astratto il reato de quo, sempreché, ovviamente, i rapporti sottostanti siano considerati in modo non unitario, altrimenti i superamenti dei tassi soglia nell'ambito delle singole operazioni di rinnovo annuale dei cambialoni configurerebbero ipotesi di usura sopravvenuta, non rilevanti penalmente. D'altro canto, nell'ipotesi appena prospettata, l'unitarietà o meno dei rapporti inciderebbe anche sulla possibilità di considerare la capitalizzazione degli interessi ai fini della determinazione dei tassi effettivamente praticati dalla società, in quanto, da un lato, la consulenza del PM si è basata sulla tesi secondo cui i singoli rinnovi implicavano una nuova pattuizione, dall'altro, però, il consulente del PM ha considerato ai fini del calcolo degli interessi anche quelli provenienti dalla preesistente operazione (che, invece, avrebbe dovuto essere considerata superata dal nuovo accordo), per scorporarli dall'importo dei cambialoni e determinare così una base capitale meno elevata che ha generato interessi usurari".

Ma dall'aspetto tecnico, i giudici si spostano presto verso quello psichico, parlando di "valenza dirimente" per accertare o meno la responsabilità penale degli imputati: "In particolare, si tratterà di accertare se essi si siano mai rappresentati il fatto che le operazioni poste in essere avrebbero generato interessi usurari o quantomeno la possibilità che ciò avvenisse (ai fini del dolo eventuale). Dalla disamina dell'ingente quantità di materiale probatorio acquisito al processo, il Collegio ritiene che non si sia formata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la prova dell'elemento psichico richiesto dalla norma penale incriminatrice in capo agli imputati".

E se per quanto riguarda gli aspetti tecnici, la sentenza non è facile da seguire per i non addetti ai lavori, quanto all'aspetto psichico, il ragionamento del Collegio è di una semplicità disarmante: se gli stessi consulenti intervenuti nel dibattimento hanno opinioni così diverse, come potevano i Mauro avere contezza del proprio comportamento? Una motivazione che apre prateria di ragionamenti e controragionamenti: "Appare non conciliabile con la sussistenza dell'elemento rappresentativo la vistosa differenza tra i risultati a cui sono giunti i consulenti, nonostante il fatto che essi abbiano esaminato i medesimi dati fattuali ed abbiano applicato la medesima formula di matematica finanziaria. In altri termini, se gli stessi esperti non sono approdati a risultati concordi sul superamento dei tassi soglia nelle operazioni poste in essere dalla Mauro Demetrio spa, non si vede come possa affermarsi che i rappresentanti di quest'ultima società abbiano agito con la consapevolezza che certamente quelle soglie sarebbero state superate. [...]In alternativa, per dimostrare il dolo degli imputati, dovrebbe affermarsi che essi si siano rappresentati altri percorsi logici, differenti da quelli del consulente del PM, che comunque li avrebbero condotti a rappresentarsi il superamento dei tassi soglia, ma francamente fare ciò significherebbe andare alla ricerca di una probatio diabolica, che sarebbe fondata tra l'altro su dati meramente ipotetici".

Ma non finisce qui.

Sull'elemento psichico, infatti, il Collegio si sbizzarrisce: "Peraltro, si è visto come il superamento dei tassi soglia è avvenuto in modo non sistematico, ma piuttosto in maniera causale, il che fa decisamente propendere per l'assenza di previsione di tale elemento in capo agli imputati. Le operazioni poste in essere, infatti, sono state circa 1000 e solo in relazione a sessanta soggetti si è verificato il superamento dei tassi soglia. Inoltre, tra le operazioni con tali persone solo alcune (circa 80, quindi un'esigua minoranza rispetto al totale delle operazioni) hanno generato interessi usurari e quasi sempre tali interessi sono stati prodotti casualmente da operazioni successive alla prima. Addirittura in molti casi il superamento è avvenuto in una fase intermedia rispetto al complesso delle operazioni economiche. Infatti, si è visto come i tassi usurari sono stati spesso rilevati alla seconda, terza, quarta, quinta operazione, mentre nelle operazioni precedenti o in quelle successive (la sesta, la settima, ecc.) i tassi sono stati conformi a quelli soglia. Evidentemente ciò dimostra che il superamento è derivato dal caso o da particolari ed impreviste congiunture economiche del momento, altrimenti, se esso fosse stato frutto di una programmazione ben precisa, sarebbe avvenuto sistematicamente sempre dopo un certo numero di operazioni".

A detta del Collegio, dunque, la "casualità" delle condotte messe in atto dai Mauro dovrebbe escludere l'assenza di dolo, non solo con riferimento all'accordo iniziale, ma anche in relazione ai singoli rinnovi dei "cambialoni". E anche con riferimento al "dolo eventuale", il Collegio esclude ogni responsabilità per i Mauro: "Altrettanto significativo, ai fini dell'esclusione de dolo eventuale, è il fatto che la Mauro Demetrio spa tenesse regolarmente la documentazione attestante tali operazioni economiche in quanto il fatto che tutto fosse documentato appare sintomatico di una volontà di agire non contra legem".

Da qui, dunque, la considerazione finale: "Ciò che è accaduto, dunque, con riferimento al superamento dei tassi soglia, appare più la conseguenza di una condotta superficiale, contraddistinta da negligenza o imperizia, piuttosto che il frutto della rappresentazione e volontà (anche nella forma attenuata del dolo eventuale) di porre in essere operazioni economiche per procurarsi vantaggi usurari (i vantaggi per la Mauro Demetrio spa probabilmente vi sono stati, grazie alle operazioni di sconto bancario che seguivano immediatamente dopo la concessione dei finanziamenti, ma non è certo che siano stati di natura usuraria)".