Reggio: le mani dei De Stefano e dei Tegano sulla grande distribuzione

supermarketdi Claudio Cordova - Si inizia parlando della cosca Ficara, ma si finisce arrivando a Paolo Schimizzi e quindi alla cosca Tegano. Sembra quasi inevitabile, se di mezzo ci sono i supermercati o la grande distribuzione in generale. A parlare è Antonino Foti, amministratore dei supermercati PAM a Reggio Calabria dalla metà degli anni '80. Cinque i punti vendita PAM in città, in svariate zone: dal quartiere Ravagnese, al viale Calabria, fino alla zona di Santa Caterina con un fatturato complessivo di 15 milioni annui. Il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino, lo ha interrogato il 22 ottobre del 2013 nell'ambito del procedimento "Reggio Sud", che vede alla sbarra proprio la cosca Ficara.

Foti riferisce innanzitutto sul conto di Pino Ficara, ritenuto uno dei capi dell'omonima cosca: "lo conosco in quanto prima dei supermercati mio padre aveva un ingrosso di alimentari, prima che ci fossero i supermercati a Reggio Calabria, prima che nascessero, no? Quindi mio padre forniva le vecchie botteghe di una volta, e quindi il papà del signor Ficara veniva a rifornirsi presso mio padre, essendo grossista".

Poi l'apertura dei supermercati, prima con piattaforma Sigma, con sede a Cosenza. Dopo qualche anno, invece, il passaggio a PAM, con i supermercati appoggiati sulla piattaforma con sede a Catania: "Siamo circa 9 soci, dove tutti e 9 abbiamo dei supermercati. Nella Calabria sono io, poi gli altri miei colleghi sono siciliani, quindi faccio parte anche del consiglio di amministrazione. È un consorzio chiamato Comedis, e quindi sono un consigliere di questo consorzio, dove arriva tutta la merce e viene distribuita nei vari punti vendita" dice rispondendo alle domande del pm Musolino.

E tra i fornitori dei supermercati PAM – per come affermato da Foti – vi sarebbero state alcune aziende che gli inquirenti collocano in orbita 'ndrangheta e per la precisione, della famiglia Tegano di Archi: la Diprocas di Pasquale Utano e la San Michele di Michele Crudo, che rifornivano i supermercati PAM di mozzarelle e latticini e di uova. Nomi che figurano già in un'altra indagine, quella sul conto dell'ex consigliere comunale di Reggio Calabria, Dominique Suraci, attualmente in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, proprio con l'ambiente della cosca Tegano e più in generale dei "destefaniani". Suraci, infatti, è imputato sia di reati collegati all'attività politica, ma soprattutto per i giri d'affari messi in atto con le aziende attive proprio nella grande distribuzione.

Da più elementi, infatti, è possibile ricavare come i De Stefano e i Tegano abbiano messo, negli anni, le mani sulla grande distribuzione cittadina.

E ciò varrebbe per il controllo delle società (e quindi dei supermercati), ma anche per gli affari più modesti. In due recenti occasioni pubbliche (il 26 giugno 2013 e il 22 novembre dello stesso anno), il collaboratore di giustizia Giovanni Battista Fracapane, che nella sua carriera criminale svolgerà il ruolo di killer proprio per le cosche De Stefano e Tegano, racconterà come Rosario Aricò, ritenuto affiliato alla cosca Tegano (e condannato in primo grado nel processo "Archi-Astrea") avesse avuto una sorta di monopolio per la distribuzione della frutta in determinati supermercati, quelli di Carlo Montesano, ex proprietario, tra le altre aziende, della GDM che gestiva i punti vendita Quiiper: "Mario Audino mi disse che nei punti vendita di Montesano per la frutta c'era Aricò" dirà il 26 giugno, ribadendo il concetto, per grandi linee, anche il 22 novembre: "Paolo Rosario Caponera, oggi De Stefano, mi disse "la frutta è sua, è degli Aricò". Riforniva anche Montesano, chi deve prendere i prodotti preferisce prenderli da loro, per storia, per paura, per amicizia".

Negli scorsi mesi, il pubblico ministero Giuseppe Lombardo iscriverà nel registro degli indagati, per reati aggravati dalle modalità mafiose, proprio il celebre imprenditore Carlo Montesano. A insospettire il sostituto procuratore della Dda furono alcuni presunti flussi economici tra l'imprenditore e l'ex direttore operativo della Multiservizi, Pino Rechichi, che nell'ottica degli inquirenti avrebbe rappresentato una sorta di trait d'union tra le cosche De Stefano e Tegano. Gli uffici reggini di Montesano verranno perquisiti, la notizia farà il giro della città, ma poi il fascicolo verrà spostato a Milano per competenza territoriale (la sede della GDM è nel capoluogo meneghino) e l'indagine (per alcuni reati, tra cui la bancarotta fraudolenta) verrà archiviata.

Assai più concreti, allo stato attuale, gli accertamenti sul conto della Vally Calabria, tanto che l'ex consigliere comunale, Dominique Suraci, è stato rinviato a giudizio insieme ad altre decine di co-imputati.

L'infiltrazione sarebbe avvenuta attraverso il controllo delle società che gestiscono i molteplici centri di distribuzione alimentare ubicati nel territorio provinciale, come anticipato peraltro dal collaboratore di giustizia Paolo Iannò in relazione agli investimenti delle "famiglie" De Stefano – Tegano nella Vally Calabria, società che nella metà degli anni '90 controllava nella provincia di Reggio Calabria una catena di discount e nel controllo successivamente esercitato dalla medesima organizzazione sui supermercati a marchio CONAD, gestiti dalla società denominata MODIS, succeduta alla Vally: "(...)la Vallì (...)sono a conoscenza diretta sulla Vallì perché c'era Bruno Ventura il figlio del defunto Francesco Ventura (...)partono da quando hanno aperto i discount (...)li c'era Totò Ve, Totò Ventura, sbagliavo come chiamavo Bruno il figlio del defunto Francesco Ventura impresario della pulizia (...)che fu ucciso, c'erano Masi De Angelis socio, c'era un tale Cotugno in società e il professor e il dottor Giglio (...)erano in società loro, nella società erano tutti quattro (...)poi hanno deciso di vendersele e di uscirne da questa società e li hanno venduti a un tale Surace che faceva l'autotrasportatore questo, Surace. E Surace a sua volta dietro di Surace c'era Orazio De Stefano, che è venuto un suo nipote da me, che poi era figliastro di Paolo, Caponera Paolo, per dire che c'erano loro nella società dei discount, questo sempre nel periodo dei duemi prima del duemila del mio arresto (...)ci siamo visti nella contrada dietro il cimitero di Gallico (...)per parlare di questo fatto quando si son presi lo la società che dietro Surace ci sono loro (...)dietro di loro c'erano la famiglia De Stefano, anche se diciamo inizialmente Totò Ventura me lo nascose dice, ma se noi vi dicevamo qualcosa non ci facevate aprire compare Paolo, trovavate la scusa che lo sapeva un pochettino lui".

I De Stefano e i Tegano avrebbero dunque avuto il controllo delle società che gestiscono i molteplici centri di distribuzione alimentare ubicati nel territorio della provincia, come riferisce Iannò. Insieme alle due potentissime famiglie di Archi si rilevano, peraltro, interessi anche della famiglia Alvaro di Sinopoli, i cui collegamenti con la cosca De Stefano-Tegano risultano già chiaramente nell'ambito dell'indagine "Virus", portata avanti dal pm Roberto Di Palma. Un soggetto di raccordo – nell'ottica degli inquirenti – potrebbe essere l'imprenditore De Angelis, che alcuni collaboratori di giustizia indicano vicino agli ambienti del clan Alvaro, anche a causa della parentela con quella famiglia. Le cosche avrebbero dunque avuto la gestione diretta o indiretta di svariate società che si occupano della fornitura dei centri di distribuzione alimentare, conseguendo un controllo completo che comprende la fornitura di quasi tutti i prodotti alimentari distribuiti: dal pane e i prodotti di panetteria, alla pasta fresca, all'ortofrutta, ai prodotti caseari, alle uova, alla carne, ai gelati, alle bibite e persino i prodotti per l'imballaggio e il confezionamento; il finanziamento delle società che vengono costantemente indebitate - attraverso la distrazione di capitale, la sottrazione di utili - e in cui sovente sono i medesimi fornitori a finanziare le società che gestiscono i supermercati che gli stessi riforniscono.

Lo stesso avvocato Mario Giglio, personaggio centrale in diverse torbide vicende cittadine, vanterà un'occulta partecipazione alla Vally Calabria: "I fratelli Giglio hanno svolto negli anni un ruolo di collegamento tra la nostra organizzazione e la politica ...omissis... Giglio, legato alla Reggio bene ed alla politica; mi ha chiesto voti per suo fratello ed altri; in occasione delle ultime elezioni regionali il fratello mi ha chiesto voti per soggetto di cui non ricordo il nome; con tali soggetti la famiglia Tegano ha un rapporto ed una amicizia particolare..." afferma in alcuni verbali d'interrogatorio il collaboratore di giustizia Roberto Moio.

Saranno le risultanze dell'indagine "Araba Fenice", condotta alla fine del 2013 dalla Guardia di Finanza, a fornire un ulteriore spaccato della situazione cittadina della grande distribuzione alimentare. A parlare è l'indagato principale dell'inchiesta, quel Pino Liuzzo con le mani in pasta in diversi affari: "ci mettiamo a fare quei cazzo di supermercati Vally ...OMISSIS... Abbiamo fatto la società: io, Macheda, De Angelis, Antonio Cotugno. La prima volta con un altro mio cugino, poi abbiamo cacciato a questo e abbiamo messo Ventura, poi è uscito Ventura, poi abbiamo messo a ... E allora, io non faccio l'imprenditore, grazie a Dio conosciamo un poco a tutti, abbiamo delle amicizie e non gli abbiamo scassato il cazzo più di tanto, però, possibile che uno si deve incontrare con l'ergastolano latitante per vedere chi deve portare il pane a Gallico? Mi viene da morire, voglio dire. Cioè, se io devo portare il pane a Gallico, cioè, quando è sceso questo della CONAD ha detto "io capisco le situazioni, vado a Palermo, eravamo 46 punti vendita, parliamo con uno: paghiamo la mazzetta! Questo è il sistema! E' inutile che ci nascondiamo, abbiamo pagato la mazzetta e non ci hanno mai rotto i coglioni". Siamo venuti qua a Reggio e chi deve portare 20 chili di pane a Gallico si deve incontrare con Paolo Tegano, chi deve portare otto chili di pane all'Archi deve vedere che dice Molinetti perché ha il forno...OMISSIS...chi deve andare a Santa Caterina c'è Morabito che lo ha suo cognato, chi deve andare a Pellaro non si capisce con chi cazzo deve parlare ... Voglio dire...OMISSIS..."

Dietro la Vally Calabria, dunque, ci sarebbero stati i De Stefano e i Tegano.

Ma anche all'interno, tramite i fornitori: a cominciare dai generi di Giovanni Tegano, Carmine Polimeni e Michele Crudo, entrambi presenti con la propria ditta individuale attiva nel commercio all'ingrosso di bevande e la "San Michele", la ditta delle uova che riforniva anche i punti vendita PAM. I supermercati di Dominique Suraci venivano riforniti anche da un altro soggetto, Domenico Polimeni (fratello di Carmine) attivo nel commercio all'ingrosso di frutta e ortaggi.. C'è poi la "Antico Mulino", attiva nella distribuzione del pane e intestata a Francesca Calafiore, moglie di Luciano Falcomatà, soggetto controllato con personaggi ritenuti esponenti di primo piano della cosca De Stefano-Tegano, quali i fratelli Giorgio e Angelo Benestare nipoti dei noti fratelli Pasquale, Domenico, e Giovanni Tegano, nonché cognati di Orazio De Stefano. Lo stesso Falcomatà, peraltro, è nipote di Vincenzo Panuccio, indicato da diversi collaboratori di giustizia come importante esponente della cosca e controllato in svariate occasione con gli elementi di vertice dei clan di Archi.

E poi, ovviamente, Pasquale Utano, della cui appartenenza alla cosca Tegano parlano i collaboratori Giovanni Battista Fracapane, Paolo Iannò, Giovanni Riggio, Roberto Moio e Antonino Lo Giudice. Emblematiche, in tal senso, le conversazioni intercettate tra Giuseppe Crocè (anch'egli coinvolto nelle vicende relative ai supermercati di Dominique Suraci, di cui era socio) e lo stesso Utano: ""(...) siccome io dico sono a disposizione, io ragiono a 360 gradi, perché ho da fare con persone intelligenti, vediamo dove nasce il problema che lo risolviamo (...)non lo so, per vedere, cioè il problema qual è? non l'avete con me, ce l'avete con (incomp), vediamo (incomp) che c'entra, o è al contrario questo discorso, sennò vediamo, dice: ma c'era uno che è venuto e ha fatto un (incomp), lo tagliamo subito, subito... se qualcuno ha fatto lo scostumato noi lo tagliamo subito, subito... subito" dice Crocè, che riferendosi ad alcuni problemi nella distribuzione del pane aggiunge: "Pasquale io sinceramente quello che ho sentito in giro penso che le persone vostre sono cime di intelligenza, cime, non intelligenti normali, al di sopra del normale, perciò mi sembra strano come stanno appoggiando un discorso del genere, ecco perché vi dico io per farle ragionare voglio avere il piacere , l'onore...".

Crocè parlerebbe a Pasquale Utano, ritenendolo organico alla 'ndrangheta e ai Tegano, anche in virtù del fatto che l'uomo è suocero di Paolo Rosario De Stefano (già Caponera) e Paolo Schimizzi ritenuto il reggente della cosca, fino al momento della scomparsa, probabilmente per un caso di lupara bianca, avvenuto nel settembre 2008: "(...)io so tra le altre cose che vostro genero è una persona molto, molto a modo, perciò no ho problemi per aver (incomp) firmato (...)non ho il piacere di conoscerlo, io non ho il piacere di conoscerlo, vi volevo dire: quello che (incomp) stanno costruendo ci potrebbe, mi potrebbe interessare (...)" dice Crocè, riferendosi proprio a Schimizzi. Nell'ottica accusatoria, Crocè ridiscuterebbe i "patti" precedentemente stipulati da Dominique Suraci (anche in cambio di sostegno elettorale) circa la fornitura di pane tramite la "Antico Mulino". E nei discorsi tra i due è ricorrente il nome di Paolo Schimizzi, uomo emergente del clan Tegano, almeno fino alla scomparsa.

Si ritorna infine a Paolo Schimizzi e alle dichiarazioni che l'imprenditore Foti renderà al pm Musolino:

P.M. -. Sì. Sa per esempio chi sono i generi di Utano Pasquale?

TESTE FOTI A. -. I generi di Utano Pasquale... uno solo ne conosco, anzi ne conoscevo, Paolo Schimizzi.

P.M. -. Paolo Schimizzi. Paolo Rosario De Stefano, Caponera non...

TESTE FOTI A. -. No, no, no, non li conosco.

P.M. -. Che rapporto aveva con Paolo Schimizzi?

TESTE FOTI A. -. Sono molto chiaro: avevo un buon rapporto, sono chiaro perché le posso dire che sono stato il padrino di Cresima, cioè l'ho cresimato, avendomi... visto che si era entrati in un'amicizia... perché lui era un fornitore nostro.

Schimizzi era tra i fornitori in odor di 'ndrangheta della PAM: "Quando si instaurano dei rapporti con clienti, con fornitori, quindi siamo diventati buoni amici e così mi ha chiesto se... quindi gli ho detto diciamo il padrino di Cresima" dice Foti riferendosi a Schimizzi. Un rapporto che da commerciale diventa personale. Un'amicizia su cui comunque Foti non si sbilancia:

P.M. -. Di che altro si occupava? Lei sa di cos'altro si occupava Pasquale Schimizzi?

TESTE FOTI A. -. No, non lo so.

P.M. -. Sa se aveva interessi nel settore dell'edilizia?

TESTE FOTI A. -. No, no.

P.M. -. Sa se la moglie gestiva un'azienda per la vendita di accessori nei bar? Che cosa...

TESTE FOTI A. -. No.

P.M. -. Non le sa queste cose.

TESTE FOTI A. -. No, questo non lo so.

P.M. -. Siete entrati diciamo in intimità, ma non fino a questo punto, possiamo dirlo così?

TESTE FOTI A. -. Beh, sì, possiamo dire così, perché alla fine non è che a me interessano le cose degli altri, quindi non...

Un'amicizia, sancita da un rapporto di parentela, ma Foti sarà evasivo rispetto alle domande poste dal pm Musolino, soprattutto con riferimento alla sparizione dell'uomo, che pure avrà grande eco sui giornali:

P.M. -. Lei si ricorda se lo vedeva poco prima che a un certo punto poi scomparisse?

TESTE FOTI A. -. Guardi, io non mi ricordo neanche quand'è scomparso, quindi non...

P.M. -. Da chi l'ha saputo? Dai giornali oppure aveva un rapporto...

TESTE FOTI A. -. No, l'ho saputo dai giornali, sì.

P.M. -. Ha chiesto poi qualcosa a qualcuno?

TESTE FOTI A. -. No.

P.M. -. Neanche alla moglie? Non...

TESTE FOTI A. -. Ma no, no, perché poi... cioè il rapporto ce l'avevo con lui, poi non ho altro...

Il pm Musolino – che è titolare proprio delle indagini sulle infiltrazioni della 'ndrangheta nella grande distribuzione reggina – incalza il titolare dei punti vendita PAM, cercando di capire qualcosa in più sulle motivazioni per le quali le aziende ritenute nella disponibilità dei Tegano diverranno fornitrici dei cinque punti vendita reggini:

P.M. -. Le forniture di... il fatto che fornisse... si facesse fornire dalla Diprocas dipendeva anche da questo rapporto che aveva con Paolo Schimizzi o il rapporto con Utano era indipendente, diciamo, da questo rapporto che Lei aveva con Paolo Schimizzi?

TESTE FOTI A. -. No, ma era un rapporto... essendo diciamo così... visto che aveva dei prodotti che funzionano sul mercato, diciamo che mi sono dedicato a capire e a conoscere il prodotto, e quindi mi sono...

P.M. -. Cioè diciamo che gliel'ha presentato Paolo...

TESTE FOTI A. -. Perfetto.

P.M. -. L'ha introdotto Paolo Schimizzi.

TESTE FOTI A. -. Sì.

P.M. -. E poi Lei si è convinto della bontà...

TESTE FOTI A. -. Del prodotto.

P.M. -. Del prodotto.

TESTE FOTI A. -. Esatto, sì, sì.

Un mercato, quello della grande distribuzione cittadina, che secondo gli inquirenti sarebbe stato pesantemente "drogato" dalle infiltrazioni della 'ndrangheta e, nella fattispecie, delle cosche De Stefano e Tegano: non è un caso che il pm Musolino – titolare delle indagini sulle cointeressenze tra cosche e grande distribuzione – abbia contestato ad alcuni indagati del procedimento "Assenzio-Sistema" il reato di concorrenza sleale, aggravata dalle modalità mafiose.