di Claudio Cordova - "L'invio di Zumbo Giovanni da Ficara, Pelle e Oppedisano rappresenta il gesto di un "Sistema" che comincia ad avere paura". E' una memoria di circa 2000 pagine scritta dai sostituti procuratori della Dda di Reggio Calabria, Giovanni Musarò e Antonio De Bernardo, a mettere un ulteriore punto sulle vicende (ancora per molti versi oscure) che ruotano attorno alla figura della "talpa" Giovanni Zumbo. Il testo redatto dai pm Musarò e De Bernardo è stato depositato nell'ambito del processo d'appello "Crimine", che dovrebbe arrivare alla sentenza di secondo grado nella prima parte del 2014. Con la memoria, i due magistrati compendiano l'enorme mole di lavoro raccolta negli anni per dimostrare una tesi che a molti non piace: l'unitarietà della 'ndrangheta calabrese.
Una tesi che vedrà diversi attacchi, anche da soggetti istituzionali. Per i motivi che i pm De Bernardo e Musarò sintetizzano: "Tentativi di ridimensionare il processo e lo spessore criminale degli imputati, con buona pace del fatto che nel processo, in un unico processo, sono coinvolte direttamente o indirettamente le più importanti e prestigiose famiglie di 'ndrangheta della Calabria; tentativi di ridimensionare il processo ironizzando sulla figura di Oppedisano Domenico, anche se le risultanze processuali dimostrano che si trattava di un personaggio storico, rispettato all'interno dell'intera 'ndrangheta, capo-locale di Rosarno e responsabile della Provincia già prima di essere nominato capo-crimine; tentativi di ridimensionare il processo lasciando intendere che la ricostruzione che é stata fatta é frutto non di un'attenta lettura delle risultanze processuali, ma della pretesa di trapiantare in Calabria il modello palermitano. E ciò nonostante la D.D.A. di Reggio Calabria abbia ripetutamente ed esplicitamente affermato che l'accostamento fra la Cupola e la Provincia é sbagliato; tentativi di prevenire gli effetti del processo rivelando informazioni coperte dal segreto d'ufficio".
Ed è proprio la parte che riguarda le fughe di notizie che spinge i pm Musarò e De Bernardo ad analizzare la figura del commercialista-spione, Giovanni Zumbo: "Fino a tre anni fa era un insospettabile commercialista di Reggio Calabria, più volte nominato amministratore di beni confiscati dal Tribunale di Reggio Calabria Sezione Misure di Prevenzione. Un soggetto della "Reggio bene", potrebbe dirsi utilizzando un'espressione in voga: uno stimato professionista che spesso girava nei corridoi del palazzo di giustizia. Ma Zumbo Giovanni era anche altro. Perché, come dice sua moglie, era uno che "ha sempre giocato con due mazzi di carte". Un personaggio particolare, spregiudicato, trasversale, ambiguo: stimato professionista e amministratore di beni confiscati, ma anche collaboratore esterno di una parte dei Servizi di Sicurezza (in particolare, di una parte del SISMI) e soggetto che era solito rapportarsi con personaggi appartenenti alla 'ndrangheta" scrivono i pm Musarò e De Bernardo.
Sarà l'indagine "Reale" a svelare le manovre di Zumbo e i suoi viaggi a Bovalino, presso l'abitazione di Peppe Pelle, boss della dinastia dei "Gambazza". Lì, alla presenza anche di Giovanni Ficara, uomo di livello della 'ndrangheta della zona sud di Reggio Calabria, Zumbo avrebbe spifferato una serie lunghissima di particolari d'indagine su quelle che sarebbero state le mosse degli inquirenti reggini e milanesi da quel momento ai prossimi mesi. Siamo nel marzo 2010 e l'operazione "Crimine" – con oltre 300 arresti – verrà eseguita il 13 luglio 2010.
A distanza di anni da quelle conversazioni e a distanza di mesi dalla sentenza che ha condannato Zumbo – in primo grado – a sedici anni e otto mesi di reclusione, i pm antimafia di Reggio Calabria danno ulteriore profondità alla figura di Giovanni Zumbo, commercialista assai noto in città, ma anche soggetto con contatti risalenti nel tempo sia con i Servizi Segreti, sia con il gotha della 'ndrangheta di Reggio e provincia, come le famiglie De Stefano, Tegano e Molè: "Sulla vicenda Zumbo resta un cono d'ombra, ma solo per ciò che riguarda le singole responsabilità dei mandanti, per ciò che attiene alla identificazione di altri soggetti coinvolti. Per il resto l'istruttoria dibattimentale del processo a carico di Zumbo Giovanni ha chiarito in modo sufficientemente chiaro i termini della questione e i retroscena della visita in casa Pelle: il "Sistema" temeva e teme fortemente l'affermazione del principio dell'unitarietà dell'organizzazione, nello stesso modo in cui lo temeva e lo teme la 'ndrangheta. Perché il Sistema di cui parliamo non é 'ndrangheta, ma con la 'ndrangheta ha rapporti, fa patti e intesse relazioni, per cui una lotta efficace contro la 'ndrangheta indebolirebbe non solo quest'ultima, ma anche il Sistema che ci gira intorno, che, quindi, ha un preciso interesse ad avallare la tesi della struttura orizzontale in cui ciascuna cosca é indipendente dall'altra e, per converso, ha un preciso interesse a ridimensionare l'elemento di dirompente novità introdotto dal presente processo".
Del resto, è lo stesso Zumbo a dirlo presentandosi in casa Pelle e dando di se stesso questa definizione:"Ho fatto parte di... e faccio parte tutt'ora di un Sistema che è molto, molto più... vasto di quello che..." .... "ma vi dico una cosa e ve la dico in tutta onestà! "Sunnu i peggiu porcarusi du mundu!" ed io che mi sento una persona onesta e sono onesto e so di essere onesto... molte volte mi trovo a sentire... a dovere fare... non a fare, perché non me lo possono imporre, ma a sentire determinate porcherie che a me mi viene il freddo!...".
Da qui le conclusioni dei pm Musarò e De Bernardo: "Una delle "porcherie" che "il Sistema" aveva chiesto a Zumbo era proprio la visita in casa Pelle. Perché, questo ormai può dirsi pacificamente per essere emerso dall'istruttoria dibattimentale di quel processo, Zumbo non andò in casa Pelle di sua iniziativa. Ci andò perché qualcuno, che faceva parte di quel "Sistema", glielo aveva chiesto".
Impossibile (o forse prematuro) sapere allo stato attuale chi è che manda Zumbo a casa di Pelle, ma diversi elementi sulle motivazioni sono già in possesso degli inquirenti. Zumbo sarebbe stato inviato da "qualcuno" per demolire precipuamente l'indagine "Crimine", quella che porta avanti la tesi dell'unitarietà della 'ndrangheta. Ancora dalla lunghissima memoria dei pm Musarò e De Bernardo: "Perché alla 'ndrangheta fa comodo che si continui a parlare di una struttura "orizzontale", divisa in tante piccole cosche ciascuna sganciata dall'altra, a base prevalentemente familiare e nella quale ciascuna è "padrona" di una piccola fetta di territorio; fa comodo che si continui a negare che tutte le cosche facciano parte di un'organizzazione unitaria, retta da un organo di vertice. Fa comodo per diversi ordini di motivi: perché una ricostruzione del fenomeno non corrispondente al dato reale indebolisce l'azione di contrasto da parte delle Istituzioni, azione di contrasto che tanto é più efficace quanto più si ha consapevolezza di chi si ha di fronte; perché l'affermazione dell'esistenza di una struttura "orizzontale", in cui le cosche sono indipendenti fra loro e possono, al più, "federarsi" per concludere determinati affari inevitabilmente "ridimensiona" la percezione della pericolosità e della forza dell'associazione. Perché non ricostruire la struttura dell'organizzazione in modo aderente al dato reale vuol dire ridimensionare il fenomeno e ridimensionare il fenomeno vuol dire non comprenderne le potenzialità e le capacità di penetrazione in contesti estranei alla 'ndrangheta e i rapporti con i quali costituiscono ormai uno dei maggiori punti di forza dell'organizzazione. E' per questo che l'affermazione del principio dell'unitarietà della 'ndrangheta fa paura non solo alla 'ndrangheta, ma anche ad un "Sistema" che non é 'ndrangheta, ma che sta intorno alla 'ndrangheta, che ha rapporti con la 'ndrangheta e, in ultima analisi, protegge e rafforza la 'ndrangheta".
I pm antimafia di Reggio Calabria ne sono convinti. Quella a casa Pelle non fu una fuga di notizie come tutte le altre, come ve ne sono spesso, purtroppo, a causa di membri delle Istituzioni infedeli. Questi, i motivi sintetizzati dalla Dda di Reggio Calabria: "Nel corso dei mesi e quando le indagini erano ancora in corso Zumbo aveva scientificamente fornito notizie finalizzate a danneggiare l'indagine: ad esempio, aveva detto a Giovanni Ficara che vi erano microspie montate a bordo delle autovetture di Gattuso Nicola e microspie e telecamere all'interno dell'agrumeto di Oppedisano Domenico; Zumbo Giovanni disponeva di troppe informazioni e di informazioni troppo precise, ma soprattutto trasversali: sapeva dell'esistenza dell'indagine "Tenacia" del R.O.S. di Milano, quando ancora l'informativa non era stata depositata; l'indagine Tenacia rappresentava una costola, neanche particolarmente rilevante, dell'indagine Infinito; conosceva nei particolari le indagini Patriarca e Infinito, cioé due indagini coordinate da due diverse A.G. ed eseguite da due diverse P.G.; conosceva, soprattutto, l'obiettivo strategico che si proponevano la D.D.A. di Reggio Calabria e la D.D.A. di Milano: dimostrare l'unitarietà della 'ndrangheta (come osservato da Billari Costantino Carmelo in data 16.03.10:"e allora per forza in questa maniera, è una cosa unica non è che è solo Reggio, prende Reggio fino a Milano, quindi diventa una cosa più...")".
No, non è una fuga di notizie da ascrivere a qualche carabiniere infedele.
E' il "Sistema-'ndrangheta" a essersi mosso. Quel "Sistema" fatto di persone di "colletti bianchi" e insospettabili, su cui le 'ndrine hanno fin qui sempre potuto contare: "Vi era una vera e propria strategia, orchestrata dal "Sistema", finalizzata ad acquisire tutte le informazioni utili sulla maxi-operazione che sarebbe stata eseguita nel Luglio 2010" scrivono i pm Musarò e De Bernardo. Strategia nella quale la "talpa" Zumbo avrebbe giocato un ruolo importante nella fase della rivelazione: "Ma é evidente che l'acquisizione delle informazioni non poteva essere esclusivamente frutto dell'iniziativa dello Zumbo, era stata coordinata "dall'alto", da quelli che poi avevano inviato Zumbo in casa Pelle" scrivono ancora i pm
L'assunto secondo il quale l'obiettivo era solo la maxi operazione del Luglio 2010 e non anche altre importanti operazioni polizia giudiziaria troverebbe inequivoco riscontro nel fatto che nel corso dei dialoghi captati in casa Pelle nel Marzo del 2010 né Zumbo, né Ficara faranno mai riferimento ad altre importanti operazioni che sarebbero state eseguite nella primavera 2010, quindi addirittura prima dell'operazione "Crimine".
Un elenco non di poco conto:
ü "All Inside": con decreto del 26.04.10 saranno sottoposti a fermo di indiziato di delitto quaranta soggetti appartenenti alla cosca Pesce di Rosarno;
ü "Cosa Mia": con ordinanza del 25.05.10 il G.i.p. presso il Tribunale di Reggio Calabria applicherà la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di cinquantadue soggetti appartenenti alle cosche Gallico, Bruzzise e Parrello di Palmi, oltre che al vecchio patriarca Umberto Bellocco, indiscusso capo dell'omonima cosca operante in Rosarno);
ü "Meta": con ordinanza del 9.06.10 il G.i.p. presso il Tribunale di Reggio Calabria applicherà la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di quarantadue soggetti appartenenti al gotha della 'ndrangheta reggina, De Stefano, Tegano, Libri, Condello, i clan del "direttorio" che comanderebbe la città.
Il calcolo è fin troppo semplice: 134 arresti che coinvolgeranno nei mesi successivi agli incontri in casa Pelle alcuni dei clan più importanti e storici della 'ndrangheta reggina. 134 arresti su cui Zumbo, Pelle e Ficara non spenderanno neanche una sillaba.
Per i pm Musarò e De Bernardo era dunque l'indagine "Crimine" a dover essere colpita. E il "Sistema" si sarebbe mosso con congruo anticipo (diversi mesi prima dell'esecuzione degli arresti) utilizzando un po' tutti (in primis Zumbo) come pedine, come carne da macello. In casa Pelle, infatti, Zumbo rivelerà una serie di informazioni molto dettagliate, ma ometterà di riferire a "Gambazza" quella che sarebbe stata la notizia di maggiore interesse e cioé che gli inquirenti ben sapevano che le nuove cariche della "Provincia" erano state decise in occasione del matrimonio della figlia, Elisa Pelle.
Un gioco di intrighi e ricatti. Zumbo, quindi, ometterà di fornire alcune indicazioni, ma allo stesso tempo, andrà molto oltre. Con le sue rivelazioni, infatti, informerà Peppe Pelle, uno dei capi del mandamento jonico della "Provincia" di Reggio Calabria, Giovanni Ficara, elemento di vertice dell'omonima cosca operante in Croce Valanidi, ma anche capo locale di Solaro nel milanese e rappresentante del mandamento di Reggio centro in Lombardia, ma anche a qualcun altro: dalle parole di Zumbo, inoltre, emergerà che egli aveva rivelato informazioni sulle indagini in corso anche ad un altro soggetto (che, dalle parole dello Zumbo sembrerebbe essere l'anziano Domenico Oppedisano, investito della carica di Capo Crimine a Polsi: "Voglio dire...cioè io quello che ho detto a lui... gli ho detto io quell'uomo... ha capito tu...aveva capito chi ...incompr...dopo il 2007, poi il 2009 è stato la vergogna proprio, che ha consacrato la rovina di tutto, la vergogna!Voi sapete che siete intercettato avete le telecamere del ROS... perché le telecamere davanti così erano. ...me lo sono mangiato... "ma io sono vecchio" ...stavano tutti assieme...incompr...").
Le fila del discorso le tirano in poche righe i pm De Bernardo e Musarò: "Zumbo Giovanni, quindi, aveva scientificamente informato dell'operazione in corso i componenti dei tre mandamenti e dell'articolazione della 'ndrangheta radicata in Lombardia: aveva cioé avvisato gli elementi di vertice di tutte le articolazioni territoriali coinvolte nell'operazione, potenzialmente aveva avvisato tutti". Così, dunque, Zumbo si sarebbe messo in moto, rivelando l'esistenza di operazioni tecniche in corso e, dopo, cercando di far fallire l'esecuzione dei provvedimenti restrittivi.
Del resto, non va dimenticata un'informazione non di poco conto: lui faceva "parte di un sistema...".