- di Alessia Candito - Questa volta il colpevole non è il maggiordomo. Ma Salvatore Mazziotta il maggiordomo, factotum, autista, compaesano dell'ex consigliere regionale Franco Morelli, proprio non ce la fa a tradire il suo "padrone" che da Direttore Generale della Fondazione Europa lo nomina usciere, quindi nel 2004 lo trasforma in autista della sua vettura di servizio - con un contratto di collaborazione esterna prima e con regolare assunzione da dipendente regionale poi. "Sono sempre a disposizione del Consigliere Morelli – dice Mazziotta alla pm della Dda di Milano, Alessandra Dolci, atterrata il 30 novembre scorso a Reggio Calabria, nel giorno in cui per il consigliere Franco Morelli sono scattate le manette - perché ormai c'è un rapporto d'amicizia e sto con lui sempre, ovviamente tranne quando è in famiglia". Mazziotta dunque è l'ombra di Morelli, è con lui a Reggio Calabria, come a Roma o a Milano, sa chi incontra e dove, sbriga per lui piccole e grandi incombenze, paga bollette e ritira fax. E sono proprio questi ultimi ad essere interessanti per la pm Dolci, davanti alla quale Mazziotta è stato chiamato a rispondere come persona informata sui fatti. In un'intercettazione è stato pizzicato a difendere il "suo" consigliere Morelli, con un'affermazione che lascia spazio a ben pochi dubbi: "e intanto ieri l'ho letto io un fax della Dna che non c'è niente". Quel fax – gli inquirenti lo sanno, ne hanno le prove – è stato mandato a Morelli direttamente dal giudice Enzo Giglio, che insieme all'ex consigliere sarà arrestato con l'accusa pesantissima di essere uomini al servizio del clan Lampada. Quel 30 novembre, quando Mazziotta viene convocato in Procura, probabilmente sa poco o nulla delle accuse a carico del suo capo, ma sa che meno conferme darà ai magistrati, più facilmente Morelli potrà eventualmente tentare di uscire dal pantano in cui è finito. O almeno così sembra pensare. Quindi Mazziotta non sa, non ricorda, ha sentito nominare il giudice Giglio ma non l'ha mai incontrato, ritirava fax per sé o per "l'Onorevole", ma in diversi punti di Roma, e in quella telefonata – i tecnici hanno equivocato – non si parla della Direzione nazionale antimafia ma di una misteriosa agenzia di stampa. "Ribadisco che l'oggetto del mio discorso con il mio interlocutore era una questione afferente la mancata assegnazione di un assessorato, a causa del fatto che era indagato nel procedimento Why not. In riferimento al fax lo posso così spiegare: evidentemente qualche amico mi ha trasmesso via fax una nota di agenzia di una agenzia di stampa calabrese che ha un nome simile a Dna". Per il resto Mazziotta non sa, non ricorda chi fosse l'amico e perché l'avesse in modo così solerte informato, così come altrettanto sconosciuto è l'amico – forse lo stesso, forse un altro - che lo avverte, mentre è in pellegrinaggio con Morelli al santuario della Madonna di Medjugorie, dell'arresto di Francesco Lampada. O meglio, tenterà di correggere il tiro subito dopo, "fui chiamato da una persona che ora non saprei indicare che mi notiziò di un articolo di stampa nel quale si diceva che Morelli aveva preso parte a Roma ad un ricevimento al quale aveva partecipato anche Lampada". Peccato che il Lampada in questione fosse Giulio e non Francesco. Eppure Mazziotta, i fratelli che gli inquirenti considerano fra i più potenti esponenti dei clan reggini al nord, li conosce bene. Insieme a Morelli e al medico Enzo Giglio, con Giulio Lampada ci è andato persino a cena. Ed era lui – hanno dimostrato centinaia di telefonate intercettate – che il boss lombardo chiamava quando aveva bisogno di parlare con "l'Onorevole" e viceversa era Mazziotta a contattare Giulio Lampada quando Morelli aveva bisogno di parlare con il boss. Telefonate che il factotum aveva la premura di fare sempre e comunque da telefoni pubblici, utilizzando nomi in codice e messaggi allusivi, anche prima dell'arresto di Francesco Lampada. Cautele che hanno insospettito non poco gli investigatori ai quali, Mazziotta ha risposto candidamente: "effettivamente con il termine "la mia fidanzata" intendevo indicare l'onorevole Morelli. Era proprio costui che mi diceva di utilizzare queste cautele nei colloqui con Lampada Giulio. Voglio aggiungere che a me Lampada Giulio non piaceva affatto poiché mostrava di avere disponibilità economiche e io mi chiedevo da dove derivasse questa ricchezza. Era infatti persona sempre ben vestita, usava macchine molto costose, alloggiava nei più cari hotel di Roma e quando consumavamo qualcosa voleva pagare sempre lui". Osservazioni che Mazziotta farà allo stesso Morelli, dirà il factotum alla pm Dolci, e che sarà lo stesso ex consigliere oggi agli arresti a smontare "Lui mi rispose che era una brava persona". In sintesi, quella del tuttofare, autista di Morelli, che per lui – o meglio su suo ordine, ma per conto di Giulio Lampada - andrà con delega firmata anche al Monopolio di Stato per consegnare la documentazione necessaria per la partecipazione ad una gare, è un tentativo di difesa a oltranza del suo "padrone".
Atteggiamento esattamente contrario a quello di colui che era considerato il principale sponsor politico nelle stanze romane dell'ex consigliere Morelli, l'attuale sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Nonostante la conoscenza ultradecennale, l'attuale primo cittadino della Capitale, davanti ai pm milanesi, sta ben attento a non farsi schizzare dal fango del pantano giudiziario in cui Morelli sta affondando. Neanche il tempo di sedersi di fronte al procuratore capo della Dda di Milano Ilda Boccassini e al sostituto Paolo Storari - che il 9 dicembre scorso lo hanno convocato come persona informata sui fatti - Alemanno si affretta a chiarire: "Il mio rapporto con Franco Morelli si è sviluppato essenzialmente in due fasi: dal 1994 al 2000 ho conosciuto Morelli soprattutto come tecnico e con lui non avevo rapporti di carattere politico. Morelli in questo periodo è stato capo di Gabinetto del Presidente Chiaravalloti. Nel secondo periodo il nostro rapporto si è sviluppato su binari anche politici. Nel 2005 è stato eletto al Consiglio Regionale della Calabria ed è entrato in Alleanza Nazionale, vicino al gruppo facente a me capo". Meri rapporti di partito dunque, dovuti essenzialmente all'essere parte della medesima corrente, di cui Alemanno era capo e Morelli un campioncino di preferenze. Eppure sarà proprio Gianni Alemanno – scelto dall'ex consigliere addirittura come padrino di cresima della figlia- a chiudere in Calabria la campagna elettorale di Morelli per la rielezione al Consiglio Regionale. E nelle stanze romane, sarà sempre Alemanno a spendersi per vincere le reticenze dell'attuale governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti e regalare a Morelli un assessorato nella Giunta calabrese. Una circostanza che, di fronte ai magistrati, Alemanno derubrica a mera tattica a tutela del peso specifico della propria area all'interno del grande calderone degli ex An, confluiti nel Pdl. "Nel 2010 è stato rieletto al Consiglio Regionale della Regione Calabria con molte preferenze e anche per questa ragione ho fatto richiesta a Scopelliti di nominare Morelli come assessore nella Giunta dal primo presieduta - racconta Alemanno ai magistrati – A fronte della mia richiesta Scopelliti disse che era piuttosto perplesso in ordine alla nomina di Morelli come assessore: Scopelliti rinnovò la sua stima ma disse che c'erano voci insistenti su inchieste in Calabria riguardanti Morelli su tematiche attinenti la criminalità organizzata. Io devo dire che rimasi un po' stupito, tutto ciò mi sembrava una scusa per evitare che Morelli entrasse in Giunta". Eppure la pulce nell'orecchio del primo cittadino di Roma era stata messa. Nonostante Morelli giurasse e spergiurasse - con tanto di documento ottenuto qualche giorno prima dal giudice Giglio e che in quei giorni del 2010 dimostrava l'assenza di procedimenti a carico - Alemanno voleva essere sicuro. Sguinzaglia Alfredo Mantici, un presente da vice capo di Gabinetto del sindaco di Roma, un passato nei servizi, per verificare la veridicità delle voci riferite dal governatore calabrese. "Dopo un po' – dice ancora Alemanno ai magistrati – Mantici mi disse che non risultava niente e la medesima conferma la ottenni successivamente anche dallo stesso Scopelliti che, approfondendo, aveva verificato che non vi era nulla". L'attuale governatore dunque, sapeva che su Morelli da tempo si addensavano i sospetti. Eppure, si è limitato a temporeggiare con gli sponsor politici dell'ingombrante consigliere ed evitare guai lasciandolo fuori dalla Giunta. Nessuna ipotesi di richiesta di dimissioni. Neanche Alemanno sembravs troppo turbato dal suo presunto coinvolgimento, al contrario – ricorderà di fronte ai pm milanesi - "quasi per compensarlo del torto politico subito, gli feci ottenere un incarico di non alto livello amministrativo chiamandolo a far parte del consiglio di amministrazione della Tecnopolo, che si occupa della gestione di un'area industriale di Roma". Un incarico che Alemanno – ascoltato dagli investigatori in un'intercettazione dell'epoca, esorta Morelli ad accettare: "potresti subentrare da assessore se nel frattempo tutte quelle vicende sono state chiarite e nel frattempo faresti il presidente della commissione bilancio. Dai pigliati sta presidenza". Il primo cittadino di Roma, che oggi scarica il suo ex pupillo, all'epoca non aveva alcun interesse a inibirne le ambizioni. Della numerosissima comunità calabrese di stanza a Roma, Morelli era persona molto in vista. E Alemanno voleva quei voti. Proprio allo scopo – ha raccontato ai magistrati milanesi – all'epoca aveva partecipato a un dopocena organizzato dall'ex consigliere "era uno dei venti o trenta incontri giornalieri di cui parlavo prima, una sorta di festa organizzata, almeno a dire di Morelli, da due imprenditori di rilievo, n particolare ricordo una persona giovane, ma non riesco a focalizzare con precisione il nome Lampada". Eppure è stato proprio Giulio Lampada a saldare il conto di quell'incontro. Il medesimo Giulio Lampada che oggi Alemanno non ricorda, ma all'epoca – si legge nell'ordinanza di custodia cautelare che ha mandato in carcere anche Morelli – aveva definito "esempio di Calabria di successo".