Ecco i “rifugi” di Pasquale Condello, il “Supremo” della ‘ndrangheta

immobilesantocuzzoladi Claudio Cordova - Saranno Antonio e Valeria, della nota famiglia di ginecologi Quartuccio, a fornire agli inquirenti i particolari che chiuderebbero il cerchio rispetto alle dichiarazioni dell'ex collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice. Quello del 13 marzo 2013 è l'ultimo interrogatorio che il "Nano" sostiene – in sede investigativa – con il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Beatrice Ronchi. Lo stesso pm lo sentirà, in aula, il 22 maggio successivo: Lo Giudice confermerà tutto quello che aveva fino a quel momento dichiarato, a soli dieci giorni dalla sua sparizione, che sarà poi caratterizzata dai memoriali in cui ritratterà tutto, accusando di pressioni indebite i magistrati reggini.

Il 13 marzo, però, Lo Giudice viene ascoltato dal pm Ronchi, insieme ad alcuni ufficiali e sottoufficiali della Guardia di Finanza. Gli investigatori lo sollecitano con riferimento alle dichiarazioni rese, già nel corso dei 180 giorni previsti per i collaboratori di giustizia, riguardo al periodo in cui il "Nano" sarebbe stato il "custode" della latitanza di Pasquale Condello, uno dei capi storici della 'ndrangheta. Nei primi anni 2000, Condello sarebbe stato dirottato all'interno di un immobile di proprietà dell'imprenditore Santo Cuzzola, amico di Luciano Lo Giudice. Affermazioni che Nino Lo Giudice renderà in diverse udienze pubbliche e che faranno parte anche del materiale indiziario con cui la Dda sequestrerà le rivendite di materiale ottico a Santo Cuzzola.

E' quindi Antonio Quartuccio - interrogato nel maggio 2013 - a fornire ulteriori dettagli sulle modalità che avrebbero portato il "Supremo" nell'appartamento nella zona degli Ospedali Riuniti. Ovviamente a totale insaputa dei Quartuccio stessi: "Conosco Santo Cuzzola da quando ero ragazzo, anche se ormai da diversi anni non lo frequento più. Ricordo che ci fu un periodo in cui Santo Cuzzola mi chiese se, poiché attraversava un momento di difficoltà economica, potevo chiedere ai miei genitori di prestagli l'appartamento donato a mia sorella Valeria e sito al primo piano del palazzo di via Vico Santa Lucia n.5". dice Antonio Quartuccio. L'immobile nei pressi degli Ospedali Riuniti dove, stando al racconto di Nino Lo Giudice, Pasquale Condello avrebbe trovato soggiorno nei primi anni 2000. Un periodo che combacia con quanto affermato da Antonio e Valeria Quartuccio: "I due appartamenti erano già liberi dall'estate 2002" dice la seconda. Assai dettagliato, invece, il racconto di Antonio Quartuccio: "Non è stato formalizzato alcun contratto di affitto, né fu fatta alcuna voltura delle utenze di acqua, luce, gas, trattandosi di un uso temporaneo dell'appartamento, per un periodo di qualche mese". Lì, per qualche mese, avrebbe alloggiato uno dei più pericolosi boss della storia della 'ndrangheta, Pasquale Condello: "Di quel periodo – prosegue Quartuccio – ricordo che quando Cuzzola ha ricevuto il nostro appartamento è praticamente scomparso dalla circolazione, non si faceva mai sentire, e guardando da fuori l'appartamento da lui utilizzato sembrava tutto chiuso, con le tapparelle abbassate. Ricordo che, in una occasione, dopo aver cercato per telefono più volte invano Cuzzola, sono entrato nel palazzo e ho tentato di aprire con la chiave la porta di ingresso dell'appartamento, ma non sono riuscito ad aprire, perché dentro evidentemente era inserita una chiave che chiudeva la porta".

Qualora fosse riuscito ad aprire, Quartuccio si sarebbe trovato probabilmente di fronte il "Supremo".

Un immobile nei pressi degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria che verrà spesso citato, ma mai individuato con precisione. L'interrogatorio del 13 marzo si incentra proprio sull'individuazione della casa. Lo Giudice confermerà le affermazioni rese in aula sull'immobile nei pressi di Villa Aurora: "Dalla parte di dietro c'è diciamo da un lato dello stabile c'è Clichè, Clichè è un negozio che vendono abbigliamento all'ingrosso, dalla parte posta lato monte c'è un parrucchiere – Tutto per il successo – e là c'è il portone, dalla parte diciamo dalla parte di Villa Aurora alle spalle della strada di dove sto dicendo io c'è un sottopassaggio ci sono i garage, io a Pasquale Condello lo portai nei garage".

Il pm Ronchi e i militari della Guardia di Finanza mostrano a Lo Giudice una serie di fotografie dell'immobile sospettato di essere stato – per un determinato periodo – l'abitazione di Pasquale Condello, il "Supremo" della 'ndrangheta arrestato il 18 febbraio 2008 dal Ros dei Carabinieri. "Un immobile tondeggiante" dice il pm Ronchi mentre Nino Lo Giudice segna con la penna rossa la foto posta in visione: "E mi ricordo, mi ricordo che da un lato si vedevano quasi i semafori la strada che non so come si chiama questa via e da una finestra sia io che lui, Pasquale Condello, vedevamo i posteggi delle macchine dell'ospedale" afferma Lo Giudice.

Dall'ingresso principale, però, Lo Giudice e Condello non sarebbero mai entrati, preferendo spostarsi al riparo da occhi indiscreti, dall'ingresso secondario, tramite il garage: "Io aprivo con il telecomando" dice il "Nano".

Un appartamento al primo piano che Lo Giudice descrive in maniera piuttosto dettagliata (gli inquirenti riscontreranno le indicazioni): "Sì perché entrando dal portone la prima cosa a destra c'è la cucina, c'era la cucina... poi andando, entrando c'era un salone cucina ... un salone cucina poi andando ancora più avanti sulla sinistra c'era una prima camera da letto e più avanti sulla destra c'è un'altra camera da letto se non mi ricordo male ... dentro questo salone cucina c'era un tavolino, una dispensa dove lui teneva deumidificatori di sigari e tante altre cose...".

A distanza di tanti anni dai fatti raccontati da Lo Giudice non è ovviamente possibile trovare i riscontri sull'effettiva permanenza di Condello in quell'immobile, ma il "Nano" dimostrerà di conoscere piuttosto bene l'appartamento. A suo dire, peraltro, Santo Cuzzola li avrebbe aspettati la prima volta che il "Supremo" avrebbe messo piede in quella casa.

Poi dalla casa di Santo Cuzzola, stando al racconto di Nino Lo Giudice, Condello sarebbe stato spostato in un attico nella zona del viale Calabria, affittato da Luciano Lo Giudice, ma intestato alla madre di Amedeo Canale, figlio del noto Vittorio Canale, ritenuto organico al clan De Stefano: "Amedeo non sapeva niente neanche la madre di Amedeo" afferma il collaboratore. Secondo i ricordi di Lo Giudice, siamo nel 2001: "Entrando dal portone Dottoressa a sinistra c'era la cucina, se non mi ricordo male c'era un muretto così, qua c'era la cucina poi ... mi sembra se non mi ricordo male, allora siamo così qua c'erano delle finestre con un salotto non mi ricordo che cosa c'era poi andando ... andando ... sì andando avanti qua c'era una camera da letto, alla fine c'era un bagno poi c'era un balcone che girava tutta la casa, se possiamo vederlo, che dall'attico io vedevo, dall'attico sia la strada..."

Un interrogatorio della durata di un'ora, quello del 13 marzo, in cui Lo Giudice ripercorre quelli che, nei primi anni 2000, sarebbero stati i vari domicili di Pasquale Condello, nel periodo della lunga latitanza: l'immobile di Santo Cuzzola, quello del fratello Luciano Lo Giudice, ma di proprietà della madre di Amedeo Canale e poi due case, una ad Aretina e una a Sant'Elia di Ravagnese. Infine a Paterriti, da un cugino di Giovanni Chilà, personaggio ricorrente nei racconti degli affiliati della famiglia Lo Giudice.

Impossibile avere la certezza - a distanza di oltre 10 anni - dell'effettiva permanenza del "Supremo" nelle varie abitazioni: da quella di Santo Cuzzola fino alle collocazioni successive. Averle individuate, tramite strumentazione informatica, fornisce concretezza ai fiumi di parole riversati nei mesi da Nino Lo Giudice. Nella vita antecedente ai primi giorni del giugno 2013.