di Claudio Cordova - "L'elemento soggettivo ravvisabile in capo all'imputato che, va premesso, si reputa in termini di non certa consapevolezza dell'innocenza del suo accusato: il dottore Silipo". In tempi piuttosto veloci, il Gup di Reggio Calabria, Cinzia Barillà, ha depositato le motivazioni dell'assoluzione "perché il fatto non costituisce reato" del giudice Alberto Cisterna, accusato di calunnia nei confronti dell'ex vicecapo della Squadra Mobile di Reggio Calabria, Luigi Silipo. L'ex numero due della DNA (oggi giudice civile a Tivoli a causa dei suoi rapporti con Luciano Lo Giudice) era accusato di aver calunniato l'allora dirigente della Squadra Mobile di Reggio Calabria, Luigi Silipo. Cisterna rispondeva di un esposto presentato nei confronti di Silipo, redattore di un'informativa sui presunti contatti tra l'ex numero due della Direzione Nazionale Antimafia e Luciano Lo Giudice, considerato l'anima imprenditoriale dell'omonima cosca di 'ndrangheta. Un'informativa, quella realizzata da Silipo, che avrebbe contenuto diversi errori e incongruenze, che porteranno Cisterna all'esposto nei confronti dell'allora funzionario reggino, oggi capo della Squadra Mobile di Torino.
Contestualmente alle motivazioni della sentenza assolutoria, il Gup Barillà ha anche rigettato l'opposizione presentata dalla difesa di Cisterna, riguardante l'archiviazione dell'accusa nei confronti di Silipo. Dopo l'esposto di Cisterna, infatti, il poliziotto reggino verrà indagato dalla Procura di Reggio Calabria per falso e abuso d'ufficio: ipotesi di reato che però non verranno riscontrate, portando infine all'archiviazione. Nel corso del giudizio abbreviato, Cisterna si era opposto a tale archiviazione, ottenendo però un diniego dal Gup Barillà.
Il leit motiv della sentenza, infatti, è il medesimo per ogni circostanza contestata da Cisterna a Silipo: il magistrato non è punibile in quanto realmente convinto di aver subito un danno, mentre Silipo non può essere considerato colpevole di alcun tipo di omissione dolosa. Cisterna verrà portato a giudizio per l'utilizzo di determinate parole nei confronti di Silipo, accusato di aver dolosamente alterato alcuni dati: "dolosamente", "grave manipolazione", "precostituita manipolazione", "falsità" tra le parole incriminate. Un unicum nell'agguerrita battaglia portata avanti dall'ex numero due della DNA: "In sostanza – scrive il Gup – agli equivoci (anche esasperati) ed incessantemente denunciati, in tutte le sedi e sotto qualsiasi profilo, dal Cisterna si è sempre risposto con chiarimenti, che lo hanno ritenuto incolpevole dagli stessi, perché partiti da dati testuali equivoci, sempre chiariti in favore della legittimità dell'operato degli investigatori e dei magistrati che il loro lavoro hanno coordinato".
Cisterna, per esempio, accuserà Silipo di aver omesso di menzionare in un'informativa una intercettazione ritenuta favorevole per la sua posizione e di averla appresa solo leggendo Il Dispaccio. Il Gup si pronuncia così: "L'assenza dell'intercettazione del 2-11-2007 tra Spanò e Lo Giudice può essere stata additata a sospetto dell'odierno imputato (da cui il progressivo formarsi nel suo immaginario di un'attività specificatamente posta ai suoi danni), ma non certo costituire elemento per sostenere occultamento di prove in capo al Silipo". Cisterna contesterà inoltre l'erronea redazione circa le celle agganciate dal suo cellulare e da quello del Colonnello dei Servizi Segreti, Michele Ferlito (che Cisterna presenterà a Lo Giudice): in questo caso Silipo (e tutti gli altri suoi collaboratori) sarebbero stati spiazzati (e inconsapevolmente tratti in inganno) dalle dichiarazioni rese nell'interrogatorio del 17 giugno 2011 dallo stesso Cisterna, non escludendo la possibilità di aver avuto diversi incontri a tre, insieme a Ferlito e allo stesso Lo Giudice: "Nessun investigatore sarebbe andato, in assenza di smentite (che oggi sono arrivate) di quella iniziale tranquillizzante (per gli investigatori) ammissione nel primo interrogatorio dal Cisterna reso, anche tenuto conto del suo stato d'animo, che va detto non poteva essere "ameno" o del tutto "indifferente" (anche ove si ritenesse callido), avendo egli da pochi giorni appreso di essere indagato per un reato di corruzione in atti giudiziari e ben comprendendo, per la sua indiscutibile competenza, le possibili conseguenze di tale evento sulla sua carriera senz'altro tra le più promettenti, con immediate ricadute nell'opinione pubblica e nel suo ufficio per la sua immagine (come emerge dall'articolo di giornale del Corriere della Sera pubblicato quella stessa mattina)".
Silipo, dunque, non avrebbe compiuto alcun atto illecito dolosamente. Anche con riferimento alla durata delle telefonate (contestata da Cisterna), il Gup è perentorio: "Sarebbe assurdo anche solo ipotizzare qualsiasi forma di dolo, che presuppone necessariamente un accordo e preciso piano esecutivo per occultare il dato vero e mistificarlo con il dato falso". Cisterna dunque viene assolto perché in cuor suo si sente danneggiato da alcuni passaggi che comunque, a detta del Gup, avrebbero "portata fortemente sbilanciata rispetto alla forza del rimanente copioso materiale investigativo in atti" riguardante il decreto di archiviazione dall'accusa di corruzione in atti giudiziari. Cisterna infatti inserirà la condotta di Silipo in un'ottica di sistematico danneggiamento ai suoi danni, anzi, di un vero e proprio complotto, di cui, comunque, Cisterna non porterà mai le prove: "Io so cosa è successo, ma non posso provarlo, come diceva Emile Zola, non lo posso provare" dirà Cisterna nell'interrogatorio condotto dal pm Matteo Centini davanti al Gup. Gup che, dal canto suo, precisa la sua posizione rispetto ai ragionamenti di Cisterna: "Anche contro ogni evidenza non avendo mai ottenuto ragione sul punto in sede giudiziaria in relazione all'esistenza di un ipotetico complotto o "macchinazione" ai suoi danni ordito in varie sedi, tra cui quella investigativa".
Il Gup, infatti, non mancherà di sottolineare come Cisterna abbia negli anni denunciato l'ex capo della Squadra Mobile, Renato Cortese, l'ex comandante del Ros dei Carabinieri, Stefano Russo, il consulente Gioacchino Genchi, l'avvocato Giovanni Pellicanò (ex legale di Luciano Lo Giudice) e diversi giornalisti che si occuperanno della sua vicenda. Ma è soprattutto con riferimento all'atteggiamento di Cisterna nei confronti delle Istituzioni che le conclusioni del Gup, sono tutt'altro che lusinghiere nei confronti dell'ex numero due della DNA: "Il coacervo di questi dati si presta ad una lettura ambivalente da un lato, con atteggiamento noto nelle aule giudiziarie, il Cisterna si riveste dei panni della vittima per delegittimare la correttezza del comportamento istituzionale di tutti coloro che, alla luce di un procedimento correttamente intrapreso e nell'ambito dei loro doveri d'istituto, si sono determinati a dargli torto, dall'altro egli, in tutte le sedi e con coerenza rispetto a quest'atteggiamento, non retrocede dinanzi alla "personale" e, verosimilmente perdente, battaglia intrapresa di "denunciare" gli assolutamente "presunti" torti subiti".
Analizzando tabulati, telefonate, sms, le motivazioni del Gup Barillà si innesteranno inevitabilmente anche nelle indagini sui rapporti tra Luciano Lo Giudice e Cisterna. Il Gup Barillà – pure senza ingerire in altri procedimenti – ritiene che la dicitura "avvocato di Roma" utilizza da Lo Giudice, possa essere effettivamente riferita a Cisterna (come prospettato dagli inquirenti) così come al Colonnello Michele Ferlito (come affermato dalla difesa di Cisterna). Da qui, dunque, le parole, pesanti come pietre, che entrano a gamba tesa sulle altre risultanze investigative riguardanti Cisterna: "Solo nel futuro potrà comprendersi se questo sia il progetto di un personaggio ambiguo che si è prestato consapevolmente ad alimentare ed a nutrirsi di tale atteggiamento appartenente a svariati soggetti che in quell'inchiesta hanno avuto differenti ruoli (accusati, loro avvocati, pentiti, ecc.) oppure di un magistrato di indubbia fama e, all'epoca della vicenda, in posizione di qualificato potere, nonché all'apice di una carriera ancor più promettente che una volta smascherato sulle sue "abitudini" non del tutto adamantine o ortodosse (perché di delitti per quelle vicende "comprovati", allo stato, non si può discutere) si sia immesso in un tunnel più perverso, o ancora di un soggetto fortemente deluso ed amareggiato da tali evenienze al punto da imbastire battaglie legali di non poco momento ai danni di tutti coloro che ha reputato suoi detrattori (dinanzi a fatti equivoci , errori su aspetti marginali ma poi effettivamente accertati, trascrizioni dubbie), attacchi che egli ha restituito, nella sua visione del caso così come ispirata da riferimenti ad episodi concreti di vita, con reazioni senza esclusioni di colpi, grazie alla collaborazione raccolta da più parti e proveniente dai più disparati ambiti".
Un ultimo passaggio il Gup lo dedica alle dichiarazioni, assai in conflitto, rese dal poliziotto Luigi Silipo e dal magistrato Roberto Pennisi. Il Gup Barillà solleverà dubbi tanto sulle dichiarazioni del primo, quanto su quelle del secondo. Pennisi, infatti, dichiarerà di aver appreso alcuni mesi fa da Silipo – nell'ambito di un incontro fortuito presso l'aeroporto di Fiumicino - la circostanza secondo cui l'allora vice di Renato Cortese alla Squadra Mobile di Reggio Calabria, sarebbe stato costretto a formulare le accuse contro Cisterna, compendiate nell'informativa incriminata. I dubbi, quindi, riguarderanno sia la versione di Silipo – che affermerà di aver ricevuto la stima di Pennisi dopo un iniziale rimprovero – sia dello stesso Pennisi che, avendo appreso di un presunto complotto contro l'amico Alberto Cisterna non avrebbe denunciato il fatto, limitandosi a comunicarlo solo molto tempo dopo. Pennisi, peraltro, ricorderà la circostanza secondo cui parlare del "caso Cisterna" in Procura Nazionale Antimafia fosse sostanzialmente un tabù una versione che – a detta del Gup Barillà (che svolgerà il ruolo di uditore proprio con Pennisi) – "cozza ed è poco giustificabile nell'ottica del magistrato integerrimo, spavaldo e coraggioso che anche al Silipo dispensa lezioni di integrità". Un racconto "tardivo e assolutamente generico" quello di Pennisi.
Ragion per cui il Gup Barillà disporrà la trasmissione degli atti in Procura, sia per Pennisi, sia per lo stesso Silipo.