Ponte sullo Stretto: l’esclusione del gruppo di lavoro del Ministero dell’Ambiente per la valutazione di soluzioni alternative

StrettoMessina1di Alessia Tripodo - È il 27 agosto 2020: Giuseppe Conte è ancora il Presidente del Consiglio, si discute di Coronavirus, di discoteche aperte/discoteche chiuse e naturalmente di Recovery Fund. Lo sappiamo già: prossimamente arriveranno un gran numero di fondi europei a sostegno della crisi pandemica ed economica che stiamo affrontando. Si dice possa essere una grande occasione per l'Italia. Si parla di investimenti da milioni, anzi, miliardi di euro. E tra tutti, l'opera che per le sue infinite discussioni e incertezze rappresenta meglio l'Italia: il Ponte sullo Stretto di Messina.

Proprio recentemente, a Roma, è stato firmato anche un "Patto" tra i più accesi sostenitori dell'opera, di cui si parla da decenni (Il Dispaccio - Firmato a Roma il "Patto per il Ponte", Spirlì: "Bisogna farlo, non serve referendum")

È il 27 agosto 2020, dicevamo, quando l'allora Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli (PD), istituisce un Gruppo di Lavoro con un obiettivo ben preciso: valutare la fattibilità di un sistema di collegamento stabile nello Stretto di Messina. Cosa non da poco considerando che del Ponte sullo Stretto se ne parla fin dai tempi dell'antica Roma e che diversi sono stati i problemi che hanno reso infattibile il progetto. Non a caso Scilla e Cariddi appaiono così tenebrose ad Ulisse: la composizione morfologica, il movimento delle correnti e dei venti e l'inquadramento tettonico dello Stretto di Messina sono alcune delle cause che rendono di difficile attuazione un collegamento stabile tra le due Regioni.

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Il Gruppo di Lavoro

Difficile, ma non impossibile. Perciò la Commissione convocata dal Ministero si mette all'opera. Sono sedici i tecnici selezionati, molti dei quali rinomati esperti sui sistemi di trasporto, sulle infrastrutture, sulle opere pubbliche. Manca, però, un punto di vista non indifferente: quello degli esperti ambientali. Sì, perché se è pur vero che il Gdl è composto da due professori che si occupano di Geodinamica e di Geotecnica, si suppone che il Ministero non ritenga sufficienti questi punti di vista. E lo supponiamo perché, dopo qualche mese dalla costituzione della Commissione - più precisamente a novembre 2020 -, il Ministero delle Infrastrutture invia una nota all'allora Ministero dell'Ambiente - capitanato da Sergio Costa (M5S) - chiedendo di indicare un gruppo di esperti da aggiungere al Gdl. Tra questi anche il Professore di origini calabresi, Silvestro Greco; biologo marino e dirigente di ricerca della Stazione Zoologica "Anton Dohrn". Ed è proprio il professore a segnalare una prima bizzarria: il Ministero dell'Ambiente accetta le disposizioni, i sette esperti selezionati accettano l'incarico e poi un nulla di fatto.

La storia sembrerebbe finita lì, gli esperti del Ministero dell'Ambiente non ricevono comunicazioni ulteriori e la Relazione salta.

La Relazione

In realtà la Relazione salta solo per gli esperti ambientali. Il Gdl del Ministero delle Infrastrutture continua nei suoi lavori e riesce a superare anche la caduta del Governo Conte. Siamo ormai a febbraio del 2021 quando Mario Draghi ottiene la fiducia per riformare il Governo. Nuovo giro di giostra, si riparte con nuovi Ministri e Ministeri.

Al nuovo Ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili siede Enrico Giovannini, a quello dell'Ambiente - mutato in Ministero della Transizione Ecologica - troviamo Roberto Cingolani.

La questione "Ponte sullo Stretto" si ravviva. I partiti premono ma Draghi rassicura: a breve verrà presentata una Relazione. Ed eccoci al 30 aprile: i tecnici si sono espressi e parte la corsa agli annunci. Il Governatore della Calabria, Nino Spirlì, dichiara che il Ponte non è una questione locale, "questo è un ponte d'Europa, che collega i primi due territori del Vecchio continente per chi arriva dal mondo nuovo, l'Asia" (Il Dispaccio - Ponte sullo Stretto, Spirlì: "Dovere dell'Europa"); e il Governatore della Sicilia, Musumeci, afferma che "ci sono tutte le condizioni per porre in termini perentori la questione" (Il Dispaccio - "Ponte sullo Stretto subito, coinvolgere i privati". Il viceministro Morelli a Messina: "Porterò la voce di Spirlì e Musumeci al Governo").

Ma ci sono davvero tutte le condizioni necessarie? Cosa afferma la Relazione?

La Relazione si compone in sei parti, in cui vengono analizzati: il contesto socioeconomico, il contesto fisico e ambientale, il processo decisionale per la scelta delle infrastrutture di trasporto, le alternative progettuali, le valutazioni preliminari e, ovviamente, le conclusioni.

"Per motivi storici e per la loro collocazione geografica, [Calabria e Sicilia] sono caratterizzate da livelli di sviluppo inferiori alla media europea e sono comprese tra quelle identificate come meno sviluppate" esordisce la valutazione anche se non viene ben specificato quali siano i "motivi storici" che hanno prodotto un sottosviluppo; e continua illustrano un quadro macroeconomico con un trend negativo nell'area dello Stretto. Anche se, geo-economicamente, crescono gli scambi commerciali sul Mediterraneo. Elemento promettente a condizione che "vi siano delle infrastrutture terrestri che ne esaltino le potenzialità".

Quindi, il Ponte può effettivamente collegarci al commercio asiatico, come affermava Spirlì?

Possibile ma non probabile, come avvertono i tecnici affermando che: "le considerazioni svolte fanno riferimento alle tendenze verificatesi negli ultimi decenni che, a causa della pandemia Covid-19 e dei cambiamenti climatici in atto non necessariamente si manterranno nei decenni a venire". La chiamano situazione di "incertezza profonda", imprevedibile.

La Relazione prosegue: anche in fatto di trasporti (via binario, via aerea, via mare) la Sicilia sembra essere fortemente penalizzata. La qualità dei trasporti è bassa e difficoltosa; questo incide negativamente sia sulla mobilità personale che commerciale. Una nota di speranza, però, è data da una possibile implementazione del sistema ferroviario: gli investimenti sulle ferrovie programmati dal PNRR porterebbero a una "significativa riduzione del disavanzo di accessibilità del Mezzogiorno".

L'esclusione del gruppo del Ministero dell'Ambiente

Per un'opera di così grande impatto economico, territoriale e sociale si rende necessario interloquire con chi, quel territorio, lo rappresenta. Ma anche con altri tecnici, accademici, esperti qualificati. Le audizioni, ci riporta il documento, iniziano il 1° ottobre e si concludono il 14 dicembre. Oltre ai riferimenti istituzionali di Sicilia e Calabria, si contano ben undici Ingegneri e Professori di ingegneria. Nulla di strano, certo, se non fosse per una domanda: e le valutazioni ambientali? O meglio: chi si è occupato di valutare che tipo di impatto ambientale avrebbe un progetto di collegamento stabile?

Di certo sappiamo chi non se ne è occupato: nessuna convocazione per il gruppo selezionato dal Ministero dell'Ambiente. E dunque sorge un'ulteriore domanda: perché inviare un comunicato ufficiale in cui si richiede la presenza di esperti e poi non includerli nei lavori?

Ma soprattutto, questo tipo di questioni sono di interesse per la classe politica dirigente? Da quello che emerge, no. Infatti, se nelle audizioni con i sette Ingegneri si parla di questioni specifiche sulle alternative progettuali (come, ad esempio, se sia fattibile progettare un tunnel in subalveo o un ponte a più campate), nelle audizioni con i rappresentati politici si discute di costi, tempi, gratuità dell'attraversamento per i mezzi di trasporto collettivo, assetto territoriale delle due Regioni, etc.

Aspetti legittimi, importanti. Ma non sufficienti. Sì, perché se le audizioni fossero state completate attraverso una valutazione non puramente ingegneristica o politica, forse, le conclusioni sarebbero state differenti.

Le Conclusioni

Il Gdl dice sì al ponte a più campate, che appare maggiormente efficiente, economico e comodo alla diretta viabilità nei centri urbani. Sconsiglia fortemente i tunnel alveo e subalveo che porterebbero maggiori rischi sismici e un allungamento dei tempi di valutazione, progettazione e costruzione per via degli accertamenti geotecnici da garantire. Tuttavia, i rischi - gravi - si evidenziano in ogni tipo di collegamento stabile ed è per questo che il Gdl può solo che consigliare la scelta apparentemente migliore, lasciando la decisione nelle mani del dibattito pubblico.

Cosa non si è detto

Il Professore Silvestro Greco, alla domanda relativa alla convocazione ricevuta dal Ministero dell'Ambiente - cioè se avesse avuto modo di incontrare i colleghi selezionati per i lavori, iniziando un qualche tipo di ricerca – rispose chiaramente: "No. Eravamo pronti, avevamo dato la nostra disponibilità. A titolo gratuito, sia chiaro, ma non ci fecero sapere nulla".

Sì, perché le verifiche richieste dalla Commissione del Ministero dell'Ambiente sembrerebbe che non prevedessero né un qualche tipo di pagamento, né tantomeno un'appartenenza partitica: "Pura ricerca - dice il Professore -, pura democrazia". Ma allora perché questa non convocazione risulta oggi così importante?

Alla domanda riguardo le sue considerazioni sulla fattibilità di un collegamento stabile nello Stretto di Messina, Greco risponde telegrafico: "Non si può fare. Non posso avere certezza dell'opinione dei miei colleghi ma da scienziato posso affermare che esistono chiare evidenze per rigettare il progetto".

"Inoltre è importante ricordare che la costruzione di un collegamento stabile violerebbe due Direttive europee: la Direttiva n. 79/409/CEE (Direttiva Uccelli) e la Direttiva n. 92/43/CEE (Direttiva Habitat)".

Queste due direttive, rispettivamente del 1979 e del 1992, sono servite alla denominazione di spazi, per così dire, inviolabili all'interno dell'Unione Europea. Di aree da proteggere, nel primo caso denominate "Zone di Protezione Speciale" (ZPS) e nel secondo "Zone Speciali di Conservazione" (Z.S.C.). Queste ultime, nel loro insieme, costituiscono una serie di siti denominati "Natura 2000". All'interno della Relazione, infatti, si fa brevemente menzione di ciò: "Per quanto attiene le aree protette, il contesto calabro e quello siculo vedono la presenza di un articolato sistema di siti afferenti alla Rete Natura 2000 (ZPS e SIC/ZSC), ambiti tutelati dalle Direttive comunitarie 2009/147/CE e 92/43/CEE. Nel complesso si tratta di un'area naturalistica di primaria importanza a grande scala, essendo un corridoio ecologico per molte specie faunistiche dell'ambiente marino e per l'avifauna, oltre che un habitat marino e terrestre ricco di biodiversità".

Parole che verranno riprese quasi testualmente dai rappresentati regionali di Sicilia e Calabria di Legambiente in una dichiarazione rivolta al Presidente Mario Draghi: "Al di là della fattibilità tecnica dell'opera - scrivono - non occorre dimenticare che il ponte o il tunnel dovrebbero essere costruiti in una zona ad alto rischio geotettonico e sismico e che sotto il profilo ambientale si metterebbe a rischio la conservazione di ambienti marini, costieri ed umidi di eccezionale bellezza". (Il Dispaccio - Ponte sullo Stretto, Legambiente a Draghi: "Non è tra le opere da finanziare")

Quindi, anche la biodiversità terreste, marina e aerea richiederebbe un'attenzione particolare, considerando che uno dei progetti di attraversamento stabile prevede la distruzione di parte del Lago di Ganzirri (Me). E, non da poco, il danno recato alla biodiversità marina sarebbe irrimediabile; infatti, come la stessa Relazione presenta: lo Stretto è un'area che i cetologi chiamano "Whale Gate", proprio per le costanti migrazioni dei cetacei in quell'area.

Il Gdl non ci dice come superare questa impasse, sappiamo solo parzialmente quali possano essere i reali rischi di un'opera di queste dimensioni. E sapendolo solo parzialmente, come possiamo compiere una scelta?

Questo è il pericolo che si corre quando le decisioni vengono prese per fame ideologica e non per ragione, quando opere e progetti diventano barricate da politica di salotto. Allora le generazioni si rincorrono alla ricerca del nuovo, della svolta, dell'occasione giusta.

Più severo e diretto è invece il commento del geologo Mario Tozzi: "Costruire il ponte sullo stretto antisismico con denaro pubblico - scrive - significa scegliere di unire due cimiteri in caso di terremoto, visto che solo il 25% della popolazione di Reggio Calabria e Messina risiede in case adeguate. E non è questione di se, ma di quando". (Il Dispaccio - Ponte sullo Stretto, il geologo Mario Tozzi: "Costruirlo significa unire due cimiteri in caso di terremoto").

Siamo però certi che le fasi di attuazione dell'opera richiederebbero tempi molto elastici. Si consideri che, oltre alle analisi di specie e ai lavori di costruzione, tutta un'area di insieme andrebbe coinvolta dell'adeguamento al progetto: strade, autostrade, ferrovie, banchine portuali, etc.

Menomale, diranno alcuni. Ma l'Italia può permetterselo? E se sì, con quali soldi?

Perché, in ogni caso, l'opera di collegamento stabile non può rientrare nel già citato Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza o Recovery Plan. E a dirlo è proprio l'attuale Ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, che spiega come l'Europa abbia imposto dei tempi non negoziabili entro cui le opere presentate nel Recovery debbano essere fruibili. L'attraversamento stabile dello Stretto, ci dice Giovannini, non potrà essere realizzato entro questo termine, ovvero il 2026. (Il Dispaccio - Ponte sullo Stretto, il ministro Giovannini: "Opera fuori dal Recovery Plan, non realizzabile entro il 2026")

Il Gdl, infatti, consiglia di rendere l'opera a carico della finanza pubblica (nazionale, e ove possibile, europea). Anche se ci sono forti dubbi su come lo Stato possa sanare un finanziamento così oneroso.

Ma forse ci siamo solo abituati a non porre più domande: tanto, cosa cambierebbe? Dopo circa 60 anni di propaganda politica su di un'opera che - sì, forse, chi lo sa - dovrebbe risollevare il Mezzogiorno; dopo innumerevoli valutazioni, opinioni, soluzioni. Dopo tutte le letture, solo un fatto rimane invariato nel tempo: il Sud Italia è sempre più emarginato.

Marginalità, sosteneva all'inizio la Commissione, dovuta a "motivi storici e geografici". E se, di certo, la geografia non possiamo manipolarla, per lo meno con la "storia" dobbiamo confrontarci.