di Claudio Cordova - L'articolo pubblicato alcune settimane fa dal Dispaccio potrebbe aver sortito qualche effetto. Secondo indiscrezioni, infatti, la Commissione Straordinaria di Reggio Calabria avrebbe chiesto una serie di relazioni interne per fare chiarezza sulla torbida e intricata vicenda riguardante il Centro integrato di Mortara, su cui anche Confindustria solleverà diversi dubbi. E sono ancora una volta le carte agli atti del procedimento a svelare alcuni comportamenti a dir poco illogici da parte dell'Amministrazione Comunale di Reggio Calabria, con riferimento al progetto di un centro integrato a Mortara, che avrebbe previsto la costruzione del mercato alimentare, del mattatoio, della sede ATAM e del canile municipale. Una maxiopera che, a distanza di anni dall'appalto, giace ancora in uno stato di avanzamento precario, con l'usura del tempo che pregiudica anche ciò che è già costruito.
E forse il Comune di Reggio Calabria avrebbe potuto risparmiare qualcosa rispetto ai 26 milioni di euro cui è stato condannato (anche se la procedura non è ad oggi definitiva) nei confronti della ditta Lafatre di Frosinone, giunta in Calabria subentrando all'originaria azienda vincitrice dell'appalto, la C.G.P. Costruzioni, nel frattempo fallita.
Già nei primi anni del 2000 inizieranno i problemi riguardanti il cantiere di Mortara, un'opera pensata già dalla Giunta di centrosinistra del sindaco Italo Falcomatà e finanziata con i fondi del "Decreto Reggio". Per una serie di problemi sul cantiere, la Lafatre chiederà al Comune un risarcimento di oltre venti milioni di euro. Una relazione, però, quantificherà il danno in poco più di tre milioni e mezzo. Nell'aprile del 2004, tuttavia, verranno riconosciuti alla ditta quattro milioni di euro, una cifra cioè superiore alla quantificazione operata appena pochi mesi prima. "Un accordo tra galantuomini" realizzato nel bel mezzo della prima Amministrazione Scopelliti e curato da alcuni degli uomini di fiducia dell'attuale Governatore (tra cui l'avvocato Pasquale Melissari) che porterà nel giro di pochi mesi la cifra nelle casse della Lafatre: i quattro milioni, infatti, verranno erogati nelle prime cinque tranche di avanzamento dei lavori che la ditta di Frosinone effettuerà in tempo record, già entro la fine del 2004.
Poi i lavori subiranno un netto rallentamento.
Dopo anni di inerzia sul cantiere, che – come scritto dal Dispaccio alcune settimane fa - la Direzione dei lavori segnalerà con numerose lettere che avranno tra i destinatari l'allora sindaco Giuseppe Scopelliti, i vari responsabili del procedimento e il coordinatore di tutti i RUP del "Decreto Reggio", Gianni Artuso, la Lafatre intenterà un contenzioso nei confronti dell'Amministrazione Comunale, dando vita a un lodo arbitrale che riconoscerà alla ditta della Ciociaria un risarcimento di ben 26 milioni di euro.
Un lodo arbitrale in cui – come testimoniato alcune settimane fa dal Dispaccio – il Comune rinuncerà sostanzialmente a difendersi, evitando persino di costituirsi nel procedimento per il tramite dell'avvocato Pasquale Melissari, fedelissimo del sindaco Scopelliti e incaricato a curare la pratica. Con quel comportamento, di fatto, il Comune accetterà supinamente la pesantissima relazione del CTU del Collegio Arbitrale, che darà ragione – quasi in toto – alla Lafatre, creando i presupposti per il maxirisarcimento.
Eppure il Comune una chance di confutare le conclusioni del CTU l'avrà.
Agli atti è infatti presente una relazione della Direzione dei lavori (la stessa Direzione dei lavori rimasta per anni inascoltata rispetto alle presunte inadempienze della Lafatre). Una settantina di pagine in cui vengono mosse – carte e leggi alla mano – una serie di osservazioni che avrebbero potuto smontare (o almeno mitigare) le riserve sciolte in favore della ditta Lafatre.
Osservazioni che l'Amministrazione dell'allora sindaco Demi Arena chiederà in fretta e furia nell'agosto 2011, dando un termine piuttosto breve (una ventina di giorni) per il deposito. Ed è proprio a questo punto che spuntano – nuovamente – alcuni passaggi poco chiari. Già nelle premesse delle osservazioni, infatti, è possibile appurare come la Direzione dei lavori affermi di aver preso "ufficialmente atto dell'esistenza del procedimento arbitrale n. 27/2010, promosso dall'impresa Lafatre nei confronti del sindaco del Comune di Reggio Calabria" solo l'11 agosto 2011. Una notizia che la Direzione dei lavori (che teoricamente doveva sovrintendere su tutto ciò che riguardava l'opera) avrebbe appreso "con nota consegnata a mano dal Responsabile dell'U.O. Progetti e Leggi Speciali anche per conto del sig. sindaco funzionario delegato ex lege 5/7/1989 n.246".
Gianni Artuso, il responsabile unico sulle opere del "Decreto Reggio".
Insomma, per la Direzione dei lavori il procedimento contro il Comune è un vero e proprio fulmine a ciel sereno ed è curioso che l'informazione arrivi solo a situazione quasi compromessa, con l'affossante relazione del CTU del Collegio Arbitrale: "Ciò assume particolare gravità se si considera che la domanda di Arbitrato risale al 6/4/2009, ossia mentre era in corso di esecuzione l'appalto, che l'incarico al Consulente Tecnico d'Ufficio (CTU) è stato conferito nel corso dell'udienza di Collegio del 20/4/2011 e che in nessun verbale delle operazioni peritali condotte dal CTU sia mai risultato presente il Patrocinatore e/o il Consulente Tecnico di parte del Sindaco, peraltro ignoto, se esistente" scrive la Direzione dei lavori.
E' ormai acclarato: il Comune deciderà sostanzialmente di non trattare la causa, mentre la Lafatre cavalcherà l'onda del procedimento impegnandosi in prima persona: lo stesso legale rappresentante della ditta, Alberto Pagliuca, sceglierà di essere il Consulente Tecnico di parte, chiamato a monitorare (e integrare) il lavoro del perito del Collegio.
Ma le stranezze si susseguono.
Visti i tempi estremamente stretti entro i quali era stata chiamata a trasmettere le proprie osservazioni, la Direzione dei lavori chiederà immediatamente di poter entrare a conoscenza di tutti gli atti prodotti nel giudizio intentato dalla Lafatre: una richiesta di documentazione integrativa che non verrà mai riscontrata.
La Direzione dei lavori riuscirà comunque a concludere il proprio lavoro nei tempi previsti e nel corso delle quasi 70 pagine riuscirà in molti casi a ribattere in termini tecnici e giuridici alla consulenza peritale del CTU "interamente predisposta in assenza di adeguato e doveroso contraddittorio con una delle parti coinvolte nel procedimento arbitrale". Insomma, anche in questo caso la procedura sarebbe a dir poco inconsueta. Ancora delle conclusioni della Direzione dei lavori: "Non importa alla Direzione Lavori conoscere le ragioni che hanno determinato l'anomalo svolgimento delle operazioni peritali, in quanto non compete alla stessa indagare in proposito; quel che è certo è che il CTU avrebbe potuto e dovuto attivare, in virtù dell'ampio mandato ricevuto, prima di trarre conclusioni forzatamente di parte, opportune forme di coinvolgimento delle altre figure professionali interessate dall'appalto [...] Ciò avrebbe consentito di adempiere più compiutamente all'incarico ricevuto, attraverso la raccolta di ulteriori e non trascurabili informazioni, integrative della scarna documentazione utilizzata e indispensabili per la formazione di un equilibrato e autonomo giudizio finale".
Per il Comune, dunque, vi sarà la beffa dopo il danno. Ancora dalle conclusioni della Direzione dei lavori: "Il CTU non poteva non tener conto che le opere strutturali realizzate dall'appaltatore sono prive, per colpa grave dello stesso appaltatore, di ogni accertamento della rispondenza ai requisiti di stabilità e sicurezza attesi [...] Si ribadisce che i primi esiti degli accertamenti straordinari effettuati sulle strutture della parte d'opera Canile Municipale, effettuati in surroga a quelli ordinari previsti dalla normativa vigente e ordinati dal collaudatore statico a seguito della inerzia perpetuata dall'appaltatore rispetto alle sollecitazioni allo stesso rivolte per la consegna delle prove di accettazione sui materiali impiegati, destano viva preoccupazione, soprattutto per quanto attiene alle opere rimanenti del Progetto Integrato".
Le osservazioni, tuttavia, non verranno valorizzate a dovere e il Comune verrà condannato a un risarcimento di 26 milioni di euro. E la domanda è sempre la stessa: oltre alla Lafatre, chi ha guadagnato da tutto ciò?