I tesserati della Reggina e le "compagnie pericolose"

cirillodestefanobarcadi Claudio Cordova e Antonino Monteleone - In attesa dell'inizio della stagione del centenario – su cui il presidente Lillo Foti ha annunciato di puntare molto – non sono i successi calcistici a riportare la Reggina sulle prime pagine dei giornali, come accadeva qualche anno fa, quando gli amaranto calpestavano l'erba di San Siro, dell'Olimpico o del Delle Alpi. Nel giro di una ventina di giorni, la società amaranto è stata investita prima dall'arresto del vicepresidente, Gianni Remo, ammanettato per estorsione aggravata dalle modalità mafiose, poi – appena pochi giorni fa – un'informativa della Direzione Investigativa Antimafia ha svelato i rapporti amichevoli (e quindi privi di alcuna condotta illecita) che diversi tesserati della Reggina avrebbero avuto con il sedicente avvocato B. M. [OMISSIS PER DIRITTO ALL'OBLIO], uno dei personaggi principali dell'indagine "Breakfast", con cui il pubblico ministero Giuseppe Lombardo sta cercando di ricostruire gli ingenti flussi di denaro che avrebbero interessato la Lega Nord, ma anche il potente clan De Stefano di Reggio Calabria.

Gianni Remo, imprenditore attivo nella macellazione e nella gastronomia, sarà coinvolto nell'indagine "Gebbione", sulle attività della potente cosca Labate, con cui è peraltro imparentato. L'accusa portata avanti alcuni anni fa dal sostituto procuratore della Dda, Antonio De Bernardo, sosterrà che Remo, insieme alla sorella Fortunata e al cognato Michele Labate, avesse costretto Brunella Fortunata Latella, amministratrice della società Doc Market srl (diversi anni dopo arrestata per bancarotta fraudolenta), ad acquistare dalla società RG srl due punti vendita ed a pagare, in relazione all'operazione, un prezzo doppio rispetto al reale valore dei punti vendita, procurandosi così un ingiusto profitto in danno della DoC Market S.r.l. Un'accusa da cui, comunque, Gianni Remo uscirà totalmente pulito, venendo assolto già in primo grado. Ma che fece tremare l'intera dirigenza della squadra amaranto che in quei giorni del 2007 si trovava in ritiro negli Stati Uniti.

La parentela (e la conseguente vicinanza) con la famiglia Labate tornerà alla ribalta proprio all'inizio del mese di luglio, allorquando il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino, chiederà e otterrà l'arresto di Remo per estorsione mafiosa. Un reato che – secondo le indagini svolte dai Carabinieri – il vicepresidente della Reggina avrebbe commesso in concorso con il fratello Pasquale nei confronti di un altro parente, Umberto Remo. Un reato commesso in concorso anche con Maria Remo e con il cognato Michele Labate perché "mediante minaccia anche implicita derivante dal rapporto di parentela e dalla comunione d'interessi economici con l'articolazione di ndrangheta denominata cosca Labate, costringevano Remo Umberto a cedere, a Pasquale Remo ed alla moglie Arcudi Giovanna, un immobile costituito da: un capannone industriale, due fabbricati rurali con annesso capannone e terreno, ubicato alla via Gebbione n.112, ad un prezzo nettamente inferiore a quello di mercato, procurandosi così il relativo ingiusto profitto, con altrui pari danno". A Giovanni e Pasquale Remo, peraltro, il pm Musolino contesterà anche l'associazione mafiosa (non riconosciuta, però, dal Gip che non concederà l'arresto) "quali partecipi, gestendo diverse attività economiche nel settore della macellazione e della vendita di carni e pollami, nonché della distribuzione al dettaglio di beni alimentari, fruendo della capacità di intimidazione derivante dalla partecipazione all'associazione, al fine di imporre le loro imprese sul mercato, nonchè ponendo in essere estorsioni ed attività di concorrenza sleale nei confronti degli altri imprenditori operanti nel settore merceologico della macellazione e vendita (all'ingrosso ed al dettaglio) della carne, pollami e prodotti alimentari di derivazione animale, realizzando così profitti e vantaggi ingiusti".

A far da costante sulle vicende che ruotano attorno alla Reggina Calcio è, comunque, la potente cosca De Stefano. Lillo Foti, presidente amaranto, ne sarà vittima: all'indomani della prima retrocessione in serie B della Reggina, sarà fatta saltare in aria la boutique più in vista della città, "Natural Blu", ubicata sul Corso Garibaldi. L'idea di "toccare" la famiglia Foti sarebbe venuta a Mario Audino, boss di San Giovannello, vicino ai De Stefano, ucciso nel 2003. È il pentito Giovanni Battista Fracapane a raccontarlo agli inquirenti: "Mario Audino preciso che era una macchina di soldi, faceva soldi, aveva delle idee, come infatti lui gli è venuto l'idea di toccare Gianni Foti, il presidente della Re... Lillo Foti, il Presidente della Reggina, di questo Squillaci (la profumeria Squillace, ndr) che avevano delle attività che facevano soldi".

Il racconto di Fracapane, reso, negli anni scorsi, al dottor Franco Scuderi, oggi avvocato generale dello Stato, e a Luigi Silipo, adesso capo della Squadra Mobile a Torino, è piuttosto dettagliato:

Fracapane Giovanni Battista: Allora preparo una testa di morte, gli faccio la lettera.
Dott. Silipo: Testa di?
Fracapane Giovanni Battista: Di un vitello morto, gli faccio una lettera, questa se l'è vista tutta l'Audino, la testa dice me la faccio dare da Nino Malara, che con lui era molto amico, dice e lo prendiamo di paura, perché sapete a certi livelli non è che va e dice mi deve dare i soldi, dice poi trovo qualche amicizia, perché risultava che il fratello dell'Audino camminava ogni tanto con Lillo Foti, col fratello più piccolo, dice ma vediamo se poi troviamo un'amicizia per concludere questa estorsione, perché non si può andare là e dire sapete mi devi dare i soldi, sapete mi devi dare quello. Qui si andava un pochettino delicato, ma così è stato, come infatti si è trovato la testa del vitello, la lettera e s'è fermato tutto là, e il fatto di Squillaci gli ha detto il De Stefano.

Nel maggio 1999, infatti, nell'androne del palazzo che ospita la sede legale della società dei fratelli Foti, viene posto un cesto con una testa di bovino mozzata e una bambola di pezza con inchiodata una lettera dattiloscritta intimidatoria con la richiesta di 200 milioni di vecchie lire. Nel corso del processo "Meta", l'ex killer dei De Stefano, Nino Fiume, parlerà di quell'Antonino Malara (che verrà assolto da ogni accusa), commerciante attivo nel settore della macellazione, che sarebbe stato molto vicino allo stesso Mario Audino: "Nino Malara era rispettato da tutti, la testa di vitello per Lillo Foti la prendemmo da lui e tagliammo le orecchie per nascondere la provenienza".

Ed è proprio Nino Fiume, che vivrà per anni gomito a gomito con il boss Peppe De Stefano a fornire una traccia agli inquirenti circa i rapporti di frequentazione che B. M. [OMISSIS], uomo di spicco all'interno dello studio MGIM dell'ex Nar Lino Guaglianone, avrebbe avuto con diversi tesserati della Reggina: "Era un ragazzo spendaccione, nel senso che offriva a tutti, che si vestiva bene, che vestiva solo firmato, che era inserito in alcuni ambiti questo lo ricordo, che non era avvocato e noi lo chiamavamo avvocato, che non ricordo se era ... forse tramite Ezia Morabito l'ho saputo questo, non mi ricordo ... Ezia è la figlia di Morabito il gioielliere, quella che si è sposata con Baronio, poi, della Reggina Calcio, era in questa comitiva ... era il periodo che c'era pure Pirlo, quello che ha fatto il gol l'altro giorno, nella stessa comitiva c'era pure Andrea Pirlo, si questi qua". E l'informativa della DIA nell'ambito dell'indagine "Breakfast" va proprio a riscontrare le dichiarazioni di Fiume riferite a M. [OMISSIS]: "Corrisponde al vero anche la circostanza che M. [OMISSIS] negli anni 99\2000 frequentava i calciatori della Reggina Calcio. Infatti nella rubrica del Blackberry di B. M. [OMISSIS]" erano memorizzate "le utenze dell'allenatore Franco Colomba e dei calciatori Roberto Baronio, Francesco Cozza, Giandomenico Mesto, Simone Giacchetta, Ezio Brevi, Emanuele Belardi, Andrea Bernini ed Andrea Pirlo. Ma il dato estremamente significativo è dato dalla circostanza che a distanza di dieci anni M. [OMISSIS] intrattiene tuttora contatti con alcuni dei citati calciatori" scrive il vicecomandante della DIA, Nando Papaleo. Le intercettazioni telefoniche daranno la prova dei contatti con il campione del mondo Andrea Pirlo e con l'attuale direttore sportivo della Reggina, Simone Giacchetta. Nella seconda metà del 2011 e per diversi mesi del 2012 saranno diversi i contatti tra B. M. [OMISSIS] e l'ex centrocampista amaranto Ezio Brevi. Rapporti amichevoli, soprattutto di sfottò. Al pari di quelli mantenuti con l'ex portiere amaranto (con un passato anche nella Juventus) Emanuele Belardi, con cui M. [OMISSIS] organizzerà anche una cena: "Andiamo alle 20.30 ci vediamo al Momo" e commenterà scherzosamente le attività sul social network Facebook.

A proposito di Facebook.

La foto di riferimento dell'articolo è tratta proprio dal social network e risale a pochi anni fa. A posare, tra gli altri, Dimitri De Stefano, fratello minore del boss Peppe De Stefano, un personaggio finora rimasto fuori da dinamiche criminali: "[...] conoscono, praticamente frequentano tutti, tutta la gente, la Reggio-Bene, conoscono avvocati, conoscono notai, figli di notai, figli di avvocati [...] C'è Dimitri non lo vede mai con un Fracapane per dire, oppure uno come me, Dimitri sempre, u viri parlare cu' figghiu du' nutaio, cu' figghiu du' dottore, cu' figghiu di l'avvocato" dice il collaboratore di giustizia Roberto Moio, nipote del superboss Giovanni Tegano.  Insomma Dimitri De Stefano, si sarebbe limitato, nel tempo solo a riportare qualche "ambasciata". Un membro della famiglia ritenuto lontano da certi giri, con le mani pulite, e tanti buoni amici. Su quella barca c'era anche Rocco Simonetta, la cui famiglia (che gestisce un'agenzia viaggi tra le più note in città) subirà – quasi in concomitanza con l'intimidazione a Lillo Foti – un danneggiamento tramite l'esplosione di un ordigno. Ma non passa certo inosservata la presenza dell'ex difensore della Reggina, Bruno Cirillo, che successivamente il Presidente Pasquale Foti riuscirà a cedere – con una magia di mercato – all'Inter di Moratti.

Anche in questo caso, la foto testimonia un rapporto amichevole, una giornata di mare tra conoscenti, senza alcuna fattispecie di reato.

Così come non vi è la prova che i rapporti del faccendiere. [OMISSIS], che è indagato per vicende apparentemente distanti dal mondo del calcio, con dei campioni del rettangolo verde siano sfociati in qualcosa di penalmente rilevante. E' significativo, però, lo spaccato sociale che emerge. La tessitura di quei rapporti sociali di primissimo livello che consentono al potere di attraversare ambienti diversi con lo scopo di diversificare gli affari e moltiplicare il prestigio. E non è forse solo una casualità o un errore della giustizia sportiva se la Reggina Calcio, a vario titolo, è rimasta coinvolta nei più gravi scandali degli ultimi anni. Da prima di "Calciopoli" (già nel 2004 si segnalano i primi deferimenti per alcune furbizie nei bilanci) ai giorni nostri. Ed è legittimo porsi degli interrogativi: una grande città del sud, si chiami questa Napoli, Palermo o Reggio Calabria, dove il potere criminale riesce ad indossare maschere sempre più sofisticate, che abbia una squadra che milita ai massimi livelli e i suoi calciatori "amici" (il più delle volte inconsapevoli) dei "consulenti" (con le idee molto chiare) delle cosche di 'ndrangheta, di camorra o di mafia (Fabrizio Miccoli docet), quale tipo di vantaggio può procurare? Di cosa avranno parlato, ad esempio, i calciatori di due squadre diverse che si incontrano la sera prima di uno degli ultimi turni della stagione di Serie A "2008/2009" tanto da spingere un noto rampollo di una famiglia di 'ndrangheta a scommettere in diversi bet-point della Città, importi di diverse decine di migliaia di euro su una vittoria certa della squadra di casa? Pare che la "soffiata", però, non fosse buona e che i gestori dei centri scommesse abbiano faticato non poco per recuperare le somme che il giovane avrebbe puntato "sulla parola".