“Mi dicevano che Lo Giudice avrebbe ritrattato”. Scrive il pentito Napoletano

letteranapoletanodi Claudio Cordova - "Quando alla fine di maggio sono stato aggredito nella mia cella (in presenza di un altro collaboratore che può confermare) loro mi dicevano che il Lo Giudice avrebbe ritrattato tutto e mi invitavano a ritrattare tutto e accusare voi, i PM, ma in particolare accusare il dott. Pignatone. Ma come facevano a sapere già a fine maggio che il Lo Giudice avrebbe ritrattato?". La sua attendibilità dovrà essere saggiata dalle Procure di Perugia e Catanzaro, ma le parole messe nero su bianco dal collaboratore di giustizia Massimo Napoletano mostrano nuovi dubbi e alimentano nuovi misteri sull'oscura scomparsa di Antonino Lo Giudice, di cui si sono perse le tracce dell'inizio di giugno contestualmente alla divulgazione di un memoriale in cui il "Nano" ritratterà tutte le precedenti accuse lanciandone di nuove ai pm della Dda di Reggio Calabria, circa presunte pressioni effettuate nel corso della collaborazione, iniziata nell'ottobre 2010, al fine di infangare alcuni personaggi, tra cui il giudice Alberto Cisterna.

IRROMPE NAPOLETANO

Adesso, però, le dichiarazioni di Napoletano, pentito di origine pugliese, se confermate potrebbero aprire nuovi scenari. Sulla lettera del collaboratore – datata 3 luglio – indagano le Procura di Perugia e Catanzaro: le accuse del memoriale di Lo Giudice ai magistrati Giuseppe Pignatone (procuratore capo di Roma) ai pm Michele Prestipino e Beatrice Ronchi (attualmente a Reggio Calabria) e all'ex capo della Squadra Mobile, Renato Cortese, hanno "spacchettato" le inchieste. Sulla scrivania del procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, sono rimaste solo le carte che riguardano la scomparsa di Lo Giudice e gli eventuali collegamenti che il "Nano" potrebbe aver nuovamente allacciato con gli ambienti criminali. Le affermazioni di Napoletano sono comunque note a Cafiero de Raho e forse costituiscono una parte di quegli elementi che lo hanno portato a parlare di "strategia" con riferimento alla scomparsa e alle affermazioni di Lo Giudice, l'uomo che, prima di scomparire, si accuserà (per circa due anni e mezzo) degli attentati alla magistratura reggina operati nel corso di tutto il 2010.

Già in passato. Napoletano aveva reso dichiarazioni sull'affaire Cisterna-Lo Giudice, parlando di un presunto complotto ai danni dell'ex numero due della Dna, trasferito a giudice civile di Tivoli in seguito a un'indagine (poi archiviata) per corruzione in atti giudiziari.

E se negli scorsi mesi Napoletano diventerà un simbolo per chi, fin dall'inizio, griderà alla congiura di cui si sarebbe fatto strumento Nino Lo Giudice, ora c'è qualche dato in più. Nella missiva indirizzata al sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Beatrice Ronchi e al magistrato di Roma, Cristiana Macchiusi, Napoletano fa dunque riferimento a un'aggressione che avrebbe subito nei giorni antecedenti alla scomparsa di Lo Giudice da parte di alcuni detenuti che sarebbero già stati a conoscenza della volontà del "Nano" di ritrattare: "Ma come facevano a sapere già a fine maggio che il Lo Giudice avrebbe ritrattato?" si chiede Napoletano. Le sue affermazioni lascerebbero presagire un disegno più articolato: "Come vede sono loro che obbligano il Lo Giudice a dire ciò che sicuramente per paura o per essere lasciato in pace è sceso a compromessi con loro".

letteranapoletanobis"LORO"

Nella lettera del 3 luglio, Napoletano fa riferimento a un'aggressione subita in carcere, limitandosi a un generico "loro". Le precisazioni, però, erano arrivate già quindici giorni prima, il 14 giugno 2013, allorquando il legale di fiducia di Napoletano, l'avvocato Loredana Gemelli, invierà ai magistrati Ronchi e Macchiusi una missiva urgente. In quella lettera, l'avvocato Gemelli farà riferimento a un colloquio avuto con il proprio assistito, che si sarebbe presentato "pallidissimo e con un'espressione molto spaventata". Ed è proprio nelle righe successive che quei soggetti definiti da Napoletano come "loro" acquisterebbero un'identità: "Riferiva di essere stato aggredito da altro detenuto, tale Stracuzzi Antonio, e voler essere trasferito in quanto preoccupato seriamente per la propria incolumità e per tale motivo si era messo a fare lo sciopero della fame da cinque giorni". Nella vicenda, però, stando allo scritto dell'avvocato Gemelli, entrerebbero anche altri detenuti di Napoletano, tra questi anche un tale Antonio Cutolo che, secondo quanto si apprende, sarebbe legato da vincoli di parentela con il celebre boss della Nuova Camorra Organizzata, Raffaele Cutolo: "Il Napoletano riferiva a questo difensore – prosegue l'avvocato Gemelli – di essere stato anche avvicinato da Cutolo Antonio, il quale gli aveva fatto vedere una lettera ricevuta dal carcere di Ivrea da tale Palumbo Guglielmo inviata a Cacace Roberto, nella quale veniva evidenziato che bisognava immediatamente aggredire il Napoletano per convincerlo a ritrattare le dichiarazioni rese alla Procura calabrese e a quella di Roma". Scorrendo i due fogli firmati dall'avvocato Gemelli, però, arrivano nuovi, inquietanti, particolari: "Tale aggressione doveva essere posta in essere in quanto il Napoletano doveva allinearsi alle ritrattazioni del Lo Giudice, sostenendo di essere stato convinto a dire delle cose non vere dai magistrati".

Dov'è finito Nino Lo Giudice? Nelle scorse settimane, il procuratore Cafiero de Raho dichiarerà ufficialmente di essere a conoscenza del fatto che il "Nano" fosse ancora vivo. Una certezza che sembra non accompagnare Napoletano: "Spero solo che sia lontano, ma da come ne parlavano sembravano sicuri che voi non lo avreste più trovato, e questo pensiero mi preoccupa, mi dispiacerebbe tanto per lui".

L'AVVOCATO GEMELLI

Proprio a questo punto si incastra una storia nella storia. Quella che riguarda l'avvocato Loredana Gemelli, difensore di diversi collaboratori sparsi per tutta l'Italia. Secondo quanto si legge nel carteggio con i magistrati di Roma e Reggio Calabria, a Napoletano sarebbe stato intimato di cambiare avvocato difensore, nominando "una donna che attualmente difende Cutolo Antonio, Cacace Roberto e Stracuzzi Antonio, ristretti nel carcere di Vercelli". Pressioni che Napoletano avrebbe ricevuto, oltre che da Cutolo, anche da Cacace, da Stracuzzi e da altri due soggetti, Giampaolo Monaco e Stefano Ghislandi.

Pressioni, quelle che avrebbe subito Napoletano, che riguardano dunque sia le dichiarazioni che entrerebbero in quella "guerra tra toghe" ormai sempre più evidente, ma che andrebbero a toccare anche l'incolumità dell'avvocato Gemelli, che da quel momento presenterà diverse istanze in cui solleverà le proprie preoccupazioni alle autorità competenti. E se, da un lato, i magistrati Ronchi e Macchiusi si dimostreranno piuttosto ricettivi all'allarme, minore attenzione avrebbero dimostrato le forze dell'ordine di Torino, luogo d'origine dell'avvocato Gemelli. Stando a quanto si apprende, dunque, diversi sarebbero stati i riferimenti a presunti incidenti che avrebbero potuto coinvolgere o i parenti di Napoletano o la stessa avvocatessa Gemelli, ritenuta evidentemente non avvicinabile dai detenuti che si sarebbero scagliati contro Napoletano. Proprio l'uomo, quasi 44enne, nella lettera del 3 luglio non nasconderà la propria paura circa la condizione del proprio avvocato, chiedendo "tempestive modalità di sicurezza nei confronti del mio legale". Alla luce degli incontri/scontri che avrebbe avuto in carcere, Napoletano dirà chiaramente: "Temo per la sua incolumità, ho realmente paura per lei".

L'avvocato Gemelli (del foro di Torino) di settimana in settimana gira in lungo e in largo la Penisola, assistendo numerosi collaboratori di giustizia. Lo fa senza alcun tipo di protezione, nonostante l'allarme lanciato da Napoletano. Nelle diverse lettere spedite dall'inizio di giugno a oggi, lo stesso legale ha palesato la propria preoccupazione, chiedendo l'intervento delle Istituzioni. Anche alla luce di quanto scriverà il proprio assistito, Massimo Napoletano: "Spero che possiate far sì che il mio legale possa stare tranquilla ed essere tutelata, poiché questa gente non ha paura di nessuno e non hanno nulla da perdere. Io ho consigliato al mio legale di prendere il porto d'armi e di essere sempre accompagnata".

INTRIGO NAZIONALE

A essere coinvolte, dunque, sono tre Procure: Perugia, Catanzaro e Reggio Calabria. Già nelle scorse settimane, i vertici dei tre uffici hanno fatto il punto della situazione e negli incontri è emersa la vicenda del pentito Napoletano. Parole gravi, quelle di Napoletano, che la stessa avvocatessa Gemelli afferma di aver riferito subito alle autorità: "Il sottoscritto difensore, dopo aver ascoltato quanto riferito, contattava immediatamente il comandante del carcere, riferendo quanto appreso dal Napoletano e chiedendo che venisse preso a verbale e di valutare concretamente la possibilità di farlo trasferire".

Affermazioni che coinvolgono magistrati, forze dell'ordine, ma che andrebbero a incidere sensibilmente anche sull'incolumità di altre persone, tra cui, ovviamente, lo stesso Massimo Napoletano, nonché il suo avvocato, Loredana Gemelli.

Dichiarazioni che, va detto, sono già da tempo al vaglio delle Procure di Perugia e Catanzaro: lì andranno trovati i riscontri, senza prenderle per buone a prescindere. Ed è evidente che da questo e da altri riscontri dipende direttamente la presunta credibilità del memoriale firmato da Nino Lo Giudice.