- di Alessia Candito - È quasi un feuilleton da Montecchi e Capuleti nati ad Archi Cep o da Promessi Sposi in salsa reggina, quello raccontato al gip del Tribunale di Milano, Giuseppe Gennari, da Maria Valle, figlia del patriarca Francesco Valle e moglie di Francesco Lampada, il figlio cadetto di un'altra famiglia di ndrangheta che ha fatto fortuna fra le nebbie di Milano. Il loro matrimonio, celebrato con estremo sfarzo al Villa d'Este di Cernobbio, sul lago di Como, ha sancito – secondo i magistrati – non solo l'unione fra due ragazzi, ma fra due delle più potenti famiglie di ndrangheta di tutto il Nord Italia. E all'epoca, a dare la benedizione, alla coppia di sposi novello - come da tradizione - c'era anche il gotha delle ndrine reggine. Nell'elenco degli ospiti figuravano allora Giovanni Barillà, genero di Pasquale Condello e lo stesso figlio del superboss Domenico Francesco Condello, Paolo Martino, cugino prediletto del defunto capomafia Paolino De Stefano, che del clan è secondo gli inquirenti è il Ministro del Tesoro al Nord, ma ci sono anche due uomini della famiglia Papalia, i figli del boss Antonio, Pasquale e Domenico. Si sono dati tutti appuntamento nel tempio silenzioso della buona borghesia lombarda – lì dove ogni settembre si danno appuntamento banchieri, ministri e capi di stato – per ratificare un'alleanza che da Milano a Reggio Calabria ha un significato politico e strategico estremamente preciso nella geografia delle ndrine. I Valle e i Lampada, oggi per i magistrati fondamentalmente uniti in un unico clan, sono rispettivamente espressione dei De Stefano e dei Condello, le ndrine che hanno insanguinato Reggio e provincia nel corso della seconda guerra di mafia, per poi - qualche anno e settecento morti dopo - sedersi al tavolo per spartirsi equanimemente la città. Ma per Maria Valle, tutto questo non esiste. Il suo – dice a un perplesso gip Gennari – è un matrimonio d'amore. "Io sono innamorata di mio marito dottore da quando avevo 9 anni, E questo ci tengo a precisarlo, sono innamorata di mio marito". Un 'unione che sarebbe stata addirittura osteggiata dal patriarca Francesco Valle che sognava per la figlia un destino da donna in carriera "Per quanto riguarda la nostra, di unione, ci tengo che all'epoca, quando ci siamo fidanzati io e mio marito, mio padre non voleva questo fidanzamento. Non per altro, ma perché lui auspicava per me, io sono sempre andata a scuola. Dottore, sono diplomata al Liceo Scientifico con un buon punteggio, eccetera eccetera, voleva che io mi laureassi, che facessi la vita professionale, non la casalinga. Il matrimonio tra me e mio marito non è stato voluto da mio padre nella maniera, più assoluta". Prima di diventare la pluripregiudicata moglie di Francesco Lampada, a ventisei anni già madre di due figli, l'ultimogenita del clan Valle – racconta chi l'ha conosciuta ai tempi del liceo di Bareggio- era davvero la prima della classe. Seria, anche troppo, poco socievole, ma sempre presente a scuola, precisa, un punto di riferimento per gli insegnanti. Sognava la facoltà di medicina e una carriera da medico. Ma poi, un giorno Maria arriva in classe con una fedina al dito e una tristezza nuova. Inspiegabilmente, salta la gita di fine anno che pure aspettava con ansia e di cui aveva già pagato la quota, dopo qualche mese di diploma con profitto e poi sparisce. Nessuno sa più nulla di lei fino a quando non si riaffaccia dalle prime pagine delle cronache locali e nazionali come signora Lampada, portata via in manette nell'ambito dell'operazione della Dda di Milano contro il clan Valle. Maria, per gli inquirenti, è una donna di ndrangheta, pienamente consapevole degli affari e dei malaffari in cui la sua famiglia è coinvolta. E ai quali ha consapevolmente sacrificato anche la sua felicità coniugale. Ed è proprio per questo – forse – che questa è la prima cosa che di fronte al gip Gennari tenta di negare, la prima cosa che dice quando si presenta di fronte al magistrato per essere interrogata. "Io non avrei mai permesso a nessuno, neanche a mio padre di dirmi chi ti devi sposare e chi ti devi prendere. Nella maniera più assoluta, Dottore. Mi sono sposata con mio marito solo ed esclusivamente perché ne sono innamorata e ne sono innamorata da sempre. E questa era l'importantissima premessa che volevo farle". Nella storia raccontata da Maria Valle, le due famiglie non sarebbero divise solo da attuali rivalità commerciali, ma anche e soprattutto da antiche divisioni di classe "Il padre di mia suocera racconta Maria al magistrato - era grande proprietario terriero, discendente da una famiglia nobile all'epoca, 1900, aveva ereditato grossissimi appezzamenti di terra, i famigliari erano chi magistrati, chi avvocati, insomma, erano persone con un determinato livello culturale. Di contro i famigliari di mio nonno avevano l'onta, tra virgolette, per l'epoca, di essere mia nonna dice "figli delia Madonna", nei senso che non se ne conosceva da una parte paternità e maternità". È questo quello che Maria Valle vuole assolutamente chiarire al magistrato, che si sentirà raccontare anche che a dividere le due famiglie ci sarebbe stata anche la "fuitina" dei rampolli Valle-Lampada che per primi hanno sancito l'unione delle due famiglie, Leonardo Valle e Maria Concetta Lampada. Circostanza che Maria racconterà con dettagli, precisazioni e tanti "lo giuro", un fiume in piena che si esaurisce in un arido "non so" quando è il pm a cercare risposte. Ma di fronte alle domande del gip, che la incalza sui pagamenti che la donna predisponeva per ordine del marito, o sulle conversazioni che ne dimostrano il ruolo esecutivo e di tutto rispetto all'interno del clan, Maria è un muro. No, lei non sapeva a chi fossero destinati i 50mila euro destinati a Mongelli, o quelli che il cognato Giulio Lampada avrebbe ritirato per poi girare al consigliere regionale Franco Morelli. Occhi bassi, forse una scrollata di spalle, Valle sembra recitare il ruolo dell'eterna comprimaria, mera esecutrice di ordini altrui di cui poco o nulla si interessa "Quello che io le voglio far capire è questo ed è un concetto lineare me è stato chiesto di preparare quella somma di denaro, okay, io non so a chi andava recapitata quella somma di denaro", cerca di sostenere con ingenuità quasi ostentata la donna. Forse troppa, per il gip Gennari, che nel corso dell'interrogatorio sbotta "E allora se Lei è semplicemente come un fantoccio a disposizione dei suoi familiari, per carità...". Per il giudice, semplicemente Maria Valle non può non essersi resa conto di quale fosse il fine ultimo delle sue azioni. "Lei tiene tutta una serie di comportamenti che io posso anche credere che Lei sia di totale ingenuità – sbotta Gennari - e non si renda conto del mondo che la circonda ma tiene tutta una serie di comportamenti che, abbia pazienza se glielo dico, ma solo una persona che vive sulla luna non si rende conto che sono comportamenti anche possibilmente spia di condotte illecite- dice quasi esasperato Gennari - Io questo francamente glielo dico e questo è il mio pensiero, dopo di che se Lei dice:"Iosono lì, non so che cosa faccio,non faccio niente, quello mi chiede 50.000 e li preparo, a quell'altro gli devo dare 50.000 e li preparo, non chiedo nulla, non so nulla, nessuno mi dice niente". Io prendo atto, signora Valle, però le dico francamente mi sembra un po' strano". Ma Maria Valle non cede. Il ruolo cui si è consacrata è quello della moglie innamorata e devota, che nella famiglia ha la sua alba e il suo tramonto e che a questa tutto riconduce. Anche quelle conversazioni intercettate che disegnano per lei un ruolo da complice, più che da comprimaria, del marito Francesco Valle. Insieme al fratello è tornato in Calabria alla ricerca spasmodica delle informazioni sulle possibili indagini che possono riguardare il clan. Le soffiate si accavallano, il consigliere Morelli a Roma ha attivato le sue fonti nei servizi, parlando addirittura con Niccolò Pollari - rivelerà in seguito ai magistrati l'avvocato Vincenzo Minasi - ma è da Reggio che i Lampada sperano di trovare conferme o smentite ai propri timori. Una ricerca spasmodica. Stancante. Che porterà Francesco Lampada a dire alla moglie al telefono "Basta, non ne posso più, torno su". Un'affermazione cui Maria Valle risponde secca "No, a questo punto vedi di stare giù e vedi di acquisire le notizie che devi acquisire". Anche questa una conversazione, per la donna sarà da ricondurre esclusivamente all'economia di un più o meno burrascoso, più o meno canonico rapporto fra giovani sposi. "Non volevo che mio marito me la passasse, proprio a livello tra me e lui, tipo come un contentino, cioè io volevo che lui fosse convinta che stare a casa era la cosa più giusta perché secondo me una famiglia deve stare cioè lui doveva stare accanto a me e accanto ai miei bambini. Io volevo che lui fosse convinto, sono cose a livello sentimentale nostre...". Perché di quelle indagini, secondo quanto Maria racconta al magistrato, all'epoca non sapeva nulla, temeva anzi che quelle trasferte fossero scuse per allontanarsi dalla famiglia. Nulla sapeva Maria Valle del rapporto che legava il consigliere Franco Morelli ai fratelli Lampada, o degli affari che insieme stavano programmando. Troppa ingenuità ostentata, troppi "forse, non so, non ricordo" per convincere i magistrati, che sembrano avere tutta l'intenzione di scoprire chi e cosa si celi dietro al personaggio da angelo del focolare, madre e moglie devota, che la ragazzina che sognava di fare il dottore si è – o si è dovuta – cucire addosso.