di Claudio Cordova - "Non vorrei fare il nome a vanvera, se non mi ricordo male si chiama Destro, però non sono sicuro di quello che le sto dicendo". A parlare è l'uomo che avrebbe rivelato alcuni particolari d'indagine alla famiglia Lampada di Milano. E' lui stesso ad ammetterlo davanti al Gip Giuseppe Gennari, nel corso dell'interrogatorio di garanzia, dopo l'arresto, scattato alla fine di gennaio, su ordine della magistratura milanese. Domenico Gattuso, imprenditore 36enne incensurato, sarebbe, secondo Ilda Boccassini e il suo pool di magistrati, la "talpa" su cui i Lampada, mafiosi emigrati a Milano per conto della famiglia Condello di Reggio Calabria, avrebbero contato per accumulare informazioni su eventuali indagini a proprio carico. Una rete di relazioni che Gattuso avrebbe messo in atto sfruttando anche presunte amicizie all'interno delle forze dell'ordine, come quella, sospettata dagli inquirenti, con un'ufficiale dei Carabinieri, cui Gattuso, seppur con diverse incertezze, attribuisce il cognome Destro. Gattuso è stato arrestato nell'ambito della seconda delle tre operazioni che hanno coinvolto, negli ultimi mesi, i soggetti, anche del mondo delle istituzioni, che avrebbero gravitato attorno ai Lampada: alla fine del 2011, infatti, in manette finirono, tra gli altri, il giudice di Reggio Calabria, Enzo Giglio, e il consigliere regionale Franco Morelli. L'ultimo a finire in galera, invece, è stato un altro giudice, Giancarlo Giusti, accusato di corruzione aggravata dalle modalità mafiose.
Già il 30 gennaio, dunque, poco prima dell'ora di pranzo, Mimmo Gattuso, assistito dall'avvocato di fiducia, Giulia Dieni, nel carcere di Milano racconterà, fin dall'inizio, i passaggi che l'avrebbero portato a godere di particolari conoscenze investigative: "Mio padre – dice al Gip Gennari – stava facendo un lavoro in società con un signore di nome Sergi Leone. E continuamente quel periodo mi stressava di non frequentare... era il periodo elettorale della campagna regionale che c'è stato ultimamente, nel 2010 credo che sia... in quel periodo mio padre mi stressava di stare lontano da Giglio Mario (arrestato nella prima operazione della Dda di Milano, ndr), non ho mai frequentato gli altri perché mi avrebbero potuto portare problemi, in quanto persone soggette a controlli". Una raccomandazione sulle frequentazioni. Una come tante, rispetto a quelle che, giornalmente un padre dà a un figlio: "Mio padre non mi disse mai all'inizio chi fosse, chi gli avesse dato questa notizia, io lo stressai talmente tanto che un giorno mi disse che fu Sergi Leone. Di fatto Sergi Leone – continua Gattuso – ha un socio che non so quello che è dentro i Carabinieri, e ha un socio, hanno comprato un terreno per fare delle ville familiari per loro stessi a Gallina. Deve essere uno importante, per come me lo hanno descritto".
Un'affermazione che fa il paio con quelle dell'avvocato Vincenzo Minasi (arrestato sul finire del 2011) sulla scorta delle quali Mimmo Gattuso finirà in carcere: "E questo Gattuso in un primo momento non avevo capito, o meglio non avevo saputo, o meglio non mi era stato detto da chi era fonte, lo scoprirò in un momento successivo, quando si parlò del Colonnello dei ROS che praticamente era in società con il padre di questo Gattuso". Il Carabiniere che avrebbe rivelato alcuni particolari d'indagine si chiamerebbe, secondo il ricordo appannato di Gattuso, Destro: "Non so se è un soprannome o altro, non ho idea".
Ma Gattuso tira in ballo un altro uomo, Lillo Caridi, attualmente in carcere, fratello di Santo, Bruno e Nino Caridi, quest'ultimo genero del defunto boss Mico Libri. Gattuso avrebbe incontrato Caridi a Reggio Calabria, nei pressi di un istituto bancario: "Questo signore mi racconta praticamente tutte queste cose che... cioè che praticamente, che era stato a Milano, che praticamente Giglio e i Lampada erano terrorizzati in questo momento perché c'era in corso sia un'indagine dello Sco a Roma, per quanto riguarda la cena di Alemanno (incontro elettorale svolto al Cafè de Paris di Roma alla presenza anche del consigliere regionale Morelli, ndr)". La paura dei Lampada di essere coinvolti in indagini è un tratto caratteristico, confermato da tutti gli indagati che i magistrati di Milano hanno ascoltato nel corso di questi mesi: "Perché anche a Reggio – continua Gattuso – c'erano delle indagini che li riguardavano, nella grossa operazione che stavano preparando, che poi è stata definita operazione Meta".
A suo dire Gattuso sarebbe stato incitato più volte a raccogliere informazioni riservate dal fantomatico Carabiniere Destro: "Di fatto – dice Gattuso al Gip Gennari – io da questo signore, che non voglio mettere in mezzo, di fatto non ci sono mai andato, A, perché mi spaventavo che al momento che io andassi a chiedere informazioni mi potesse lui stesso denunciare; B, perché sia il signor Leone Sergi, sia questo signore, io li conosco come persone corrette, che non avrebbero mai fatto una cosa del genere".
Gattuso, dunque, che avrebbe sperato di allontanarsi da Reggio dove, con la ditta gestita insieme al padre, avrebbe subito diverse intimidazioni, avrebbe tentato di tranquillizzare i Lampada solo per liberarsi della loro insistenza, derivata dall'ossessione di essere arrestati: "Io volevo scappare da Reggio fondamentalmente e ho combinato tutto questo casino" dice al Gip Gennari. Diversi i soggetti organici alle forze dell'ordine che, comunque, avrebbero gravitato attorno all'universo della famiglia Lampada. Alcuni finanzieri, peraltro, verranno proprio arrestati per collusione con il clan: "Giulio (Lampada, ndr) mi disse che aveva dei rapporti all'interno della Guardia di Finanza – racconta Gattuso – e che una sera verso... dove c'è il locale, corso Como, questi avevano attuato un posto di blocco [...] e praticamente che lui si fermò lì con loro e addirittura gli fecero mettere la casacca della Guardia di Finanza per fare il fermo delle macchine".
Un sistema del quale però Gattuso nega di aver fatto parte: "Le posso garantire che io sapevo che se andavo a chiedere informazioni avrei commesso un reato, e comunque sono stato un opportunista, ho utilizzato i Lampada allo scopo di poter partecipare a questo bando di gara (relativo ai Monopoli di Stato), per avere un avvenire diverso [...] Perché ho combinato un casino nelle indagini, tutto quello che volete, e vi chiedo veramente scusa di questo. Ma non l'ho fatto con lo scopo di favorire nessuno, perché non sono andato di proposito a chiederlo, ma l'ho fatto solo con lo scopo... sono stato un opportunista, cioè, uno stupido opportunista, che mi sono incasinato". La cosa che, comunque, appare assai strana è la quantità di informazioni a disposizione dei soggetti coinvolti, a vario titolo nell'indagine "Meta", la cui parte milanese è stata stralciata al momento degli arresti, avvenuti nel giugno 2010. Circa sei mesi prima infatti, a gennaio, più di una persona era a conoscenza, del coinvolgimento, nelle dinamiche riguardanti la cosca Lampada, del consigliere regionale Franco Morelli, poi effettivamente tratto in arresto: "L'ho appreso sin da subito il fatto di Morelli, da Mario Giglio – dice Gattuso – era il periodo di gennaio del 2012 mi dice che praticamente in questa indagine sicuramente c'era stato anche Morelli e che a sua volta aveva avuto informazioni da un suo amico". Informazioni vitali che i Lampada avrebbero tentato di ottenere da chiunque, anche dal giudice Enzo Giglio, che incontreranno proprio all'interno della sua abitazione, nella centralissima via Tommaso Campanella a Reggio Calabria: "Mi è sembrato realmente strano che potesse cadere in tutto questo casino – dice Gattuso – per cui io chiesi a Mario se è vero il discorso del giudice, e Mario mi disse che lui andò una sola volta, insieme ai Lampada e che in quell'occasione parlarono di politica, in particolare di Gigi Fedele".
Uno dei particolari più inquietanti, però, Gattuso lo racconta su Vincenzo Giglio, medico, cugino omonimo del magistrato, anch'egli arrestato alla fine del 2011. Stando alla ricostruzione che Gattuso fa, sollecitato dal Gip Gennari, il medico Giglio avrebbe goduto di un canale privilegiato con il mondo dei servizi segreti: "Io che lui aveva un canale all'interno... però non so neanche se esistono, ha capito, i Servizi Segreti. So che aveva una persona a cui si riferiva, che era all'interno dei Servizi Segreti, però io non so neanche se esistono i Servizi Segreti, questo le voglio far capire". A parte il comprensibile timore di Gattuso, anche solo a nominare le due paroline magiche, "servizi segreti", è piuttosto interessante il riferimento che l'uomo fa all'indagine "Meta", funestata da alcune, al momento inspiegabili, fughe di notizie, come emerso, alcune settimane fa, nel corso della testimonianza, in dibattimento, del Colonnello dei Carabinieri, Valerio Giardina: "Nel periodo delle indagini "Meta" – ricorda Gattuso – gli dissero (a Vincenzo Giglio, medico, ndr) – che all'interno del computer nello studio legale ci fosse una microspia, e l'hanno trovata".