Progetto integrato di Mortara (RC): nelle carte gli anni delle “complicità interne”

mortara centroagroalimentaredi Claudio Cordova - Era una delle opere pubbliche più importanti del "Decreto Reggio", il pozzo senza fondo cui ha attinto, per anni, il Comune di Reggio Calabria. Col passare del tempo, dopo i brusii, i dubbi, sul Centro Integrato di Mortara iniziano a venire a galla alcuni particolari che alimentano più di un sospetto sulle procedure riguardanti il progetto che avrebbe previsto la costruzione del mercato alimentare, del mattatoio, della sede ATAM e del canile municipale. A riaccendere il fuoco delle perplessità è stata Confindustria Reggio Calabria che, in meno di una settimana, ha infranto il muro del silenzio, sollevando la questione, in modo assai duro, sia con riferimento all'appalto e ai lavori, ma anche riguardo alle tappe giudiziarie che nasceranno dalla controversia tra l'azienda capofila dell'Associazione Temporanea d'Impresa, la Lafatre S.r.l., e l'Amministrazione Comunale di Reggio Calabria.

Il 3 luglio scorso, Confindustria ha affidato i propri dubbi a una lettera al Prefetto Vittorio Piscitelli e al coordinatore della Commissione Straordinaria, Vincenzo Panico: "La vicenda appare emblematica di un certo modo di gestire le risorse pubbliche, ma più di tutte allarma per l'enormità del danno erariale, per il rischio che  le casse pubbliche vengano letteralmente depredate da soggetti senza scrupoli, per la possibilità – che appare quasi un'"evidenza" – che tale operazione sia stata agevolata da inadempienze, se non peggio da complicità interne". Parole che non hanno bisogno di interpretazioni, motivate dalla notizia divulgata dalla stessa associazione degli industriali, di un lodo arbitrale – addirittura, esecutivo – che abiliterebbe la ditta a riscuotere oltre 25 milioni di euro. Tutto questo a fronte dell'incompiuta dell'opera, del mancato collaudo delle parti completate e dell'abbandono del cantiere da parte della Lafatre senza definire il dovuto con i locali fornitori di beni/servizi. Pochi giorni dopo, nel corso della propria relazione annuale, il presidente di Confindustria Reggio Calabria, Andrea Cuzzocrea, sarà ancora più duro: "Mi domando: nella questione del Centro integrato di Mortara, in cui l'impresa ha ottenuto una cifra milionaria ancora prima di iniziare i lavori, che poi ha realizzato solo parzialmente ed in malo modo, per poi farsi riconoscere all'esito di un lodo arbitrale di dubbia legittimità qualcosa come 26 milioni di euro, siamo sicuri che la legge sia stata rispettata?".

Parole gravi, soprattutto perché pronunciate alla presenza del Procuratore della Repubblica, Federico Cafiero de Raho. Ma a parte le parole di Confindustria, è soprattutto nelle carte che è possibile rilevare diversi passaggi piuttosto strani.

A cominciare dalle modalità con cui la Lafatre di Frosinone (di Patrica, per la precisione) "entrerà" nel cantiere di Mortara. La ditta laziale subentrerà alla ditta "C.G.P. Costruzioni", nel frattempo fallita. La Lafatre si metterà dunque a capo dell'ATI in cui sarà presente anche la ditta Cofor dei fratelli Guarnaccia, ritenuta fin dall'indagine "Olimpia" in odor di 'ndrangheta e coinvolta (ma uscita pulita) anche nell'inchiesta "Arca" sugli appalti dell'autostrada A3 che parlerà di "connotati espressamente mafiosi" all'interno dell'azienda.

Per la Lafatre, scendere da Frosinone a Reggio Calabria deve essere stata una pacchia.

Nonostante le ripetute segnalazioni della Direzione dei Lavori, alla ditta sarà sostanzialmente permesso di fare di tutto. Eppure le missive arriveranno (ma rimarranno senza risposta) al Responsabile Unico del Procedimento pro tempore, architetto Domenico Macrì, al Responsabile Unico del "Decreto Reggio", architetto Gianni Artuso, ma anche alla parte politica, l'allora sindaco Giuseppe Scopelliti e il vicesindaco Giuseppe Raffa.

Insomma, nessuno potrà mai dire: "Io non sapevo nulla". La stessa Direzione Lavori, nel maggio 2010, non potrà non sottolineare come un po' tutti gli organi preposti – tecnici e politici – abbiano lasciato correre (non è dato sapere per quali motivi) sulle presunte inadempienze della Lafatre: "La D.L. ha più volte segnalato e contestato nel periodo contrattuale, senza registrare attenzione, la scarsa produttività dell'A.T.I. e l'inadeguatezza delle risorse umane e materiali impegnate. Al contrario, la produttività e l'organico sono andati a ridursi con il progredire del tempo". Tuttavia, nel corso degli anni, diverse saranno le richieste dell'ATI di "rimpolpare" le casse. Tutti passaggi messi nero su bianco dalla Direzione Lavori: Nel mese di maggio 2007, dopo oltre 1 anno dalla scadenza contrattuale, le imprese associate dell'A.T.I., congiuntamente, chiedevano all'Amministrazione di vedersi l'incremento della quota di appalto assegnata alla Cofor che aveva raggiunto il limite contrattuale previsto nella misura del 20%. Tale richiesta era motivata dalla necessità di sopperire ai limiti organizzativi ed operativi della capogruppo Lafatre".

Tanti, troppi, soldi quelli richiesti dall'ATI. E la Direzione dei Lavori informerà tempestivamente il sindaco Scopelliti: In data 29 febbraio 2008 la Direzione Lavori informava l'Amministrazione che l'ammontare degli indennizzi richiesti dall'A.T.I. aveva superato il limite per il quale occorreva valutare l'eventualità di attivare procedure di definizione del contenzioso maturato". In ultimo, la Direzione dei Lavori dirà chiaramente all'Amministrazione Comunale di Reggio Calabria, il progetto di Mortara è diventato un gioco a perdere: "Si ritiene non più conducente per gli interessi dell'amministrazione accettare che le legittime disposizioni impartite all'A.T.I. dalla Direzione Lavori e dagli organi che hanno ruoli contrattualmente definiti vengano regolarmente disattese; spesso, invece, vengono opposti ipotetici e indefiniti impegni assunti nel corso di riunioni ed incontri con rappresentanti dell'Amministrazione e con rappresentanze di categorie, ignorando il ruolo e la responsabilità che la legge assegna alla Direzione dei lavori, la quale è stata sempre disponibilissima a valutare e recepire le legittime istanze provenienti dall'Amministrazione committente".

E però, nonostante gli appelli della Direzione dei Lavori, nulla cambierà. Già a partire dal subentro della Lafatre nell'ATI, verranno mosse le prime perplessità: "Non è nota la procedura che l'Amministrazione intende attuare per l'eventuale riavvio dei lavori: l'ipotesi inizialmente coltivata del subentro alle originarie condizioni contrattuali, ammesso che possa essere ancora praticata, è estremamente rischiosa per via dell'antieconomicità attuale della commessa che, a parere degli scriventi, potrebbe trovare interesse solo per una ditta poco attenta o peggio interessata alla commessa ma non alla reale esecuzione del contratto. Resta la sola possibilità del riappalto dei lavori" scriverà la Direzione Lavori che nella stessa nota affermerà: "Infine va considerata la modalità con la quale si deve pervenire alla definizione del prezzo d'appalto: non appare utilizzabile agli scriventi una ipotesi di utilizzazione attuale del Prezzario Regione Calabria con una riduzione del 20%. Ove l''Amministrazione confermasse tale indicazione dovrebbe assumersi l'onere di fornire ai progettisti la motivazione. In conclusione occorre ricontrollare l'intero percorso progettuale e di esecuzione alla luce della intervenuta nuova normativa, aggiornata all'attualità sia per quanto riguarda i materiali e le modalità di calcolo e verifica che per quanto riguarda le attività professionali aggiuntive e le procedure di appalto e conduzione dei lavori".

Parole che resteranno lettera morta.

La Lafatre subentra nell'ATI e inizierà fin da subito ad accumulare ritardi rispetto al termine dei lavori, previsti, da contratto, per il 16 marzo 2006. Quasi subito, peraltro, la ATI inizierà a battere cassa presso l'Amministrazione Comunale il riconoscimento di maggiori costi quantificati nella misura del 15%, per le lavorazioni da realizzare in straordinario notturno. Di lavoro, però, se ne fa poco, sia di giorno, sia di notte. I lavori procedono a rilento e, anzi, si bloccano spesso e volentieri a causa dei diversi stati d'agitazione proclamati negli anni dalle maestranze. E anche quando il cantiere è attivo i sopralluoghi dimostrano la presenza di pochissimi operai all'opera: in alcuni casi si arriverà anche all'insignificante numero di tre unità lavorative attive.

Per diversi anni la Direzione Lavori butterà giù fiumi di parole e di inchiostro per stigmatizzare "come gli impegni contrattualmente assunti fossero stati ampiamente disattesi". Alle numerosissime note della Direzione Lavori, tuttavia, la Lafatre farà quasi sempre orecchie da mercante. E quando risponderà, invece, contesterà tutti gli addebiti mossi perseverando "nel mantenere un atteggiamento di sostanziale disimpegno rispetto ai propri obblighi contrattuali, continuando ad utilizzare un organico operativo e tecnico ed una dotazione di strumenti e macchinari inadeguati in rapporto alle opere da realizzare" come scrive la Direzione Lavori in una relazione particolareggiata al RUP: "L'A.T.I. subentrante, fin dall'inizio delle proprie attività, ha utilizzato un organico operativo e tecnico ed una dotazione strumentale inadeguata in rapporto alle opere da realizzare, manifestando nei fatti, da subito, gli obiettivi che intendeva perseguire, finalizzati più a generare contenzioso che a realizzare le opere per le quali si era contrattualmente e consapevolmente impegnata" è scritto in una missiva della Direzione Lavori.

E il contenzioso in effetti arriverà.

Ma anche in questo caso la Lafatre giocherà sul velluto. L'azienda, infatti, promuoverà un'azione contro l'Amministrazione Comunale relativo al contratto d'appalto da 32 milioni di euro: il Collegio Arbitrale presieduto da Giuseppe Severini (Marco Feroci e Salvatore Scali a latere) chiamato a dirimere la vicenda disporrà una perizia per dirimere diversi quesiti. Il Comune di Reggio Calabria affiderà il caso – assai scottante – all'avvocato Pasquale Melissari, fedelissimo dell'allora sindaco e oggi Governatore Giuseppe Scopelliti. Dopo l'elezione a Presidente della Giunta Regionale di Scopelliti, Melissari diventerà peraltro commissario straordinario dell'Azienda Calabria Lavoro, uno degli Enti più importanti della Regione. Ebbene, a fronte della nomina nelle oltre cento pagine della Consulenza Tecnica d'Ufficio verrà dato atto delle operazioni peritali per rispondere ai quesiti: oltre al CTU del Collegio Arbitrale, la Lafatre si costituirà con due professionisti, un consulente di parte e il patrocinatore (l'avvocato di fiducia, per utilizzare termini più spiccioli). Ma nella relazione di consulenza sarà dato atto della "mancata partecipazione del patrocinatore e/o del consulente tecnico di parte del sindaco del Comune di Reggio Calabria". Insomma, Melissari, a fronte di un mandato così importante (e sarebbe interessante avere qualche indicazione in più sulla parcella percepita) non si sarebbe presentato e non avrebbe nominato neanche un perito di parte che potesse far valere le ragioni del Comune e far risparmiare quattrini all'Amministrazione Comunale.

In buona sostanza, il Comune rinuncerà a difendersi.

Il risultato? La Consulenza Tecnica d'Ufficio riconoscerà come "ammissibili" la maggior parte delle riserve oggetto del contendere: di fatto, insomma, darà quasi sempre ragione alla Lafatre. Per avere il risultato del Lodo Arbitrale basta poi ritornare alla nota stampa di Confindustria di inizio luglio che affermerà di aver appreso che l'Impresa laziale abbia ottenuto un lodo arbitrale – addirittura, esecutivo – che la abilita a riscuotere oltre 25 milioni di euro (molto più di quanto accredita dal Comune la totalità delle imprese di costruzioni). Ricapitolando, dunque, la Lafatre avrebbe gestito in maniera arbitraria il cantiere di Mortara, e avrebbe adesso anche la possibilità di riscuotere ben 25 milioni di euro dalle semivuote casse comunali. E allora riecheggiano le parole, durissime, che la Direzione dei Lavori utilizzerà in uno dei tanti carteggi riservati, in cui tra i destinatari vi sarà anche l'allora sindaco Scopelliti: "Il rapporto con la Committenza è di natura fiduciaria e deve essere, pertanto, improntato alla massima lealtà, chiarezza e correttezza. La Direzione Lavori ritiene di non essere mai venuta meno a tali principi con l'unico obiettivo di tutelare l'interesse dell'Amministrazione e di pervenire al completamento delle opere appaltate nel rispetto delle leggi vigenti. La sensazione, al contrario, è che talvolta si sia determinato un atteggiamento dell'Amministrazione delegittimante per la D.L. e che non sempre, anche inconsapevolmente, si siano realizzate comunioni di intenti, consentendo all'A.T.I. di assumere ruoli di vittima e di difensore civico degli interessi della città. La realtà è chiara ed è ben diversa al solo sforzarsi di leggerla".

Forse potrebbero essere proprio queste le "complicità interne" di cui parla Confindustria. Ma la domanda sorge spontanea: oltre alla ditta Lafatre, chi ci ha guadagnato in tutto ciò?