di Claudio Cordova - Per i collaboratori di giustizia Rocco Musolino, classe 1927, è un personaggio di grande rilievo all'interno della 'ndrangheta da diversi decenni. Lui, però, imprenditore boschivo, risulta allo stato attuale incensurato per reati di mafia, uscendo sempre pulito dalle indagini in cui resterà coinvolto nel corso della propria vita. Il sequestro di beni – 150 milioni di euro tra ditte, terreni, stalle, ville e appartamenti – mette un nuovo punto nella vicenda di "don Rocco". L'indagine condotta dal procuratore aggiunto Michele Prestipino e dal sostituto Stefano Musolino, prende le mosse anche dall'attentato del 23 luglio, di cui Musolino sarà vittima insieme ad Agostino Priolo.
Ma "don Rocco" nei territori di Santo Stefano d'Aspromonte, di Gambarie, sarebbe un personaggio di grande rilievo, già a partire da molto tempo prima: "Lui comanda dal settantaquattro, dal settantatre" afferma il collaboratore di giustizia Paolo Iannò, ex braccio destro di Pasquale Condello, il "Supremo".
"La contiguità funzionale alla 'ndrangheta doveva ritenersi esistente fin dai primi anni '70" è scritto nelle carte d'indagine. Secondo i pm non ci sono dubbi. Rocco Musolino è "un imprenditore colluso con la criminalità organizzata".
E proprio con le famiglie più importanti della criminalità organizzata reggina, Musolino avrebbe avuto rapporti: dai Libri ai De Stefano, passando per gli Alvaro di Sinopoli. Le indagini, infatti, avrebbero evidenziato rapporti anche con Cosimo Alvaro, tratto in arresto nell'operazione "Meta", figlio del più noto Domenico Alvaro
I rapporti più stretti, comunque, riguarderebbero la famiglia Serraino, da sempre egemone sulle zone alte della città e dell'hinterland: "Musolino era capo società di Gambarie. E' affiliato con funzioni verticistiche alla cosca Serraino e si interessa dell'industria boschiva" afferma, già nel 1995, il pentito Antonino Rodà. "...il suo grado - ha riferito il collaboratore di giustizia Filippo Barreca - all'interno della 'ndrangheta è elevatissimo, più di "vangelo", e questo grado di mafia cumula con quello di massone...". In tal senso, quindi, si inquadrerebbero anche i rapporti con il notaio massone Pietro Marrapodi, professionista al servizio delle cosche, morto in uno strano suicidio molti anni fa proprio allorquando aveva deciso di "vuotare il sacco" sui rapporti tra cosche e "zona grigia".
Musolino, dunque, sarebbe un personaggio intraneo o comunque assai vicino alla 'ndrangheta. Una tesi su cui concorda anche un altro pentito, Giacomo Ubaldo Lauro, mentre un ennesimo collaboratore, Antonino Zavettieri, è ancora più preciso: "Poi a Gambarie ci sono i Serraino...tutte le attività sono riconducibili sia ai Serraino che a don Rocco, se li dividono perché sono amici... perché se li dividono gli appalti pubblici...magari c'è il nipote di don Rocco che prende lavori sempre nel Comune".
La politica e gli Enti.
Secondo le carte d'indagine messe insieme dalla Procura, Musolino avrebbe avuto rapporti con i rappresentanti del Comune di Santo Stefano d'Aspromonte. Un Comune che in passato "don Rocco" amministrerà in prima persona, da sindaco. E anche nelle elezioni del 2010 – sempre secondo le indagini – Musolino avrebbe cercato di mettere il proprio zampino, tentando di influire sull'esito del voto.
E sarebbe proprio grazie ai propri presunti rapporti istituzionali che "don Rocco" diventerà uno degli imprenditori boschivi più importanti di tutta la provincia di Reggio Calabria. "Senza incontrare intoppi di alcuni tipo" scrivono i giudici. Tra il 1986 e il 1989, peraltro, la Regione Calabria emetterà fatture per due miliardi e settecentomilioni di lire. Un esempio che porta i giudici a scrivere come Musolino abbia portato avanti la "propria attività tramite legami di cointeressenza con la criminalità organizzata locale che gli ha consentito di operare ed agire, fino a raggiungere una posizione di sostanziale monopolio, nonché sfruttando le cointeressenze in tutti gli altri settori del mondo politico, economico e istituzionale"
A Musolino è stato notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari con il quale gli è stata contestata la violazione dell'art. 132 del Decreto Legislativo n. 385/1993 (abusivo esercizio dell'attività finanziaria). Analogo provvedimento è stato notificato alla segretaria particolare Francesca Sinicropi cl. 1955; entrambi, in concorso tra loro, Rocco Musolino quale gestore dei rapporti e la Sinicropi in suo ausilio, quale sua segreteria e persona di fiducia, esercitavano nei confronti del pubblico attività finanziarie quali, in particolare, la concessione di prestiti e finanziamenti ad un ampio numero di soggetti con cui si relazionava nell'ambito delle attività di imprese a lui riconducibili, ovvero in virtù della sua notoria capacità di concedere mutui e di svolgere attività di intermediazione creditizia. Nel medesimo contesto, è stato notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari anche a Saverio Pizzimenti, cl. 1972, a Giuseppe Frasca, cl. 1962, ed a Rocco Stilo, cl. 1952, poiché, a seguito dei reati contestati a Musolino, lo avrebbero aiutato ad eludere le investigazioni rendendo dichiarazioni false e reticenti ai Carabinieri, riferendo poi a "don Rocco" il contenuto delle loro dichiarazioni rese alle forze dell'ordine.
Questi i beni – per un valore di 150 milioni di euro – sequestrati a Rocco Musolino su ordine della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria: