di Claudio Cordova - Territori da sempre in guerra e per questo incontrollati. L'Iraq e la Somalia sono i Paesi che incrociano il proprio destino con le indagini portate avanti sul traffico di scorie radioattive dai magistrati di Matera e Reggio Calabria. E' la relazione della Commissione Parlamentare sul Ciclo dei Rifiuti, firmata da Gaetano Pecorella e Alessandro Bratti a provare a riannodare i fili delle inquietanti manovre che sarebbero avvenute a metà degli '90. Nel caso dell'Iraq, i passaggi sulla presunta gestione dei centri Enea di Rotondella (Matera) e Saluggia (Vercelli) verranno tratteggiati da un funzionario dell'ente, Carlo Giglio, che chiederà espressamente alla polizia giudiziaria di essere sentito, dopo aver appreso dalla stampa che la procura di Reggio Calabria si stava occupando di traffici illegali di rifiuti radioattivi in Calabria. Giglio riferirà di essere riuscito a scoprire, nell'ambito della propria attività istituzionale, che la registrazione degli scarti nucleari era truccata per rendere incontrollabile il movimento in entrata e in uscita di tutto il materiale radioattivo che doveva essere gestito presso tutti gli impianti nucleari. Il funzionario dichiarerà inoltre che le sue relazioni ispettive effettuate presso i centri Enea di Rotondella e Saluggia scatenarono all'interno dell'ente azioni di ritorsione che sfociarono in denunce per diffamazione e calunnia. Ma Giglio parlerà poi di una presunta attività clandestina dell'Enea finalizzata a fornire tecnologia e materiale nucleare all'Iraq (12.000 kg di uranio), delle reazioni del governo americano e dei servizi segreti israeliani. L'ingegner Giglio, in quell'occasione, renderà una serie di dichiarazioni attinenti ad una presunta attività di fornitura da parte dell'Italia all'Iraq di armi da guerra (comprese navi) e di tecnologie nucleari: (...) la scelta di Palermo come punto di riferimento per il traffico clandestino di materiale nucleare non è occasionale, ma mirato, in quanto è logico ritenere che solo la mafia o le altre organizzazioni criminali operanti al sud potevano garantire quella attività di copertura necessaria per detti traffici. (...). Altro aspetto inquietante del traffico illecito di materiale radioattivo concerne lo smaltimento effettuato, con la supervisione dell'Enea, da parte dell'Enel di rifiuti radioattivi la cui destinazione è a tutt'oggi ignota. Mentre la conferma che la Calabria è stata utilizzata come deposito illecito di materiale radioattivo è data dalla scoperta di una discarica abusiva di un tale Pizzimenti".
Fatti gravissimi, quelli portati all'attenzione degli inquirenti dall'ingegner Giglio, che, per la delicatezza delle dichiarazioni rilasciate, sarà poi chiamato dagli investigatori con lo pseudonimo "Bill". Nel dettaglio, Giglio paventerà la non corretta tenuta della contabilità all'interno del centro Enea di Rotondella tale da consentire l'uscita di rifiuti radioattivi erroneamente definiti "scarti"; l'esistenza di un traffico illecito di rifiuti radioattivi (negli anni '80/'90) destinati ai paesi del terzo mondo, in particolare Iraq, Pakistan e Libia, ove sarebbero stati utilizzati per la produzione di ordigni atomici; l'insussistenza di un'effettiva ed efficace attività di controllo tra Enea ed Enel, nonché la totale inefficienza della Nucleco, società costituita tra Enea ed Agip, per il trattamento dei rifiuti radioattivi. Proprio partendo dalle dichiarazioni di Giglio, il procuratore di Matera, Nicola Maria Pace, farà acquisire una serie di documenti da cui risulterà che l'Italia, nel 1978, aveva ceduto all'Iraq due reattori plutonigeni Cirene, accertando, poi, che presso la centrale Enea di Rotondella vi era la presenza continuativa di personale iracheno.
Le accuse di Giglio, comunque, non saranno mai provate dal punto di vista processuale.
Il funzionario, peraltro, parlerà anche dei presunti rapporti che il faccendiere Giorgio Comerio (personaggio centrale nelle vicende delle navi dei veleni) avrebbe avuto con l'Enea: "Non vi è dubbio che il Comerio ha avuto rapporti diretti con l'Enea se intendeva smaltire rifiuti radioattivi in mare (...) Addirittura nella strategia dell'ente si sta cercando di eliminare ogni prova o traccia di rapporti tra il Comerio ed altri dirigenti dell'ente. Il Comerio infatti ha offerto all'ente i suoi servigi circa lo smaltimento in mare dei rifiuti radioattivi". A detta di Giglio, infatti, anche l'Italia avrebbe disperso in mare le scorie radioattive: "L'ente (Enea) è in grado di riferire dove, come e quando". Un ente, l'Enea, che, sempre secondo le dichiarazioni rilasciate da Giglio ai magistrati Francesco Neri e Nicola Maria Pace, sarebbe stata infiltrata dalla massoneria: "Proprio per il tramite della massoneria deviata i traffici illeciti del materiale nucleare e strategico o quelli relativi allo smaltimento in mare possono essere attuati nell'ambito dell'Ente ai massimi livelli e con la copertura più ferrea compresa quella con i servizi deviati, da sempre e notoriamente coinvolti in detti traffici".
Non solo l'Iraq, ma anche la Somalia.
Un nome costante, però, è quello di Giorgio Comerio. Nel corso di una perquisizione nella sua abitazione a Garlasco, infatti, il pool di investigatori comandato dal Capitano Natale De Grazia troverà un fascicolo con la scritta "Somalia". In quella cartella, secondo quanto riferito, seppur in maniera difforme, dal magistrato Francesco Neri e dal carabiniere Domenico Scimone, si sarebbe trovato del materiale riguardante la morte della giornalista Ilaria Alpi, assassinata a Mogadiscio insieme all'operatore Miran Hrovatin: un certificato di morte, secondo Neri, un lancio di agenzia con la notizia del decesso, secondo Scimone.
Nell'uno e nell'altro caso, comunque, la Somalia entra a pieno titolo tra le rotte "calde" per il traffico di scorie radioattive: le regioni del Nord Africa, infatti, sembrano essere la sede privilegiata di destinazione dei rifiuti altamente tossici.
Altri personaggi chiave sarebbero Ezio Scaglione e Giancarlo Marocchino che, secondo alcune indagini, avrebbero gestito il traffico di rifiuti in Somalia. In particolare, Marocchino avrebbe gestito una serie di traffici e di attività a Mogadiscio, acquisendo un grande potere economico e militare: "Chiunque voglia andare in Somalia e rimanere vivo, segnatamente a Mogadiscio, deve farsi proteggere da lui" dirà in un'audizione uno dei magistrati che indagherà sull'imprenditore. Ancora dall'audizione: "Marocchino, da decenni operante con buon successo a quanto pare in Somalia, una realtà difficile nella quale credo che si debba essere bravi a operare, ma anche ad avere qualche forma di copertura istituzionale, sopravviveva benissimo. (...) Questo signore, in quel periodo e a mano a mano nel corso di quell'anno o due che seguimmo l'indagine, portava avanti la costruzione di un suo porto nella zona di El Man che avveniva sotto gli occhi di tutti in una zona che aveva poche insenature naturali, una costa abbastanza piatta, formata a un certo punto da un serie di moli. I container erano posizionati tatticamente in modo perpendicolare alla linea litoranea di spiaggia, riempiti, si dice, con inerti e protetti dall'erosione e dalla furia del mare, da montagne di macigni posti intorno".
Di Marocchino parlerà anche il collaboratore di giustizia, oggi deceduto, Francesco Fonti, dichiarando di averlo conosciuto a Milano nel 1992. Il collaboratore, infatti, parlerà dell'interesse della 'ndrangheta nel traffico di rifiuti radioattivi. L'interesse della 'ndrangheta calabrese per i rifiuti nascerebbe nel 1982 su iniziativa di Giuseppe Nirta che, all'epoca, era il boss del territorio di San Luca. Nirta ne avrebbe dunque con Fonti dicendogli che il Ministro della difesa, Lelio Lagorio, per il tramite dell'ex sottosegretario ai trasporti Nello Vincelli, e l'on. Vito Napoli gli avevano proposto di stoccare bidoni di rifiuti tossici e di occultarli in zone della Calabria da individuare. A quel punto, sempre secondo il collaboratore, vi sarebbero stati diversi summit in cui avrebbe partecipato il gotha della 'ndrangheta: dagli Iamonte di Melito Porto Salvo ai Morabito di Africo. In seguito a questi incontri, tra i luoghi scelti per gli interramenti, verrebbe esclusa la Calabria. Nella primavera del 1983 Fonti sarebbe stato poi mandato a Roma da Sebastiano Romeo, nel frattempo succeduto a Nirta, per incontrare Giorgio De Stefano (cugino del boss Paolo De Stefano della omonima famiglia reggina). Secondo il collaboratore, De Stefano disse che il posto ideale per interrare i rifiuti tossici all'estero era la Somalia e gli avrebbe organizzato un incontro con Pietro Bearzi, allora segretario generale alla camera di commercio per la Somalia, il quale garantì il suo aiuto. Anche Craxi – a detta del pentito – sarebbe stato al corrente della cosa, che non seguiva però personalmente lasciando che se ne occupassero i Servizi Segreti. Alla domanda del pubblico ministero sul perché non avesse parlato prima di queste vicende, la risposta di Fonti è stata che non se ne era ricordato essendo tantissime le vicende da lui vissute.
Anche per questo, probabilmente, Fonti sarà infine dichiarato del tutto inattendibile.