di Claudio Cordova - Dal 1998 al 2012 avrebbero costretto – con una lunga serie di minacce e danneggiamenti – le proprie vittime a vendere i propri terreni non solo a prezzi non indicati dalle stesse ma pretendendo una somma di denaro per a non richiesta intermediazione di vendita. La storia dei fratelli Antonio e Giovanni Oliveri – cristallizzata nell'indagine del sostituto procuratore della Dda Roberto Di Palma - riporta ai tempi che furono, a quelli della guardiania e del caporalato, pratiche che, evidentemente, la 'ndrangheta non disdegnerebbe ancora oggi. I due, infatti, sono considerati vicini alla cosca dei Gioffrè di Seminara, borgo di montagna nel territorio della Piana di Gioia Tauro, e collegati al potente clan Alvaro di Sinopoli. Sarà proprio uno dei Gioffrè a dire in una conversazione intercettata "A Sant'Anna [so che ci] sono gli Oliveri".
Già nella richiesta d'arresto, il pm Di Palma aveva rimarcato anche l'aspetto sociale della vicenda rilevando come "una delle prime forme di sopraffazione attraverso le quali si manifesta la 'ndrangheta in Calabria è la cosiddetta guardiania abusiva". I grandi proprietari terrieri, infatti, avrebbero assegnato i propri possedimenti ai gabelloti, che, però, sfruttando l'assenza dei nobili, avrebbero fatto il bello e il cattivo tempo: "I fondi – scrive ancora il pm Di Palma – venivano suddivisi in tante piccole quote che subaffittavano ai contadini e li concedevano "a terraggio" o a mezzadria. I gabelloti realizzavano in tal modo una rendita parassitaria, derivante dalla differenza tra l'importo del canone, da essi pagato al proprietario, e le entrate in natura ottenute dai subaffitti e dalle varie prestazioni dei contadini [...] Il gabellotto si circondava di fidati campieri, costituendo una guardia armata privata capace di dissuadere, prevenire e reprimere ogni atto che potesse turbare il corso normale della vita del feudo. Costoro rappresentarono i primi esponenti della 'ndrangheta rurale, quella che nasce sulla terra, che con la terra ha un rapporto talmente intimo da potersi definire "di sangue"; quella 'ndrangheta che sulla terra esercita la sua forza e prevaricazione".
Forza e prevaricazione. L'analisi del pm Di Palma arricchisce la consistenza stessa dell'indagine a carico degli Oliveri che sarebbero, di fatto, gli eredi di gabelloti e campieri, diventati guardiani abusivi dopo l'avvento dello Stato Repubblicano: come molti decenni fa, si tentava di farsi riconoscere il diritto di signoria sui terreni attraverso danni sistematici ai terreni, così gli Oliveri avrebbero tormentato le proprie vittime con furti e danneggiamenti per oltre un decennio: oltre venti quelli che avrebbe subito, negli anni, Spinelli. E' quello che avrebbe vissuto il professor Giuseppe Spinelli, titolare dell'azienda agricola "Le Tre Querce" sul territorio di Seminara. Tante le denunce, a partire dal 1998, del professor Spinelli, talvolta contro ignoti, talvolta contro gli Oliveri. Sul terreno di Spinelli, infatti, Giovanni Oliveri avrebbe continuato – nonostante i richiami – a far pascolare le pecore a discapito del raccolto dell'azienda agricola: un meccanismo messo in atto – secondo i giudici – per avvilire il proprietario, così da indurlo a disfarsi del fondo. Un meccanismo oleato, che Oliveri avrebbe messo in atto anche con altri proprietari terrieri, tra cui Mario Antonio Augimeri, che prima denuncerà l'uomo, salvo poi tornare indietro "non per minacce ricevute ma per una scelta di famiglia". Un comportamento simile a quello avuto nei confronti di Giuseppe Crea, anch'egli finito nella "rete" degli Oliveri.
Nonostante la modernità della 'ndrangheta, spesso e volentieri infiltrata nelle società più strutturate e ricche in Italia e all'estero, nel profondo sud, dunque, alcune tendenze rimarrebbero ancorate a decenni addietro. Secondo le carte d'indagine, infatti, Oliveri mira a "intimidire il denunciante (Spinelli, ndr), comportandosi "uti dominus" sui terreni di questi, invadendoli deliberatamente, danneggiandone piante e raccolto, non tenendo nella benché minima considerazione ostacoli fisici quale è l'opera di recinzione".
Ma l'arcaicità della condotta degli Oliveri non è l'unico significativo dato di natura sociale dell'indagine del pm Di Palma (svolta con il coordinamento dell'aggiunto Michele Prestipino). Dalle carte d'indagine: "Non può essere sminuito il dato ed anzi va valorizzato, in ragione del clima di diffusa intimidazione e omertà che usualmente caratterizza il territorio teatro dei fatti, non a caso condizionato dalla presenza di cosce di 'ndrangheta quali quelle accertate con plurimi pronunciamenti giudiziari anche recenti ("Topa", "Artemisia", "Cosa Mia), costituito dal fatto che gli interessati abbiano avuto il coraggio di infrangere il muro di omertà su cui la 'ndrangheta si basa e denunciare apertamente all'Autorità Giudiziaria fatti penalmente rilevanti che hanno come protagonisti soggetti inseriti in ambienti della criminalità organizzata".