Calabria Segreta - III parte

de grazia nataledi Claudio Cordova - Alla fine della storia c'è quell'auto che viaggia veloce sulla Salerno-Reggio Calabria. E' inverno, è la sera del 13 dicembre 1995 e piove. A bordo dell'auto ci sono tre uomini. Uno di loro è un giovane ufficiale della Marina Militare Italiana. Si chiama Natale De Grazia e quella sera, all'altezza di Nocera Inferiore, si sente male, subito dopo cena, e muore nel giro di pochi minuti.

Quella è la fine della storia. Perché tutto quello che verrà dopo sarà fatto solo di ulteriori, inquietanti, depistaggi. Con De Grazia, infatti, probabilmente muore anche l'ultima speranza di conoscere la verità sul traffico di scorie radioattive che, per decenni, avrebbe avuto la Calabria al centro delle rotte illecite. Quando muore il Capitano De Grazia non ha nemmeno quarant'anni e sta indagando proprio su quelle storie. Interrati nel sottosuolo, imbarcati in navi che poi misteriosamente affondano, sepolti nelle profondità della terra e del mare. I rifiuti tossici sarebbero ovunque. Per anni l'Africa e la Calabria sono state – e forse lo sono ancora – le discariche del mondo, finendo al centro dei più oscuri traffici di scorie radioattive in cui, ancora una volta, i servizi segreti deviati avrebbero avuto un ruolo fondamentale di copertura e di partecipazione attiva.

'Ndrangheta e servizi segreti vicini, in un unico cartello. La 'ndrangheta con il ruolo di braccio esecutore, le barbe grigie con il compito di reggere i fili, per coprire, nascondere, gli imponenti affari che starebbero dietro a tali storie. Nessuna luce, nessuna verità.

MORTI SOSPETTE

Quando muore Natale De Grazia è l'elemento di spicco di un pool di investigatori coordinato dal pubblico ministero Francesco Neri. Una squadra che inizia il proprio lavoro in seguito a una denuncia dei dirigenti di Legambiente, Nuccio Barillà ed Enrico Fontana, e che ben presto riesce a stringere il cerchio su una serie di affondamenti sospetti di navi nelle acque del Mediterraneo e, in particolare, al largo delle coste calabresi. Centinaia all'inizio gli affondamenti su cui gli inquirenti si concentrano: ma attraverso un duro lavoro, gli investigatori riescono a indirizzare la propria attenzione su una trentina di navi. Navi che partono sapendo già di non dover arrivare da nessuna parte, ma solo di dover concludere il proprio viaggio nelle profondità del mare.

Un business messo in atto per smaltire un ingente quantità di rifiuti nucleari, ma anche per spartire la grossa torta (miliardi di lire o di euro) dei premi sull'affondamento, truffando le assicurazioni.

Natale De Grazia muore proprio mentre si sta recando a La Spezia per degli accertamenti su una di queste navi, la Rosso, che, per un curioso disegno del destino, invece di affondare si arenerà sulla spiaggia di Amantea, in provincia di Cosenza. La Rosso, di proprietà dell'armatore Messina, sarebbe una nave carica di scorie. Ma anche sul carico del relitto non sarà possibile fare piena luce: nei giorni in cui la Rosso rimarrà arenata sulla spiaggia di Formiciche, infatti, sono diversi i testimoni che raccontano di strane, inquietanti, presenze. Presenze che molti riconducono al mondo dei servizi segreti. Da qui, dunque, il sospetto che le scorie della Rosso siano state fatte scomparire e interrate chissà dove. Magari nella zona del Torrente Oliva, a pochi chilometri dal luogo del naufragio, dove le analisi hanno rilevato tassi di radioattività ampiamente superiori alla media.

Una vicenda che, a distanza di decenni, non ha ancora avuto risposte adeguate. E chi ha provato a indagare su tali traffici, si è sempre scontrato con dei veri e propri muri. E' successo a Natale De Grazia, ma è successo anche al Procuratore di Paola, Bruno Giordano, che alcuni anni fa ha provato a riaprire il caso, nel tentativo di dare un nome a chi avrebbe avvelenato il territorio calabrese, causando un'incidenza di malattie tumorali altissima.

Storie inquietanti, apparentemente senza spiegazioni logiche. Quando muore, per esempio, De Grazia è un giovane ufficiale della Marina Militare, ed è sanissimo. Tanti i punti oscuri sulla sua morte, avvenuta proprio poco tempo dopo una breve sosta in autogrill per mettere qualcosa sotto i denti. Il sospetto, mai confermato, ma allo stesso tempo agghiacciante, è che De Grazia possa essere stato ucciso. A lui il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, conferirà una medaglia d'oro alla memoria, con delle motivazioni che lasciano riflettere: "Con l'acume investigativo e le conoscenze giuridiche dell'Ufficiale di Polizia Giudiziaria, contribuendo all'acquisizione di elementi e riscontri probatori di elevato valore investigativo e scientifico per conto della Procura di Reggio Calabria. La sua opera di Ufficiale di Marina è stata contraddistinta da un altissimo senso del dovere che lo ha portato, a prezzo di un costante sacrificio personale e nonostante pressioni ed atteggiamenti ostili, a svolgere complesse investigazioni che, nel tempo, hanno avuto rilevanza a dimensione nazionale nel settore dei traffici clandestini ed illeciti operati da navi mercantili".

Il Presidente Ciampi parla di "atteggiamenti ostili". Sì perché nel corso delle indagini, gli investigatori si accorgeranno di essere spiati, alcuni atti d'inchiesta scompariranno e, alla fine, De Grazia morirà con modalità sospette. Segreti e depistaggi: "Rimane mia intima convinzione che Natale De Grazia sia stato ucciso" dirà il procuratore Nicola Maria Pace, che in quegli anni incrocia la propria attività con quella del pool di investigatori reggini. "Arresto cardiocircolatorio" affermerà il certificato di morte di De Grazia. Motivazioni troppo generiche, che alimentano interrogativi, soprattutto se si pensa che l'autopsia sul corpo dell'ufficiale, svolta dopo diversi giorni dalla morte, verrà affidata, nuovamente, per una seconda verifica, allo stesso medico che aveva effettuato la prima.

Una morte sospetta.

Così come sono sospette le modalità con cui muoiono altre due persone che, a distanza di migliaia di chilometri, si interesseranno dei possibili traffici di scorie radioattive, proprio come Natale De Grazia. Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, giornalisti del Tg3, muoiono in Somalia nel marzo del 1994, proprio mentre starebbero indagando su un giro di armi gestito dai signori della guerra somali e su una serie di interramenti di scorie nucleari a Mogadiscio e dintorni. Anche sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin non verrà, sostanzialmente, fatta giustizia. Secondo le risultanze della Commissione d'inchiesta, presieduta da Carlo Taormina, che si occuperà del caso, i due reporter sarebbero stati uccisi a causa di un rapimento finito male. Ma anche in questo caso i dubbi e i sospetti rimarranno.

Come nel caso del Capitano De Grazia, anche i reporter Alpi e Hrovatin potrebbero aver pagato con la vita ciò su cui stavano indagando.

L'INGEGNERE

E sullo sfondo rimane sempre, sotto traccia, la longa manus dei servizi segreti. Anche perché molti dei soggetti che, nel corso degli anni, incrociano le vicende delle "navi a perdere" e del presunto traffico di scorie radioattive in Calabria con le barbe grigie avrebbero avuto più di qualcosa da spartire.

Il primo personaggio chiave si chiama Giorgio Comerio. Ingegnere con sede operativa a Garlasco, nel 1993 fonda la Oceanic Disposal Management (ODM), una società registrata alle Isole Vergini Britanniche. La ODM, con sede a Lugano, ma con diramazioni a Mosca e in Africa, si occupa di qualcosa di molto particolare: si occupa dello smaltimento delle scorie nucleari. Con la ODM Comerio ha un progetto: inabissare le scorie radioattive in acque dai fondali profondi e soffici le scorie, inserendole all'interno di grossi e pesanti penetratori, che, arrivando a pesare fino a duecento chili, una volta sganciati in mare, acquisterebbero una velocità tale da permettere la penetrazione nei fondali. Una proposta che viene "cassata" da tutti gli Stati a cui l'ingegnere si rivolgerà. Ma secondo qualcuno Comerio avrebbe potuto mettere in piedi il proprio progetto in maniera autonoma. Secondo Legambiente, infatti,  "Comerio e i suoi soci avrebbero gestito, dietro il paravento dei "penetratori", un traffico internazionale di rifiuti radioattivi caricati su diverse "carrette" dei mari fatte poi affondare, dolosamente, nel Mediterraneo". La vita di Giorgio Comerio, che oggi si troverebbe nel Nord Africa, è piuttosto avventurosa. Negli anni '80 partecipa alla battaglia delle isole Falkland tra Inghilterra e Argentina; iscritto alla Loggia di Montecarlo, sarebbe un elemento legato ai servizi segreti, anche se lui smentirà sempre fermamente. Maria Luigia Giuseppina Nitti è la compagna dell'ingegnere dal 1986 al 1992. Nel 1995 ai carabinieri che indagano sui presunti traffici di rifiuti radioattivi dichiara: "Verso la fine del nostro rapporto mi esternò di appartenere ai servizi segreti. A seguito di attentati terroristici avvenuti in quel periodo in Italia, nella primavera del 1993, si assentò dicendo che era stato convocato per collaborare alle indagini". Ma anche in questo caso, per Comerio queste sarebbero tutte stupidaggini. Il destino dell'ingegnere, peraltro, si incrocerebbe proprio con quello di due delle navi più tristemente famose. La prima è la Rosso, quella su cui Natale De Grazia stava indagando quando morirà misteriosamente. Comerio, infatti, negli anni si sarebbe interessato all'acquisto della motonave. Una trattativa, quella con gli armatori Messina, che non si concretizzerà, ma che, secondo gli inquirenti, poteva, in qualche modo, ricollegarsi al presunto traffico di scorie radioattive. La seconda è una motonave affondata al largo delle coste calabresi, la Rigel. E sarebbe stato ancora una volta il Capitano Natale De Grazia a scoprire il collegamento. Nel corso di una perquisizione all'interno dello studio dell'ingegnere, infatti, De Grazia troverebbe un'agenda, con una strana scritta alla data 21 settembre 1987: "lost the ship". La frase, tradotta, significa "la nave è persa". Comerio smentirà sempre ogni possibile collegamento, ma il 21 settembre 1987, ci sarà solo una nave "persa". La Rigel, fatta colare a picco, dolosamente, a largo di Capo Spartivento, in provincia di Reggio Calabria. In quella stessa perquisizione all'interno dello studio di Comerio (ma anche in questo caso l'ingegnere smentirà) il Capitano De Grazia ritroverebbe anche delle carte che avrebbero a che fare con la Somalia e la morte della giornalista Ilaria Alpi e dell'operatore Miran Hrovatin.

Ma Comerio è solo uno dei tanti uomini "da romanzo".

IL POTENTISSIMO PARTITO SOCIALISTA

Negli intrighi, infatti, viene tirato in ballo anche l'ex Partito Socialista. Ad aprire uno squarcio che, tuttavia, non troverà mai particolari riscontri, è Gianpiero Sebri, un uomo inserito con mani e piedi nel partito. Sebri parla di diversi personaggi che, a suo dire, avrebbero potuto avere anche un ruolo nella morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. A cominciare da Giancarlo Marocchino, l'imprenditore che, per primo, dà la notizia della morte dei due giornalisti a Mogadiscio: "Era un nostro uomo, uomo di fiducia si intende, chiaramente, per quanto riguarda i traffici di rifiuti tossici-nocivi e anche traffici d'armi" dirà Sebri. L'uomo sembra sapere diverse cose su quegli anni e su quei traffici. E nelle sue dichiarazioni tira in ballo anche l'ex Generale del Sismi (il servizio segreto militare), Luca Rajola Pescarini. Sebri, infatti, afferma di aver incontrato, congiuntamente, sia Marocchino che Rasola Pescarini, per parlare degli affari in Africa e, di conseguenza, anche di Ilaria Alpi. Sebri afferma di aver incontrato Marocchino e Rasola due volte, prima e dopo l'uccisione di Ilaria Alpi. È gravissima l'accusa che lancia a Rajola Pescarini il quale, nel primo incontro, avrebbe detto, a proposito di Ilaria Alpi "abbiamo sistemato quella maledetta giornalista comunista". In seguito a un'intervista, rilasciata al periodico Famiglia Cristiana, nel corso della quale vengono rinvigorite le accuse rilasciate anche alla Commissione parlamentare di Carlo Taormina, Sebri è stato querelato sia da Marocchino che da Rajola Pescarini.

L'ASSE TRAPANI-REGGIO CALABRIA

Ma c'è un percorso, una rotta, che lega Trapani a Reggio Calabria. C'è, soprattutto, un nome, quello di Aldo Anghessa. Aldo Anghessa, infatti, è un uomo dei servizi segreti e partecipa, negli anni, a diverse operazioni di intelligence. Negli anni '80, per ordine della procura di Massa Carrara, finisce anche in carcere: il teatro degli avvenimenti sarebbe proprio Trapani e Anghessa, secondo il giudice istruttore Augusta Lama, sarebbe stato in stretto contatto con il clan siciliano dei Minore. L'ipotesi accusatoria non verrà mai verificata, non vi sarà mai alcun processo. Il nome di Anghessa compare dunque a Trapani, ma anche a Reggio Calabria, su faccende che risalgono proprio agli anni '80. Commercio di armi nel filone siciliano, mentre in Calabria si sarebbe occupato di traffici di scorie radioattive. Secondo alcuni, le presunte compravendite di armi, in cui sarebbe stato coinvolto Anghessa, sarebbero gli stessi scoperti dal giornalista Mauro Rostagno, ucciso dalla mafia il 26 settembre 1988 a causa di tanta curiosità. Un filo che unisce Trapani e Reggio Calabria. Proprio sui traffici delle navi dei veleni che riguardano soprattutto la Calabria, Anghessa conferma diversi sospetti ormai noti: "A partire dal 1987 è attiva in Italia una lobby affaristico-criminale che gestisce le seguenti attività: traffico di rifiuti tossico-nocivi e radioattivi, stupefacenti, armi, titoli di Stato falsificati e materiali strategici nucleari".

Un filo rosso di sangue e nero di trame avrebbe dunque legato e collegato i traffici di scorie nucleari in Africa e in Calabria. Due territori incontrollati, probabilmente considerati "territori a perdere", in cui sarebbero stati sepolte, o inabissate, tonnellate di rifiuti tossici e radioattivi.

I SEGRETI DEI SERVIZI

Il 12 luglio del 2011, peraltro, al cospetto della Commissione Parlamentare sul ciclo dei rifiuti, il Prefetto Giorgio Piccirillo, direttore dell'Aisi (l'Agenzia d'informazione e sicurezza interna), deposita due informative, del 1992 e del 1994, con cui i servizi segreti, avrebbero comunicato al Ros, il Reparto Operativo Speciale dei Carabinieri, l'interessamento delle cosche nello smaltimento delle scorie: "Devo dire – afferma Pecorella rivolgendosi a Piccirillo prima dell'inizio della seduta - che i documenti che ci ha fatto pervenire sono, a nostro avviso, veramente molto significativi. In particolare, sono arrivati i documenti archiviati con i numeri 488/1 e 488/3, secondo i quali sin dal 1992 il servizio avrebbe acquisito notizie fiduciarie relative all'interesse del clan Mammoliti, in particolare i fratelli Cordì, per lo smaltimento illegale di rifiuti radioattivi, che sarebbero pervenuti sia dal centro sia dal nord Italia, ma anche da fonti straniere".

La 'ndrangheta, dunque, sarebbe stata il braccio armato dei traffici. E' scritto in una delle note: "Informatori del settore non in contatto tra loro - la precisazione è rilevante per la cosiddetta convergenza delle fonti - hanno riferito che Morabito Giuseppe, detto Tiradiritto, previo accordo raggiunto nel corso di una riunione tenutasi recentemente con altri boss mafiosi, avrebbe concesso in cambio di una partita di armi l'autorizzazione a far scaricare nella provincia di Africo un quantitativo di scorie tossiche presumibilmente radioattive".

Stando ai documenti proposti dal capo del'Aisi, il dato più inquietante, però, sarebbe quello del coinvolgimento delle cosche di Reggio Calabria, i De Stefano e i Tegano, in particolare, e la prosecuzione degli affondamenti di navi in anni assai più recenti. Dice ancora Pecorella, spulciando le carte sul proprio tavolo: "Ci sono anche altre fonti confidenziali che riguardano le cosche Piromalli, De Stefano e Tegano e, infine, vi è una notizia relativa all'affondamento in mare di rifiuti, documento del 2003".

La 'ndrangheta, lo abbiamo detto, è il braccio. Ma a manovrare il traffico di rifiuti vi sarebbero menti molto più sofisticate.

Un altro personaggio particolare è, inoltre, quel Guido Garelli, pugliese, ma ammanicato con mezzo mondo. Al pubblico ministero Francesco Basentini, un giorno Garelli dirà di essere stato ammiraglio di un non meglio precisato esercito dell'Autorità Territoriale del Sahara Occidentale e dignitario di un servizio d'intelligence che avrebbe operato nell'interesse del Regno Unito, con base a Gibilterra. Garelli è in possesso di tripla cittadinanza: jugoslava, italiana e del Sahara Occidentale.
È testimoniato in atti giudiziari come entrasse a Camp Darby senza bisogno di particolari permessi. Camp Darby è una base militare statunitense in Italia, nel territorio comunale di Pisa. Sarebbe considerata dalla US Army il distaccamento militare più importante d'Europa, il più grande arsenale Usa all'estero. Insomma, avere accesso libero in quei luoghi non è roba che può permettersi chiunque. Ma Garelli è un uomo da romanzo innanzitutto perché è uno "007", e poi perché ha, alle proprie spalle, una storia fatta di misteri, anche sulla propria identità. È in contatto con i servizi segreti africani, ma anche con quelli italiani e quelli statunitensi. Dopo la morte di Ilaria Alpi, Guido Garelli finisce anche in carcere a Ivrea per ricettazione e nel periodo in cui è detenuto, rilascia alcune dichiarazioni piuttosto interessanti: "Ilaria Alpi ha toccato il segreto più gelosamente custodito in Somalia, lo scarico di rifiuti pagato con soldi e armi da non meno di vent'anni. La regia di tutto questo è appannaggio dei servizi d'informazione coinvolti in quello che è sicuramente il business più redditizio del momento. Non mi riferisco solo al Sismi e al Sisde; vi sono anche gli organismi omologhi dei Paesi che hanno 'usato' vari Stati dell'Africa per smaltire porcherie".

IL PENTITO INATTENDIBILE

Un'esperienza dietro le sbarre in cui Garelli nella cella di fronte ha Francesco Fonti, che diverrà controverso collaboratore di giustizia nell'ambito delle inchieste sui presunti traffici di rifiuti in Calabria.

Già, Francesco Fonti.

Anche la sua è una storia particolare. Fino al 1994, anno in cui decide di iniziare il percorso di collaboratore di giustizia, Fonti è un affiliato di spicco delle cosche della Locride. Poi Fonti comincia a parlare. Parla delle strutture familistiche della 'ndrangheta, della droga, delle armi. Le sue dichiarazioni sono utili, perché riscontrate, in numerosi procedimenti. Poi inizia a parlare di scorie radioattive e di strani traffici in Calabria. Prima viene creduto, mentre ora le sue dichiarazioni vengono considerate alla stregua di una barzelletta: "Nei porti c'era sempre una copertura dei servizi segreti con il guadagno della fetta di percentuale che toccava a loro" dirà in un'intervista.

Il colpo finale alla sua credibilità viene dato dalla vicenda della nave Cunsky, affondata al largo di Cetraro. Fonti dichiarerà di aver affondato personalmente la nave, facendola colare a picco con un'esplosione di tritolo. Ma dopo una serie di indagini, curate, in particolare, dall'allora assessore regionale all'Ambiente, Silvio Greco, il ministro Stefania Prestigiacomo, unitamente al Procuratore Nazionale Antimafia, Piero Grasso, "chiuderanno il caso", dichiarando che il relitto investigato in quei mesi (che, secondo alcune immagini, sembrava contenere nella stiva dei fusti sospetti) altro non era che un residuato bellico. Ma anche in questo caso, sono molti ad alimentare dubbi sulla bontà degli accertamenti svolti dal Ministero. Accertamenti che non coinciderebbero affatto con quelli dall'assessore Greco e dal procuratore di Paola, Giordano. A cominciare dalle coordinate. Il Governo, infatti, incaricherà l'armatore Pietro Attanasio, con la sua Nave Oceano, di effettuare i rilievi. Rilievi che smentiranno quelli disposti dalla Regione, ma che lasciano ancora ulteriori dubbi: Attanasio, peraltro, sarebbe legato all'avvocato inglese David Mills, coinvolto nel caso di corruzione in atti giudiziari in cui l'ex premier Silvio Berlusconi è stato "salvato" dalla prescrizione. Lo stesso Mills, peraltro, a detta di un rapporto di Greenpeace del 1997 sarebbe stato legato in rapporti d'affari con l'ingegner Giorgio Comerio.

I nomi che compaiono sono sempre gli stessi. Come in un perverso circolo vizioso, fatto di morti misteriose, di affari criminali da miliardi di euro e di depistaggi. Probabilmente all'ombra dei servizi.

(3- continua)