di Alessia Candito - A vederlo potrebbe sembrare uno dei tanti stabili non rifiniti che sporcano il panorama della tirrenica. Un palazzotto come tanti, quattro piani poco curati, robuste mura di cinta e un massiccio cancello blindato a scoraggiare qualsiasi visita inattesa. Ma quello stabile di Via Concordato 41 a Palmi, pomposamente chiamato "Villa" per il vasto appezzamento di terreno che lo circonda, è il simbolo stesso della prevaricazione e della violenza mafiosa, l'emblema del potere della famiglia Gallico.
Un simbolo che oggi è stato distrutto, perchè la "Villa" è stata strappata alla famiglia che da decenni tiene sotto scacco Palmi su richiesta del procuratore aggiunto Michele Prestipino Giarritta e del sostituto Sara Ombra. Per l'ennesima volta – lo stabile è stato già oggetto di provvedimenti di sequestro, confisca e successivo dissequestro – il fortino della cosca Gallico, dove tutti gli appartamenti sono o meglio erano abitati da esponenti di tre generazioni della "famiglia" e nelle cui viscere più di un latitante ha trovato riparo, è tornato nelle mani dello Stato. Lì, in un rifugio scavato sotto il giardino nel 1990 si nascondevano il boss Antonino Gallico e i figli, Domenico e Giuseppe, in seguito condannati in via definitiva all'ergastolo, all'epoca stanati solo grazie all'intervento armato dei reparti speciali dei Nocs. Diciotto anni dopo, un altro latitante della famiglia, Rocco Gallico, aveva trovato riparo in un bunker scavato in uno dei garage. Ma il provvedimento con cui la Dda reggina ha strappato al clan di Palmi, quella che a ben ragione è da sempre considerata la sua base operativa, non è importante solo per il consistente valore monetario dell'immobile – valutato in circa 3 milioni di euro – o per aver privato la cosca di un importante punto di riferimento. Il sequestro del palazzo di Via Concordato 41 rappresenta soprattutto l'interruzione di una quasi quarantennale storia di sopraffazione, abusi e violenza mafiosa che risale, ancor prima della costruzione dell'immobile, all'acquisizione stessa del terreno.
Una storia che lo stesso boss Giuseppe Gallico – intercettato dalle cimici degli investigatori – racconta con spavalderia e un insostenibile grado di soddisfazione alla moglie Maria Carmela Surace, insieme alla figlia Italia Antonella Gallico e il genero Vincenzo Barone, in visita al carcere di Secondigliano dove era detenuto.
A dare il là all'amarcord criminale del boss, le lamentele della figliola per lo stallo dei lavori di realizzazione di un appartamento all'interno dello stabile di via Concordato, dove la ragazza ed il futuro marito Domenico Nasso avrebbero dovuto abitare una volta sposati.
Circostanza che faceva montare su tutte le furie il preoccupato papino, che - maledicendo la condizione di detenzione che gli impediva di "ordinare" a Vincenzo Calimi, titolare di imprese edili, affiliato e longa manus della cosca Gallico nel settore lavori pubblici, di ultimare in fretta la realizzazione dell'immobile per l'impaziente sposina, pena l'imposizione di una salata tangente – dava il via alla comune litania "dell'ai miei tempi", che in versione criminale si converte in uno straordinario atto d'accusa nei confronti della cosca Gallico.
Una confessione in piena regola di una storia di violenza e sopraffazione iniziata nei lontani anni 70, quando la cosca aveva messo gli occhi su un terreno originariamente di proprietà della principessa Pignatelli, ma di fatto amministrato dall'Avvocato Luigi La Capria. Un terreno che – ovviamente – i Gallico avrebbero preteso gratis. E come tale hanno ottenuto. È lo stesso boss a raccontare – tronfio e fiero, sostenuto dai commenti di approvazione degli interlocutori altrettanto fieri dell'impresa – di come il terreno su cui lo stabile sorge sia stato pagato "niente...(n.d.r.: ridono tutti, fieri dell'atteggiamento tracotante,prevaricatore e violento di GALLICO Giuseppe) – si legge nelle carte che riportano la conversazione fra il boss e i familiari - Due fucilate...nelle ginocchia...(con la mano indica il punto in cui ha ferito le vittime, cioè le ginocchia)...patapummiti...( con la mano effettua dei movimenti circolari per mimare la caduta delle vittime)...mi è costata".
Vittime delle ire e delle pallottole del boss, all'epoca ancora studente, i fratelli Rossini, Teresa e Saverio, detto "Barracca". Quest'ultimo, legato al clan Parrello, diretto rivale della famiglia Gallico, aveva avuto l'ardire di fare una proposta d'acquisto per il terreno su cui i Gallico avevano messo gli occhi. Ed è fra le risate e le esclamazioni di approvazione dei familiari, che il boss ricorda come per far recedere Rossini dalla proposta d'acquisto abbia organizzato una vera caccia all'uomo in tutta Palmi. Quel giorno – ricorda il boss – era appena tornato da scuola, "arrivo, butto i libri – si legge nel decreto di sequestro - le cose..avevo due pistole addosso (n.d.r.: ridono tutti, contenti della pericolosità dell 'oratore)", quando viene a sapere della proposta di acquisto da parte del clan rivale. E la reazione – continua a raccontare con soddisfazione Gallico – era stata immediata. "Minchia... non l'avesse mai detto! ...scendo, poso i libri, non avevo bevuto neanche una goccia d'acqua, mi metto le due pistole. ..(n.d.r.: mima il gesto con le mani per indicare che aveva ancorato le pistole alla cintura)... vado a casa e chiamo. ..e chiamo a sua sorella... perché vedi dove abitava lui? Là c'era la zia Teresa buonanima (n.d.r.: ora defunta).Le ho detto io: «dov'è tuo fratello?» Mi ha visto proprio. ..(n.d.r.: alza la mano destra verso il capo e la ruota per fargli capire che era adirato)".
Non ha vergogna né remore nel raccontare il boss Gallico, anzi continua per la "gioia" dei familiari – e la soddisfazione successiva di investigatori ed inquirenti che ascolteranno la dettagliata confessione – a raccontare come avesse terrorizzato la donna: "Le ho detto io: «dov'è tuo fratello?» Ha detto: «non c'è! Pinuzzo... - dice - che c'è?» Le ho detto io: «entro ventiquattrore te lo sparo!» Per davvero, non per scherzo (n.d.r.: ridono tutti)\o Dio...» e si disperava. «No, no, è inutile che ti disperi - le ho detto io - glielo puoi dire, come Io vedo - le ho detto - lo sparo (n.d.r.: seguitano a ridere orgogliosi).»...(n.d.r.: si rivolge al cognato ridendo). ..tu ti rendi conto Enzo!. . . (n. d. r. : annuisce con un cenno del capo) ...così è... fatti veri, non... chiacchiere!"
Fatti veri, fatti che trasudano il modello di vita che ha nella sopraffazione e nella violenza le proprie pietre angolari. Un modello che si tramanda di generazione e in generazione e diventa patrimonio condiviso, tessuto di regole altre che determina l'agire in società. "E ci mancava che uno mettesse in dubbio la parola!", nicchia sarcastico il genero. "eh... lo sappiamo!", si affretta a confermare la figliola, fiera di cotanto padre. E Gallico tronfio continua a raccontare.
Non pago di aver terrorizzato la donna, con la la complicità dei fratelli Alfonso e Domenico, all'epoca ancora minorenne, oltre a quella di altri esponenti del clan, dispiegava in tutta Palmi un esercito di sentinelle con il compito di avvertirlo qualora avessero avvistato "Barracca". Nelle parole del boss, l'intera operazione viene raccontata con i toni di una storiella divertente, parte del patrimonio di famiglia "Mio fratello Mimmo era piccolo, era minorenne ancora. Avevo una. ..avevo una doppietta io. ..avevo un sovrapposto. ..(n.d.r.: mima il fucile)., .carico le cartucce. . .me le fa un'Avvocatessa. . .le provo. ..(n.d.r.: mima il sesto dell'inserimento delle cartucce nel fucile). ..le faccio... metto tutti... (n.d.r.: effettua un ampio cerchio con la mano per fargli capire che aveva dislocato i familiari e suoi affiliati in vari punti strategici della città allo scopo d 'individuare la vittima}... .la buonanima di mio fratello Alfonso, a mio.. .a mio fratello Mimmo l'ho lasciato fermo.. .avevo una seicento.. .io pronto. ..gli ho detto: «come lo vedete rientrate!» Rientra, lui la sera rientra da Milano, ia mattina lui se n'è uscito per andare. . .per andare dagli operai con sua sorella Teresa... negli... negli uliveti! Chi erano? Avevo bloccato il Trodio,la strada della Tonnara, tutto il paese.. .l'avevo bloccato tutto io. ..dappertutto avevo messo i cosi io... (n.d.r.: mima delle cose in posizione verticale, evidentemente si riferisce alle sentinelle)... e scappano, dicono: «così e così... (n. d.r.: intende dire che una delle sentinelle ha notato la vittima ed è corsa da liti ad avvisarlo)...'."
E quando i due fratelli Rossini vengono localizzati in una zona di campagna, Gallico, avvertito dagli scagnozzi dislocati in ogni angolo di Palmi, da seguito alle minacce. "Una fucilata qua... (n.d.r.: con la mano indica il ginocchio della gamba destra)- si legge nelle carte in cui è riportata la conversazione - ...e un'altra qua...(n.dr.; con la mano indica il ginocchio della gamba
sinistra) e patepuffiti... (n.d.r.: con le mani effettua dei cerchi per indicare che la vittima è caduta a terra)...".
Un racconto che non ammette né repliche né correzioni, neanche da parte del genero che ricorda un'altra versione dell'accaduto, raccontata dal nonno. "Se lo ricorda male – risponde piccato il boss, che ripete - una qua...Micu...( suriferisce al colpo di fucile esploso dal fratello Gallico Domenico, detto Micu, all'indirizzo della vittima)...patapuffiti...(n.d.r.: mima il sesto delle vittime che cadevano a terra)...e sono caduti fratello e sorella uno addosso all'altra ('n.d.r.: ridono tutti)". E a sostegno del suo racconto il boss ricorda anche le parole con cui Teresa Rossini aveva invocato pietà pers è ed il fratello "Sua sorella: «Pinuzzo... Pinuzzo... figlioletto...no...no.» Le ho detto io: «zia Teresa spostatevi. ..zia Teresa spostatevi! - Gli ho detto io - debole di merda (n.d.r.: rivolto a Saverio Rossini) se non esci da dietro tua sorella — gli ho detto io - anziché spararti nella garaba...( contestualmente indica l'arto inferiore con le mano)... ti sparo in testa!» ...(n. d. r. : ridono tutti)..ha preso ed è uscito, com 'è uscito. ..BUM, la prima... BUM, la seconda... e ha preso pure a sua sorella e le ha asportato il polpaccio. ..e sono caduti l'uno addosso all'altra. ..vaffanculo! Hai capito?", ammicca il bossa a sostegno della sua tesi. Quindi tronfio, ricorda ancora le parole di minaccia rivolte all'uomo riverso a terra "gli ho detto: «per questa volta - gli ho detto io - caro Saverio "BARRACCA", hai sbagliato casa e numero civico...per questa volta ti taglio un'anca...la prossima volta ti taglio la testa...a te - gli ho detto io - e a Gaetano Parrello".
E la brutale intimidazione, continuerà a raccontare il boss, sarebbe stata coronata da successo. Nel giro di poco, il terreno sarebbe passato alla cosca. Ovviamente senza sborsare una lira. Né alla legittima proprietaria, né all'Avvocato La Capria, terrorizzato amministratore dei terreni oggetto di contesa, invitato dai Gallico a redigere un atto di donazione del terreno. Anche questo gratis. " Fai.. fai.. fai due righe gratis", racconta – fra le risate - di aver consigliato Gallico al legale.
Un episodio che per il boss è una lezione di vita che da "buon padre di famiglia" pretende di tramandare ai propri congiunti. "capito? Le cose quando ci metti la faccia. ..non è che ti devi nascondere. ..tu. ..le cose sono. ..si fanno certe cose di nascosto quando. . . (n. d. r. : effettua un sesto orizzontale con la mano,verosimilmente per far capire ai congiunti che si riferisce agli
omicidi). ..ma quando le fai con la faccia tua tremano... tremano. ..(n.d.r.: con le dita della mano destra mima il gesto che indica paura)... perché quando glielo dici serio, gli dici: «a me non m'interessa che mi denunci per questo... perché io poi ti taglio la capoccia. ..eh. ..a me non m'interessa!»
Una storia, che per via Concordato 41, si ripete. Gli stessi metodi coercitivi e di natura
mafiosa utilizzati per l'impossessamento del terreno, verrano di lì a poco infatti utilizzati anche per la costruzione della "Villa". Il clan infatti aveva prima estorto denaro all'avvocato Marco Masseo per finanziare la costruzione dell'immobile quindi aveva aveva impedito al cognato del legale, Alfonso Lirosi, di accedere alla villa di sua proprietà, che sorgeva su un terreno confinante con quello dei Gallico e sulla quale la cosca aveva – ovviamente – messo gli occhi.
«Che non si azzardi a mettere un piede li dentro– racconta il boss Gallico agli ammirati familiari -..,che come entra con il piede lì dentro glielo taglio (n.d.r.: ridono tutti fieri)" Un'interdizione che durerà per oltre un anno e mezzo e cesserà solo a una condizione: lo stesso Lirosi avrebbe dovuto accollarsi i costi di costruzione dello stabile degli ingombranti vicini di casa. "Sai per quanto non è entrato? Per un anno e mezzo di seguito...dopo che si sono comprati la casa non sono entrati. Quando gli ho telefonato mi ha detto suo cognato, mi ha detto: «può entrare mio cognato?» «Fatelo entrare!» Nella proprietà sua. ...(n.d.r.: strofina le dita della mano per fargli capire che gli ha imposto l'estorsione)., .gli ho detto io: «mi dovete fare la casa! Mi ha dato i soldi e mi sono fatto la casa. Ah, no! Io gliela stavo prendendo la villa...ma gliela stavo prendendo di brutto!"ah no! Io ero cattivo non pensare che ero...come alzavo i telefono...(n.d.r.: unisce le dita della mano per far capire che le vittime avevano timore di lui)", riferisce ancora il boss, mentre i familiari ridono contenti e fieri degli eventi narrati. Poi, un'ombra: "una volta lo potevi fare, ora è tutto...", sospira con rammarico la moglie Maria Carmela. "Ora è tutta un'altra suonata", si affretta a concludere sollecita la figlia Italia.
Un'altra suonata che per la cosca Gallico ha segnato la fine di un dominio lungo quarant'anni. Un declino costruito su operazioni, arresti e processi che hanno decimato le fila del clan, ma che nel sequestro dell'immobile simbolo del loro potere ha un punto di svolta significativo. Un sequestro che oggi – forte dei nuovi elementi e senza l'avvocato Minasi che in passato ha curato la pratica per il dissequestro, attualmente finito a tenere compagnia ai membri del clan dietro le sbarre – potrebbe aprire la strada a una definitiva confisca.