"Sistema Reggio": il ruolo dell'avvocato Giorgio De Stefano

destefanogiorgio avvocatodi Claudio Cordova (foto Ansa) - Nelle conversazioni intercettate lo chiamano "il massimo". Lo scalino più alto della gerarchia criminale a Reggio Calabria. Per nominarlo, spesso, abbassano il tono di voce, segno di rispetto e paura, sebbene la figura sia evocata solo in sua assenza. L'avvocato Giorgio De Stefano. Entra ed esce dalle carte giudiziarie, come un'eminenza grigia, l'uomo capace di dialogare, fin dagli anni '70, con i vertici della 'ndrangheta, ma anche con soggetti istituzionali e paraistituzionali: massoneria, destra eversiva, servizi segreti deviati.

Sono stati i pubblici ministeri Roberto Di Palma e Rosario Ferracane a mettere sotto la lente d'ingrandimento, a distanza di anni dalla condanna a 3 anni e 6 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa nell'ambito del procedimento "Olimpia", la figura dell'avvocato. E' lui il personaggio principale dell'inchiesta "Sistema Reggio", che ha svelato il controllo opprimente delle cosche di 'ndrangheta, anche per l'apertura di un bar-pasticceria nel centro cittadino. A lui si sarebbe rivolto uno degli indagati, Carmelo Giuseppe Nucera, che avrebbe dovuto aprire un bar nei locali dove, per anni, era ubicato il celebre bar Malavenda. Ci aveva provato, pochi mesi prima, la famiglia Nicolò, notoriamente vicina agli ambienti della cosca Serraino, ma era stata ricacciata via e indotta a vendere a suon di bombe alla famiglia Stillittano, cosca dell'area Condello, che divide il rione Santa Caterina con i Franco, esponenti dell'ala De Stefano-Tegano.

Nucera si sarebbe rivolto al "massimo".

Nucera riferirà a un amico che per assicurare l'attività commerciale si era rivolto alle "Generali" ma poi, con l'intermediazione di un amico, era stato contattato dall'avvocato Giorgio De Stefano, sicché aveva ottenuto"da più parti la garanzia al mille per mille di alcune cose"tanto da rimarcare, da un lato, l'inconsistenza della minaccia degli Stillitano e, dall'altro, l'impegno diretto degli Araniti che, a loro volta, avevano manifestato un interesse personale nella nuova attività commerciale ("che resta fra noi, io avevo fatto l'assicurazione con le Generali...e poi mi ha chiamato Giorgio De Stefano, Giorgio De Stefano l'avvocato, tramite un amico per l'assicurazione...loro praticamente da più parti mi danno la garanzia al mille per mille di alcune cose, che lui (n.d.r. De Stefano Giorgio) dice che loro (n.d.r. gli Stillitano) non contano un cazzo...gli Araniti si sono presi l'impegno loro, i cosi...non ci sono problemi, non succede niente perché...l'hanno messa come se fosse una cosa che interessa a loro a livello personale."). Ma i De Stefano, come altre cosche, avrebbero preteso l'assunzione di personale ("e ora sicuramente, siccome mi ha chiamato coso, qualcuno me lo cerca pure lui e non gli posso dire di no, Giorgio De Stefano"), dal quale aveva ottenuto massima protezione per l'avvio dell'attività commerciale ("che si stiano tutti zitti ha detto"),nonché, a fronte delle titubanze espresse dall'incaricato delle Generali, la stipula dell'assicurazione con la filiale della Carige gestita dalla figlia Diana Rita classe 1972("poi mi ha detto: "...vieni da me che te la faccio io l'assicurazione"...Giorgio De Stefano"). Nel corso delle tante intercettazioni captate dalla Squadra Mobile, Nucera precisa quindi che al "massimo" esponente delle gerarchie mafiose dei De Stefano era giunto grazie all'intermediazione di un amico che aveva preso contatti direttamente con l'avvocato ("Giorgio De Stefano, ha parlato un amico, non è che lo conoscevo direttamente..."). Dal suo referente Nucera aveva avuto assicurazione di poter avviare quindi l'attività senza alcuna remora ("deve aprire, di non preoccuparsi"), dal momento che Giorgio De Stefano, definito il "massimo" ("...Penso che quello è il massimo, no?...") rappresentante della cosca De Stefano avrebbe parlato dall'alto della sua autorevolezza mafiosa sicché, in conseguenza del suo diretto intervento[ "se parla lui (n.d.r. Giorgio De Stefano" ], gli Stillittano avrebbero dovuto necessariamente piegarsi, pena gravissime conseguenze, ("perché incominciando da quello gli mettono il muso nel culo...gli mettono il muso nel culo e non parlano più!").

Proprio all'interno della filiale Carige, Nucera e l'avvocato Giorgio De Stefano avrebbero avuto un colloquio che Nucera sintetizza così al fratello: "Mi ha detto <ma tu devi essere un grande figlio di puttana>, mi ha detto". Gli ho detto <perché?>. <Tu stai facendo le cose a serrande chiuse, cioè... non si sta parlando più niente di te, tu arriverai che apri tutte le serrande, quando apri tutte le serrande, se avevano pensato di fare qualcosa non ti possono fare più niente> ha detto [omissis] ha detto: <Hai studiato la cosa giusta... non... certo occhio non vede... cioè non va nel cervello dei cristiani o no?>".

Un nome ricorrente, quello dell'avvocato Giorgio De Stefano. L'unico che, per nome, storia e carisma criminale può dirimere la questione e portare a un rapido componimento dei contrasti sorti con gli Stillittano.

Un nome che Nucera spende anche parlando con Roberto Franco. Questi sarebbe il capo del rione Santa Caterina, diviso per metà tra lo schieramento dei De Stefano-Tegano (cu si riferisce proprio Franco) e per metà ai Condello, rappresentati dagli Stillittano che, dicono i due conversanti "fanno quello che vogliono". Lo stesso Franco, uomo forte della 'ndrangheta di quei luoghi, non può mettere becco perché la spartizione impone il rispetto delle decisioni altrui: "Io non gli posso dire... hai capito? Come lo stesso loro non mi possono dire a me che prendo una decisione io... non mi possono dire niente a me". Da qui, dunque, il riferimento a Giorgio De Stefano: "Io ho parlato sia con i De Stefano , sia con i Tegano" dice Roberto Franco. "L'assicurazione Giorgio me la sta facendo" replica Nucera, facendo riferimento alla figlia dell'avvocato, Diana, responsabile della filiale Carige "sua figlia mi sta facendo l'assicurazione, nonostante ha avuto la negazione della sede centrale alla precedente affermazione ... lei ha fatto la forzatura a farmi l'assicurazione al bar". Una figura – quella dell'avvocato Giorgio De Stefano - capace di incutere timore. Lo stesso Nucera bolla come voci per allarmare le minacce di morte subite e apprese dalla figlia. Proprio in virtù del personaggio interpellato, l'avvocato Giorgio De Stefano: "E' uscita questa voce, secondo me l'hanno buttata per allarmare più che altro, perché... chi si è mosso... devono solamente stare zitti".

E sarà la stessa Diana De Stefano, a detta di Nucera, a convincersi, a seguito delle ampie rassicurazioni ricevute dal padre, dell'assenza di ulteriori concreti rischi, per un locale già danneggiato da un atto intimidatorio e interessato, alcuni giorni dopo, dalla collocazione di un nuovo ordigno: "Sì, lo so che non succede più niente" avrebbe detto la donna. Un' affermazione che i giudici commentano così: "Era era il portato del concreto e autorevole interessamento alla vicenda in questione da parte del padre, avv. Giorgio De Stefano, nonché consequenziale al definitivo raggiungimento di un accordo tra le varie cosche di 'ndrangheta operanti nel territorio di Santa Caterina.

Il bar verrà inaugurato a metà 2014. Al termine delle settimane frenetiche intercettate dagli inquirenti.