Una vera e propria successione, come nelle più importanti "dinastie" mafiose, quella che aveva portato Marco Perna, 41 anni, figlio del boss Franco, condannato all'ergastolo ed in regime di 41 bis, sanguinario protagonista durante la guerra di mafia degli anni Ottanta, alla guida dell'omonima cosca di 'ndrangheta che operava nel territorio cosentino, e stamattina finito agli arresti dopo il blitz dei carabinieri che hanno fermato, oltre allo stesso, altre 18 persone. 31 invece gli indagati.
Le persone fermate sono accusate dalla Dda di Catanzaro di fare parte di un'associazione di tipo mafioso dedita al traffico di stupefacenti a Cosenza, guidata dal clan Perna.
Nell'operazione sono impegnati circa 140 militari, tra cui le "teste di cuoio" dei carabinieri dello Squadrone eliportato "Cacciatori di Calabria" e le unita' Cinofile antidroga e antiesplosivo.
L'attivita' investigativa, particolarmente articolata, e' stata coordinata dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro (procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri e sostituto procuratore Pierpaolo Bruni) e svolta dai militari del reparto operativo del Comando provinciale di Cosenza in collaborazione con i colleghi della Compagnia del capoluogo bruzio. L'attivita' di monitoraggio dei principali indagati ha abbracciato un periodo di circa un anno, a partire dal settembre 2014 fino ad oggi
I nomi dei 19 destinatari del provvedimento di fermo firmato dal procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri e dal sostituto Pierpaolo Bruni sono: Marco Perna, appunto, 41 anni; Pasquale Francavilla, 40 anni; Giovanni Giannone, 46 anni; Andrea Minieri, 34 anni; Giacinto Bruno, 43 anni; Alessandro Marco Ragusa, 28 anni; Giuseppe Chiappetta, 32 anni; Alessandro Andrea Cairo, 23 anni; Andrea D'Elia, 23 anni; Ippolito Tripodi, 22 anni; Bruno Francesco Calvelli, 25 anni; Denis Pati, 23 anni; Danilo Giannone, 26 anni; Paolo Scarcello, 24 anni; Francesco Scigliano, 23 anni; Domenico Caputo, 38 anni; Pasquale Bruni, 36 anni; Francesco Porco, 37 anni; Giuseppe Muto, 31 anni.
Tra gli affari principali dell'organizzazione vi era, senza alcuno dubbio, il traffico di cocaina, hashish e marijuana, organizzato grazie anche ad una fitta rete di spaccio in grado di rifornire le piazze cosentine e del suo hinterland.
Le indagini hanno portato, infatti, al rinvenimento di un vero e proprio deposito di armi e droga nel quartiere Serraspiga di Cosenza, dove sono stati sequestrati 110 chili tra hashish e marijuana
Era qui, e in tutto il comprensorio, che imponevano il loro dominio e il loro controllo, attraverso l'utilizzo di modalità tipicamente mafiose, con l'ausilio delle armi e della forza.
Marco Perna, nello specifico, aveva guidato il gruppo dopo l'arresto del padre, 20 anni fa, dopo la guerra tra le cosche che volevano il dominio della città: quella che faceva capo a Franco Pino e Antonio Sena, quella di Perna e dei fratelli Pranno.
"La giustizia per essere credibile deve essere efficace e dare subito risposte". Così il procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Vincenzo Antonino Lombardo, ha commentato la scelta di procedere con un fermo nei confronti dei 19 soggetti legati al clan Perna di Cosenza per reati di droga. Marco Perna, figlio 41enne del più noto boss Franco Perna oggi detenuto, avrebbe ipotizzato un suo trasferimento in Brasile per inserirsi in un traffico più ampio di stupefacenti e questa possibilità "per noi costituisce un pericolo di fuga", ha spiegato il magistrato. Da qui l'emissione dei fermi eseguiti oggi nell'operazione "Apocalisse". Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno trovato riscontro in intercettazioni e pedinamenti dei carabinieri, l'attività investigativa ha accertato l'esistenza di un gruppo dedito allo spaccio di droga. Il canale di approvvigionamento era calabrese e romano per le sostanze leggere mentre la cocaina veniva rifornita dal gruppo cosentino degli Zingari, in particolare da Abbruzzese noti con il soprannome di "Banana". I dettagli dell'operazione sono stati forniti in una conferenza stampa alla quale ha partecipato il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, l'attività è stata seguita dal pm Pierpaolo Bruni.