di Francesca Gabriele - Responsabile dei giovani della Dc del Cosentino. Dopo un intervento in seno al Comitato provinciale viene avvicinato dal primo presidente della Regione Calabria. Poche parole: "Mi sei piaciuto. Trovati un buco. Ti voglio in Regione. Accanto a me". Franco Alimena diventa così "l'uomo del presidente". Con Alimena abbiamo voluto ripercorrere un pezzo di storia e di politica della nostra regione. Quella storia e quella politica che hanno visto protagonisti uomini che ci credevano nella ricostruzione della Calabria e che tanto hanno dato a questa Terra. Uomini indimenticabili.
Anche la Calabria risente e non poco degli anni della guerra e poi quelli della ricostruzione. Sono gli anni in cui si forma una classe politica formata da giovani acculturati e seguaci di chi il fascismo lo aveva combattuto con idee che anticiparono successivamente vere rivoluzioni prima in politica, poi nel settore economico, sociale e perché no, anche cattolico. Il riferimento è sia a don Carlo De Cardona e sia a don Luigi Sturzo. Questa nuova classe politica si afferma giorno dopo giorno ed emergono, tra gli altri Antonio Guarasci, Dario Antoniozzi, Riccardo Misasi che trovano intesa con un giovane socialista, Giacomo Mancini e formano, siamo nel 1962, il primo Consiglio provinciale non solo calabrese, ma di tutto il Sud. È emozionante parlarne anche se in maniera così sintetica. Che cosa significò tutto questo per la Calabria?
Bisogna fare una premessa doverosa! Già in via del Liceo a Cosenza nell'abitazione di Gennaro Cassiani , poi divenuto deputato e ministro, dietro gli insegnamenti di don Nicoletti e don Carlo De Cardona, giovani aderenti alle organizzazioni cattoliche, in modo particolare alla Fuci ed all'Azione cattolica, si riunivano per preparare il ricambio della classe politica fascista. Esistono documenti importanti che provano come quei giovani che parlavano di una nuova forma di Stato, ma gli agenti dell'Ovra non capivano il senso di quei discorsi. Pensi che in pieno regime l'avvocato Antonio Misasi, allora responsabile del Movimento sindacale cattolico, sfidando il regime si portò a Bari dove partecipò ad un congresso clandestino dei lavoratori cattolici. L' abitazione dell'avvocato Gennaro Cassiani divenne il centro di riunioni delle forze cattoliche antifasciste. Ed è durante quelle riunioni si formò la nuova classe politica! Erano presenti Salvatore Perugini; Florindo Antoniozzi, lo stesso Cassiani e don Antonio Misasi sotto la super visione di don Luigi Nicoletti. don Carlo De Cardona, era stato collocato ai margini. Fu riscoperto dall'avvocato Vaccaro primo sindaco di Cosenza, che lo volle in giunta. Premesso ciò, mentre Dario Antoniozzi e Pasquale Perugini, proseguirono sul solco tracciato dai genitori, Guarasci, che come molti giovani dell'epoca aveva aderito, anche se marginalmente al fascismo, una volta fatto prigioniero ebbe la "fortuna" di essere spedito in America Seattle. Li si cibò di democrazie e dei "diritti" degli uomini. Ritornato in Calabria, forte dei principi appresi in America, aderì alla Democrazia Cristiana. Non fu una adesione "tout court", ma vi giunse attraverso lo studio dell'azione di Murri e di De Cardona. Non va dimenticato che fu lui a scoprire l'azione sociale della chiesa e della Rerum Novarum attraverso lo studio di don Carlo de Cardona. Rimane memorabile il suo saggio sul don Carlo e la Chiesa cosentina. Nella Dc, forte dell'unità politica dei cattolici, nella sua diversità nacquero le "correnti politiche" - Guarasci e Misasi unitamente a Francesco Smurra e tanti altri giovani intellettuali cosentini aderirono alla sinistra di Base di Albertino Marcora. Giovanni Galloni che voleva conoscere giovani nuovi ed impegnati, quando venne a Cosenza fu indirizzato da Guarasci. I due trovarono un'intesa eccezionale. Guarasci finalmente poteva portare a compimento il discorso intrapreso in campo nazionale con il PSI da parte delle forze più avanzate del mondo cattolico. Salì al soglio pontificio Giuseppe Roncalli, che rivoluzionò con l'indizione del Vaticano II il mondo cattolico, la seguì Paolo VI, che rafforzò le idee del Vaticano II e che con Aldo Moro aveva preparato la nuova classe dirigente. C'è da aggiungere che il papà di Papa Montini, era stato ospite a Cosenza di de Cardona, che lo aveva edotto sulle leghe bianche ed il nuovo sistema bancario attraverso la formazione delle Casse Rurali. Guarasci trova il suo terreno naturale nella sinistra di base e comincia a dialogare con Giacomo Mancini e Fausto Gullo. Il rapporto rimane coeso con Giacomo Mancini, che esprimeva il suo dire attraverso il quindicinale "La Parola Socialista", fondato dal padre Pietro Mancini e Guarasci attraverso una rivista, la sua rivista "Cronache Calabresi", redatto sulla guisa di Nord-Sud del repubblicano napoletano Francesco Compagna. Guarasci viene eletto consigliere provinciale ed assume la carica di Assessore alla Pubblica istruzione. In questa veste da inizio alla costruzione della cittadella scolastica in via Popilia, che porterà a compimento negli anni della sua presidenza. In Italia finalmente si giunge ad un accordo su un Governo con il Partito socialista Italiano. A Cosenza i tempi erano maturi: Guarasci viene eletto presidente della prima giunta dell'Italia Meridionale di Centro sinistra. Per amore della verità c'è da dire che la Sinistra di Base, sia nel partito che nel consesso provinciale era minoranza. La "corrente" più forte era quella dei Dorotei, guidata da Dario Antoniozzi, che puntava su una presidenza Pizzini di Paola, alla fine reputò che Guarasci interpretava meglio il nuovo corso della politica italiana. Rinunciò alla presidenza Pizzini e fece convergere i voti sul professore Guarasci che impersonava il nuovo corso della politica italiana e che dalle pagine di «Cronache Calabresi» ne scrisse più volte. La politica di Centro della DC si era esaurita al congresso di Napoli. Venti nuovi soffiavano in Europa ed in America, ai quali l'Italia non poteva restarne fuori. Questo evento nuovo e rivoluzionario per la Calabria segnò un grosso passo in avanti: dalla società rurale si passò ad una società impiegatizia grazie alle nazionalizzazioni che vennero fatte. In particolare l'Enel e la Sip. L'Enel tolse il monopolio che fino ad allora era stato ad appannaggio di piccoli imprenditori locali. Si iniziò un discorso di programmazione economica, con il cosentino socialista Giorgio Ruffolo a capo: Con la presidenza Guarasci si buttarono le basi per la costruzione dell'Università in Calabria. A tale proposito, inviterei a consultare il mio: "Guarasci: la battaglia per l'Università in Calabria". Per capire come quando il "potere" politico vuole e di pone dalla parte della popolazione le richieste si possono ottenere.
Oggi come oggi gli esponenti dell'attuale classe politica con una convivenza del genere avrebbero mandato in men di nulla tutto all'aria. Loro caparbiamente convinti sono andati avanti e il roglianese, Antonio Guarasci, non solo diventa il primo presidente dell'esecutivo provinciale, ma otto anni dopo, siamo nel 1970, guida la prima giunta regionale. Come si era rafforzata l'intesa politica?
Partiamo del concetto di Politica. Che cos'è la Politica. A che serve la Politica. Non a caso ho riferito la elezione di Guarasci alla presidenza della provincia di Cosenza nella prima giunta di Centro sinistra dell'Italia Meridionale, e di come l'onorevole Dario Antoniozzi rinunciò a questa carica con un suo candidato. Per i tempi nuovi c'era bisogna del nuovo e Guarasci interpretava il nuovo. Un esempio raro di come il bene comune prevalse sul "particulare" tanto caro al Guicciardini.
Unical, che lei ha già citato, autostrada Salerno – Reggio Calabria, Centro siderurgico, porto di Gioia Tauro, solo per citare alcune delle opere che gli esponenti di quella politica, a cui si aggiunsero Cecchino Principe, Pierino Buffone, riuscirono a fare realizzare. Che cos'altro avrebbero voluto portare e realizzare in Calabria?
L'autostrada, come la vaccinazione obbligatoria contro la polio, scoperto da Sabin, è stata la caparbietà di Mancini a volerli. Il "pacchetto Colombo" si è potuto avere per il semplice fatto che la politica calabrese è stata coesa e fortunata, per certi versi. Sottosegretario alla presidenza del consiglio figurava Dario Antoniozzi, Mancini era in quel momento l'uomo più potente d'Italia, Misasi era ministro e Principe sottosegretario all'Agricoltura. Guarasci con la delegazione calabrese si portò a Roma con le richieste ben precise. Non come mendicante, ma come uomo delle istituzioni che voleva il miglioramento reale della sua Terra. Quella Terra che amministrava in modo semplice e conciso. Il confronto, ricordo, con il Governo fu di pari a pari e non di sudditanza. Guarasci disse "deve finire l'emigrazione per apprendere una cultura superiore. Dobbiamo formare la classe dirigente in Calabria". Il Quinto centro siderurgico a Gioia Tauro da sempre lì destinato; il Polo chimico a Saline Joniche come l'industria delle carrozze ferroviarie a Reggio Calabria.
Guarasci voleva l'ubicazione dell'Unical nel Savuto, comprensorio a Sud di Cosenza, così non è stato. Che cosa accadde?
Per l'Università si pensò a Cosenza, ma sull'ubicazione si scatenò una polemica senza pari: Guarasci la voleva a Piano Lago con il coinvolgimento del centro storico di Cosenza; Gaetano Greco Naccarato, un ingegnere calabrese trasferito a Milano, molto potente, la voleva a Sibari. Costituì un apposito comitato. Alla fine prevalse il discorso di Arcavacata di cui si adoperò e molto Cecchino Principe. Il governo scelse di moto proprio la sede del capoluogo della regione. Tale scelta cadde su Catanzaro, quando da sempre si sapeva che tale ruolo era stato assegnato a Reggio Calabria. Da qui la famosa battaglia dei "Boia chi molla". Da qui la destra di Valerio Borghese tentò il colpo di stato e scardinare quello che faticosamente gli italiani avevano conquistato la libertà e la democrazia. Già il Borghese, aveva iniziato le grandi manovre, attentati a banche, a linee ferroviarie e via dicendo. Esasperò tanto la popolazione da, quasi, a raggiungere il suo scopo. Però, le forze sindacali e quelle politiche, scese in massa a Reggio Calabria ed evitarono il colpo di stato. Certo la destra fascista di Reggio Calabria, alcuni sacerdoti ed imprenditori locali, fomentarono il malcontento e buttarono benzina sul fuoco. Per me la battaglia dei "boia chi molla" è stata solo il teatro di un piano ben orchestrato di Valerio Borghese.
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A proposito della rivolta di Reggio, se ne parla poco, ma a questa azione politica di strategia e di alleanza per fare uscire dalla nicchia la Calabria, collaborò attivamente anche l'allora sindaco di Reggio Calabria, Italo Falcomatà. Come superarono la rivolta dei reggini?
Falcomatà, allora era ai margini del Partito Comunista italiano. Preferiva gli studi e l'insegnamento. Il Pci regionale era in mano ai cosentini: Franco Ambrogio, che ne era il segretario regionale nonché consigliere regionale nella prima legislatura, unitamente e Francesco Martorelli e Peppino Oliverio di San Giovanni in Fiore. A Cosenza, la federazione era nelle mani di Mimmo Garofalo, che veniva dall'esperienza sindacale, che con sagacia difese l'operato di Guarasci. La destra retriva che si annidava nella DC, voleva creare una crisi in seno alla compagina regionale. Guarasci era una spina per loro. Doveva essere abbattuto. Mimmo Garofalo, usò tutti i mezzi per sconfiggere questo avvenimento sciagurato. Trovò la giusta sponda in altri giovani che allora aderirono alla sinistra di base. Uno per tutti Rosarino Chiriano, eletto a Catanzaro. Poi Sergio Scarpino della sinistra sociale di Donat-Cattin, nonché tutta la formazione del partito socialista presente in quel primo Consiglio regionale da Alvaro e Consalvo Aragona. La rivolta dei reggini, fu superata, come dicevo prima, grazie al sindacato ed ai partiti dell'arco costituzionale che si opposero con ogni mezzo al disegno di Borghese. Il colpo finale, lo diede Guarasci. Quando al teatro Cilea di Reggio Calabria sfidando i facinorosi, tenne il memorabile discorso, che oggi dovrebbe essere riletto e messo in pratica. Si rivolse a tutti i calabresi presenti ed emigrati in modo accorato che lasciò di stucco tutti.
Lo ha appena citato, non marginale fu l'impegno alla Regione del compianto senatore del Pci, Francesco Martorelli. Un uomo dai modi raffinati, ma chi conosce la sua storia professionale e politica, gli attribuisce alche un incredibile pugno di ferro. Come lo ricorda?
Ciccio Martorelli, comunista anomalo, eletto in consiglio regionale è stato sempre dalla parte dei deboli e della legalità. La sua appassionata difesa nel processo Losardo di Cetraro lo dimostra. Andava, con tutti i mezzi, a cercare la verità su quel assassinio. Oggi, abbiamo visto che la massoneria deviata e la delinquenza comune avevano stretto un legame sottile. Poi per la sua preparazione unitamente alla signora Geltrude Buffone vedova Guarasci, lo abbiamo voluto nel Consiglio di amministrazione della Fondazione Guarasci, tanto, poi, di affidargli anche la presidenza.
Lo ha ricordato De Mita in un incontro a Cosenza al quale prese parte Misasi, dopo anni che si era ritirato a vita privata, e mi piacerebbe lo raccontasse anche lei, mi riferisco all'aneddoto della sacrestia ...
La Chiesa cattolica cosentina, legata più al Consilio di Trento che al Vaticano secondo a noi della Sinistra di base, provenienti quasi tutti dall'Azione Cattolica, incentivò la definizione dei comunisti di sagrestia. Noi fummo bollati con questo marchio, però ne andavamo fieri. La sinistra di Base a Cosenza ed in Calabria non superò mai il 10% degli aderenti. Eppure quel 10% valeva più del 70% rappresentato dai dorotei. Ricordo che ad un congresso provinciale di Cosenza, molto dibattuto, passò la mozione espressa della sinistra di base e non quella della maggioranza. Da minoranza dettavamo legge!!!
Lei ricorda qualcuno di questi "comunisti di sagrestia"?
Con un po' di presunzione posso affermare che me li ricordo, quasi tutti. Eravamo un gruppo coeso. Con Misasi che svolgeva il ruolo di padre unitamente a Guarasci. "I comunisti di sagrestia" più impegnati e che tutti si riconoscevano nella Sinistra di base li troviamo: a San Giovanni in Fiore con Emilio De Paola, Salvatore Meluso, Salvatore Oliverio e Saverio Basile che è stato il direttore responsabile di «Cronache Calabresi», la rivista di Guarasci. Questo gruppo è stato sempre presente alle manifestazioni che venivano indette. Arrivavano con una piccola cinquecento per dare il loro contributo al dibattito; ad Amantea il gruppo storico e forte e determinato trovava nella figura del dottor Natuzzo Marinaro in Pierino Policicchio e Mimi Alecce i veri animatori della questione sociale, in seguito seguiti da Franco Tonnara e Mario Pirillo. Quest'ultimo vi prese parte per poco tempo. Poi seguendo una logica territoriale a Cariati i fratelli De Nardo, con Tonino il vero animatore; a Crosia l'ingegnere Franco Rizzo, recentemente scomparso; a Corigliano il preside Di Noia, Franco Pistoia, poi eletto al Senato della Repubblica e Peppino Palma; a Trebisacce L'ingegnere Leonardo Micelli e Michele Viceconte; a Cassano Jonio i fratelli Aloise, con Totonno il più attivo e Peppino più pragmatico eletto sia in consiglio regionale che alla Camera dei Deputati; A Castrovillari Vincenzo Varcasia, un passionario, unitamente ad un professore di matematica Mimmo...; a Morano Calabro il prof. Gaetano Santagata, che ricoprì anche la carica di Sindaco; a Mormanno Angelo Donnici; a Laino Borgo il prof. Boccia e Terenzio Calvosa; a Saracena Gabriele Viola; a Praia a Mare i fratelli Praticò con Antonio animatore, qui c'era un aiuto che in pochi sapevamo, quello Avv. Cicchetto Fortunato; a Scalea e Verbicaro Renato Biondi; a Santa Maria del Cedro, Pierluigi Maradei; a Diamante l'anima più combattiva di Ludovico Fabiano; a Cetraro Tonino Panebianco e l'ufficiale postale che poi venne eletto in consiglio provinciale; a Fuscaldo donna Assunta Zicarelli, la pasionaria, ed alla frazione Scarcelli il prof. Gravina; a Paola Franco Martello e Sandrino Gravina, deceduto prematuramente; a san Lucido con una mano anche a Rovito il dottor. Franco Nunziata; a Belmonte l'esattore comunale che si distingueva per la forma di pizzetto che portava; ritornando ai centri all'interno a San Marco Argentano l'avv. Salvuccio Di Cianni; a Lattarico Vincenzo Presta e a San Benedetto Ulluano Gigì Mazzuca, Oleferne Morelli e suo figlio Franco, Leonardo Leodoro e Totonno Alfano; poi il nutrito gruppo di Rota Greca Mazzuca Mario Mari, Franco Capone, Rinaldo Mazzone; a Tarsia ci dava un aiuto il preside Caputo, poi divenuto Sindaco; a Luzzi il gruppo che faceva capo al Senatore Smurra ed al prof, Palermo e Gaetanino Sprovieri, a Bisignano oltre a Mariano Rende c'erano i pugliese in particolare Ciccio e suo fratello sacerdote oltre a Mons. Pellegrino, che operava anche ad Acri, dove con Ciccio Branda e il professor Giuseppe Fiamma erano il punto di riferimento. Il Branda un po' di tutti i maggiorenti della politica cosentina; a Rose Emilio Talarico, poi divenuto anche Sindaco; a San Pietro in Guarano Rossella Indrieri mentre a Lappano l'Ing. Luigi Conforti e Romilio Jusi, entrambi eletti alla carica di primo cittadino in tempi diversi; a Rovito Gerardo Mazzuca, anche lui, poi, eletto Sindaco, a Celico Gaetanino Leonetti e Peppino Ripoli, a Spezzano della Sila Tommaso Barrese ed Ugo Riccio. Mi lasci ricordare una figura mitica di Spezzano della Sila, il parroco don Peppino Filice. Don Peppino stava tra le persone. Sempre davanti all'edicola-tabacchino con la sua sigaretta sempre fra le mani. Quando mi vedeva arrivare per qualche manifestazione mi tacciava come "comunista di sagrestia". Allora la lotta politica nei confronti dei comunisti nella Presila era "sanguigna". Aspettava sempre la fine dei nostri incontro tenuti nella sezione della Dc posta sopra la piazza delle fontane, per continuare a rimproverarci; ad Aprigliano i miei genitori ed Italo Cosentini, poi aderì a forze nuove di Donat-Cattin; a Rogliano Raffaele Guarasci, fratello del profoessor Guarasci; a Dipignano Antonio e Francesco Capocasale; a Mendicino ci aiutava il professore Micuzzu Trozzo, sindaco benemerito di questo Centro. A Catanzaro e provincia allora l'animatore era Rosario Chiriano, con Peppino Gualtieri farmacista di Crotone, Calabretta sindaco di Soverato, Gerardo Pagano ed Enzo Misaggi nonché Ninì Senese, eletto poi alla Camera dei Deputati. Soverato era il luogo d'incontro delle varie manifestazioni della sinistra di base, come pure Laurignano e il Convento di San Francesco d'Assisi a Cosenza. Per la scelta del candidato alla Camera si tenne una due giorni di dibattito: qui Pierino Rende, fece un discorso eccezionale tanto da guadagnarsi la candidatura alla Camera; Mentre a Laurigano si scelse il candidato che doveva sostituire il compianto Prof. Guarasci. Avanzarono la candidatura Salvatore Oliverio di San Giovanni in Fiore e Peppino Aloise di Cassano. Dopo un tira e molla e una parità di voti prevalse Peppino Aloise che fu puntualmente eletto nel consesso regionale. Tra Oliverio e Aloise, si tennero delle primarie, che di molto precedettero quelle che sono divenute in seguito. Nella provincia di Reggio Calabria gli animatori erano Enzo Benedetto; Pepè Nicolò ed i fratelli Sainato di Locri. Infine il gruppo storico di Cosenza città: Franco Locanto, che rappresentava il freno morale di tutta la sinistra di base, così come don Antonio Misasi il freno economico. Consegnava tanti "santini" quanti voti presumibili poteva avere il candidato in quel paese; Mariano Rende; Ciccio Smurra, Mario Giordano, Fausto Lo Feudo, Pierino Rende, Arturo Fusco, Pio Cozza e Carmine Ruffolo. Questi ultimi sono stati eletti tutti nel civico consesso di Cosenza occupando anche il ruolo di assessore. Poi c'eravamo i giovani: Oreste Morcavallo, Rosario Calvano, Franco Rende, Tonino Carbone che era il coordinatore anche a Marano Marchesato unitamente al Prof. Antonio Marigliano. Molti di questi quando Martinazzoli disse che la DC non esisteva più, presero altre vie: molti in forza Italia, abbagliati dal Berlusconi; altri, poi passarono con Di Pietro, erano quelli che fiutavano come si poteva restare in auge, altri nella Margherita, altri poi sono tornati nel PD, ed altri ancora si sono allontanati dall'agone della politica-politicante.
Lei che ha lavorato con Guarasci e ha conosciuto uomini di questa statura politica, come guarda la politica calabrese contemporanea?
Oggi non esiste la politica, esistono politicanti che pensano all'oggi, al tornaconto personale e non al futuro. Qui mi viene in aiuto De Gasperi "lo statista pensa al futuro, il politico pensa all'oggi". Se lei ha la bontà di leggersi l'ipotesi di sviluppo della Calabria, pubblicato da Guarasci sul «Comune democratico» ed «Aggiornamenti Sociali», poco prima della sua dipartita, troverà come ancora oggi è attuale. Volevano tempo fa, con il direttore del «Quotidiano della Calabria», Matteo Cosenza, ripubblicarle, a mo' di scherzo. Poi desistemmo. Forse abbiamo sbagliato... chi sa...!
Tornerà la politica del fare per la nostra regione più che dell'avere per interesse personale?
La vedo dura. Più passa tempo e più sprofonderemo. Monsignor. Rimedio vescovo di Lamezia, un giorno alle mie perplessità mi disse "Franchice' sappi che il fondo non si raggiunge mai". Beh, io credo che il fondo sia stato raggiunto e che sia ora di risalire la china. I calabresi hanno da sempre votato con la pancia e mai con il cervello, o, hanno votato contro per togliersi qualche sassolino. È ora di finirla di pensare in questi modi. Bisogna che riprenda l'ascolto e non l'egoismo, al posto dell' io, prevalga il noi. Guarasci era ed impersonava il noi. La sera quando rientravamo doveva farsi la passeggiata a corso Mazzini, discutere con i vecchi amici e colleghi, Luigi De Franco, Geppino Ciacco, Peppino Plastina ed il giovane Gerardo Mazzuca, vicepreside di De Franco. Era una goduria sentirli: da Telesio a Campanella, da De Cardona a Matteotti, ai problemi della Calabria. Ma, il vero "noi" di Guarasci, l'ho vissuto in prima persona, quando giunti a Catanzaro, al palazzo della Provincia dove fu ospitata la prima Giunta regionale, chiamai un presidente di una banca per raccomandare il giovane di un paese della provincia di Cosenza. Il professore quando dissi il motivo della telefonata, mi fece chiedere il telefono e mi apostrofò "...sto' contrattando 8mila tute blu per Gioia Tauro, dove certamente sconfiggeremo la mafia, e tu mi fai perdere tempo per un solo posto...". Infine se mai lo spirito di educatore: aspettava sempre che si arrivasse alla sedici. Apriva una libreria nella Galleria Mancuso adiacente la sede della Provincia, perché era assestato di libri. Un giorno era uscito in edizione economica "Stato e Chiesa in Italia "di Carlo Arturo Jemolo. Era in bella mostra e mi disse: "Lo hai letto questo!". Risposi di No! "Te lo regalo, mi disse il presidente, però domani mi devi fare il sunto del primo capitolo".