di Francesca Gabriele - La storia di Vincenzo Carrozza, medico, è tra quelle che offre spunti di riflessione, ma anche di speranza; la speranza che ci si può riscattare anche dopo aver vissuto in determinati contesti sociali. Carrozza è nato a Locri ed ha vissuto uno spaccato della sua vita faccia a faccia con la 'ndrangheta. Carrozza ha vissuto l'esperienza del carcere. La volontà di farcela, di essere uomo ed esempio della Locride positiva, l'ha portato a studiare, a scrivere interessanti libri, a farsi voce per far sì che tanti altri Carrozza possano trovare la luce dell'onesta, della legalità.
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La domanda è scontata, ma è un obbligo per me farla: che cosa significa nascere e poi crescere in certi ambienti della Locride?
Nel mio ultimo libro, "A Famigghia" il personaggio principale, Ruggero, vive la sua condizione di "ndranghetista inconsapevolmente. Non immagina che il suo futuro e la sua stessa vita siano giorno dopo giorno in pericolo. Lo sono fin dalla sua nascita. Non lo immagina perché non ha gli strumenti culturali per farlo. Perché non ha un altro mondo possibile con cui confrontare il suo. Lui ama le tradizioni della sua famiglia. Senza confrontare, vede ogni cosa perfetta, priva di contraddizioni.
Quando s'inizierà, purtroppo non tutti lo faranno, a capire che quella realtà non è la sola ed è pure sbagliata?
Lo inizi a capire quando ti confronti con altre realtà che sono fuori da quella dove hai vissuto con la tua famiglia per generazioni. Non basta. Lo capisci se hai gli strumenti culturali per capirlo. Se hai avuto la fortuna di avere una scuola che ti ha fatto amare il sapere e ti ha aiutato nel processo di formazione di una coscienza critica. La coscienza critica ti consente di capire che le strade che portano sofferenza, come la galera, o addirittura la morte, non sono strade che possono essere percorse da un uomo intelligente.
Da dove si attinge il coraggio per riscattarsi?
Sinceramente non so cosa sia il riscatto sociale. Esiste solo un riscatto personale. Esiste abbandonare il pericolo e l'agitazione continua, abbandonare una vita vissuta nel disordine per trovare una vita serena, ordinata, priva di odore della morte ad ogni ora, ad ogni angolo. La società, tranne pochi eccezionali esempi, per quanto possa apprezzare la tua "svolta", ti considera sempre un corpo estraneo. Un alieno che ha abbandonato il suo branco, per entrare in nessun altro branco. Rimani per tutta la vita una singolarità.
Lei ha scritto un libro dal titolo "La Calabria, storia di una terra infame". Mi ha molto colpito questo titolo, perché sicuramente, nella nostra regione e non solo, il livello del malaffare che attribuiamo quasi per scontato alla criminalità organizzata, ha fatto un salto e oggi ci ritroviamo politici, colletti bianchi, coinvolti in tutto questo. Vincerà mai l'onestà e finalmente usciremo dal girone infernale del bisogno da cui il "male " attinge la sua forza?
Ho scritto un articolo appassionato dal titolo "Storia della Calabria infame" in cui evidenzio che ormai la cultura criminale ha conquistato gli strati borghesi, produttivi e impiegatizi della nostra regione. Non c'è stato il salto di qualità della "ndrangheta che voleva realizzare il sogno di "costruire figli borghesi", allo scopo di fargli abbandonare il limbo criminale. Abbiamo assistito ad un miracolo opposto: la classe borghese, produttiva e degli impieghi pubblici, ha mutuato lo stile "ndranghetistico: i reati non sono vissuti più con vergogna ma con orgoglio.
Essere figlio di un boss quanto costa in termini di libertà?
Io ho un sogno. Sogno la mattina in cui migliaia di "ndranghetisti si presenteranno spontaneamente alle caserme dei Carabinieri, della Polizia, della Finanza. Si presenteranno ai giudici e dichiareranno: "Ecco, oggi, noi ci arrendiamo allo Stato. Signor capitano, signor giudice, noi non lo facciamo perché abbiamo paura della legge. Noi, non lo facciamo perché ci spaventa il carcere. Non lo facciamo perché vogliamo scappare dai nemici o dalla morte. Noi, signor giudice, signor capitano, ci arrendiamo perché abbiamo capito che anche i nostri figli hanno diritto ad un futuro che non sia di sofferenza e di galera, di morte e di affanni. Lo facciamo perché prima che essere "ndranghetisti vogliamo essere padri che amano i propri figli sopra ogni altra cosa. Ecco, vogliamo essere veramente uomini d'onore".
Quando ha capito che era il momento di cambiare pagina?
L'ho capito ogni volta che guardavo gli occhi di un ragazzo del mio mondo e li vedevo privi di futuro. L'ho capito ogni volta che facevo la fila per entrare in carcere a visitare mio padre in mezzo ad un carnaio umano, dove la dignità dell'uomo si perde. L'ho capito ogni volta che c'era una perquisizione delle forze di polizia a casa mia e venivo buttato giù dal letto perché bisognava controllare anche nel mio materasso. L'ho capito quando le persone che abitavano la società civile di un tempo mi consideravano come un soggetto privo valore, probabilmente come privi di valore vengono considerati i migranti, i poveri, gli esclusi. Io ero un escluso, forse peggio, inconsapevole di esserlo.
Dove e come vive oggi?
Oggi, vivo una realtà diversa al Nord e sono un professionista. Ho lavorato molto per divenirlo. Ho studiato più duramente degli altri. Ho faticato più delle persone "normali". E' normale anche questo per noi: soffrire e sacrificarsi più duramente di altri per raggiungere un obiettivo di serenità e di normalità.
Ritorna nella Locride e che cosa è cambiato in quel contesto?
Ritorno, e nulla mi pare cambiato. Gli stessi mali si mangiano uomini e cose. Torno per mia madre, per mia sorella, per il mare e per la nostalgia. Torno e mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se fossi nato in un altro luogo con altre possibilità . Torno e il terzo giorno ho già voglia di andare via, nella mia nuova terra, dove gli alberi hanno ancora un profumo antico e le strade si possono camminare con tranquillità.
Qual è il suo messaggio ai giovani che cadono nella rete della malavita?
Non mi sento di dare messaggi ai giovani perché credo di non aver fatto nulla di eccezionale. Ho solamente seguito il mio istinto di sopravvivenza in maniera differente: non mi sono offerto in sacrificio alla "ndrangheta e nemmeno ad altri dei feroci. Mi sono offerto in sacrificio a me stesso. Pensavo di meritare di più dalla vita che perquisizioni e galera. Mi sono dato un obiettivo e, tra mille difficoltà, l'ho raggiunto. Chi pensa di meritare di più dall'esistenza non può percorrere la via della "ndrangheta.
Sinceramente: nella sua ritrovata libertà ha sconfitto la paura?
Sinceramente non ho mai avuto paura della morte, ho sempre avuto paura della vita. Ho sempre avuto paura di vivere una vita non mia, una vita "per forza". Non volevo, a un certo punto, accorgermi di aver vissuto una vita che non mi apparteneva. Allora ho scelto. E' sempre una questione di scelta, netta, specie per noi figli di Famigghia.