Sono quasi cinque i secoli di carcere che il Gup della Dda di Catanzaro ha inflitto a 52 dei 62 imputati che avevano scelto il rito abbreviato nel processo Overloading. L'inchiesta coordinata dai pm Vincenzo Luberto, Antonella Lauri e Raffaella Sforza, aveva smascherato, i primi di dicembre del 2010, una rete di narcotraffico dal Sudamerica alla Calabria. Un legame fatto di cartelli e contatti "unificati" tra il clan Muto di Cetraro, la 'ndrina di San Luca e quella dei Chirillo di Paterno. Tre gruppi per un "lavoro" congegnato: prendere la droga dal Sudamerica e muoverla tra Cosenza, il Savuto e il Tirreno cosentino. A coordinare il tutto per i magistrati erano Romano Chirillo, Francesco Strangio, condannati a 18 anni di carcere, e Franco Scornaienchi e Bruno Pizzata, cui il giudice ha comminato 16 anna di reclusione. Quest'ultimo, nato a San Luca, secondo la Dda, era il broker di riferimento del gruppo e uomo fidato dei narcos, capace di muovere quantità impressionanti di cocaina attraverso tutta l'Europa a prezzi molto più bassi rispetto allo standard dei cartelli. Una condanna pesantissima – 12 anni - è stata inflitta anche a Luigi Verde, il tenente colonnello dei carabinieri all'epoca dei fatti in servizio a Bolzano che aveva il compito di far viaggiare la droga in maniera sicura, tramite percorsi ben studiati e protetti. In casa sua fu trovato anche un arsenale. Verde, nonostante tutto, ha deciso in seguito di collaborare con i pm, spiegando e circostanziando fatti e vicende legate a questa storia, rivelando così un ruolo attivo nel gruppo. Un gruppo dalle origini diverse, ma dagli interessi convergenti, in cui a metterci i soldi erano in tanti. Incluso dal carcere, come Franco Scornaienchi detto "cumbietto", secondo la Dda l'uomo di fiducia del boss Franco Muto che dal carcere forniva indicazioni ai figli Giuseppe e Luigi, di 14 e 20 anni, su come e quando investire il denaro la coca, da consegnare poi in parte ai Chirillo di Paterno. Per i magistrati, quello dei Muto è uno dei clan più potenti della Calabria. Di base a Cetraro, sul Tirreno cosentino, e con a capo Franco Muto alias "il re del pesce", così soprannominato per il monopolio imposto sul commercio ittico tra Cetraro, Paola, Scalea, Fuscaldo e Amantea, si è macchiato anche di omicidi eccellenti, come quello di Giannino Losardo, ex assessore del comune di Cetraro ed esponente del Pci.