di Claudio Cordova - Hanno l'acre sapore della condanna le parole messe nero su bianco dai giudici del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, che hanno confermato gli arresti domiciliari nei confronti dell'ex capogruppo del Popolo della Libertà nel Consiglio Regionale della Calabria, Luigi Fedele, coinvolto nell'inchiesta "Erga omnes", curata dal pubblico ministero Matteo Centini sullo scandalo dei rimborsi elettorali di Palazzo Campanella. Alcuni mesi fa, infatti, Fedele verrà colpito dall'ordinanza del Gip Olga Tarzia, che porterà alle misure personali e patrimoniali nei confronti di decine di politici calabresi, che avrebbero fatto sfregio delle risorse pubbliche per fini personali.
I giudici Filippo Leonardo, Antonino Foti e Maria Cecilia Vitolla avvalorano dunque l'impianto accusatorio, lasciando Fedele agli arresti domiciliari. Il politico di centrodestra, per anni anche assessore regionale, risponde sia delle somme che avrebbe utilizzato indebitamente in prima persona sia del controllo blando (o, più spesso, inesistente) che avrebbe operato sulle spese effettuate dai colleghi di partito con i fondi del gruppo: "Il Collegio rileva come il gruppo consiliare regionale non possa ridursi alla mera accezione di organo di partito e che l'utilizzazione dei contributi erogati ai gruppi consiliari, per il tramite dei singoli capigruppo determina in capo agli stessi la configurabilità della qualifica di pubblico ufficiale e la connotazione pubblica delle somme dai medesimi percepite, trattandosi di materia regolamentata da norme di diritto pubblico, essendo tali contribuzioni destinate ad assicurare il funzionamento del gruppo quale articolazione necessaria dell'Assemblea e dovendo esse essere destinate a finalità pubblicistiche. Non appare, pertanto, meritevole di accoglimento l'argomentazione difensiva che afferma l'esistenza di un'assoluta insindacabilità delle decisioni di spesa dei Gruppi Consiliari. Come chiarito dalla Corte costituzionale, nella sentenza che sopra si è ripercorsa, l'autonomia del potere di autorganizzazione della assemblea regionale e delle sue necessarie articolazioni, quali sono i gruppi consiliari, non può determinare una generale insindacabilità in relazione all'attività di amministrazione regionale che si svolge al di fuori dell'ambito suindicato, essa non vale neppure, come ripetutamente affermato dalla Corte di cassazione, a postulare una generale ed assoluta insindacabilità dei comportamenti dei consiglieri regionali" è scritto nelle oltre 170 pagine con cui il Tdl motiva il rigetto delle istanze difensive, con cui si spingeva, invece, per la liberazione di Fedele.
Nelle carte, quindi, si parla diffusamente delle presunte responsabilità di Fedele, ma anche di quelle dei colleghi di partito, Gianni Nucera e Piero Aiello, anch'essi coinvolti nell'inchiesta "Erga omnes" sullo scandalo dei rimborsi: "Emerge chiaramente dagli atti di indagine sopra rappresentati la gravità indiziaria dei reati ascritti al ricorrente, Fedele Luigi, per il periodo che va dal 2010 al 2012 , non solo a titolo personale, ma anche a titolo di concorso con i consiglieri Nucera ed Aiello, posto che rimane assolutamente indimostrata la riferibilità di molte delle spese liquidate a titolo di rimborso attingendo al contributo regionale di cui agli effetti della L. Reg. n. 13/2002, a specifiche attività del gruppo consiliare".
Da capogruppo del Popolo della Libertà, l'ex assessore regionale scopellitiano, Luigi Fedele, avrebbe speso - in un anno e mezzo – ben 42mila e 700 euro nel ristorante "Le Macine" di Sant'Eufemia d'Aspromonte, di proprietà del figlio Diego. Fedele è finito agli arresti domiciliari con l'accusa di peculato e falso nell'ambito dell'inchiesta "Erga Omnes", curata dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria. Interrogato dai pm Ottavio Sferlazza e Matteo Centini. Tra le note di spesa presentate da Fedele c'è il soggiorno in alcuni tra i migliori hotel del mondo: Roma, Montecarlo, Londra, New York, Casinò Campione d'Italia, Lugano. E poi una serie infinita di pasti "istituzionali". Mai meno di quattro coperti con ristoranti che vanno da "Lu Tamarru" a "New Caprice" di New York. Piuttosto costosi anche i pasti personali, tra cui spicca quello sostenuto a Montecarlo presso l'elegante ristorante Avenue 31, per l'importo di oltre 700 euro, somma alla quale si giungerà anche consumando due preziose bottiglie di champagne Laurent Perrier Rose dal valore di 190 euro ciascuna. Spese altissime per la telefonia, come gli acquisti presso l'Apple Store di Las Vegas, ma anche i soldi elargiti per la realizzazione del proprio sito personale. Ma Fedele avrebbe speso anche per prodotti a marchio Montblanc, nonché cornici e persino 1500 euro per le gomme dell'autovettura in un gommista di Palmi. E poi, ancora 1000 euro per 100 copie di un volumetto di fiabe. Altre 1500 euro per l'allestimento del sito di Santi Zappalà (ex consigliere coinvolto in indagini di 'ndrangheta).
"Spese pazze" cui il politico non saprà dare spiegazione, né nella fase investigativa, né nell'interrogatorio di garanzia, dopo l'arresto: "Il Collegio rileva che le dichiarazioni svolte dal ricorrente, in sede di interrogatorio di garanzia, non appaiono supportate da idonea documentazione. Quanto prodotto dalla difesa in sede di interrogatorio e poi all'Ufficio di Procura e trasmesso a questo Tribunale non appare scriminare la condotta del Fedele dato che la valutazione di non conferenza delle spese per le quali ha disposto rimborso, in qualità di capogruppo, rimane inalterata. La documentazione prodotta non consente di inquadrare in modo dettagliato e specifico il ruolo e l'operato del capogruppo consiliare, odierno ricorrente, nell'interesse del gruppo PDL ed in attuazione di programmate attività specifiche del gruppo. Il Collegio ritiene che le sommarie informazioni difensive, prodotte dalla difesa, in relazione ai rimborsi ottenuti dal ristorante "Le Macine", di proprietà del figlio del ricorrente, non consentano di specificare il tempo ed il contenuto degli incontri, condividendo il Collegio quanto espresso dall'Ufficio di Procura nella nota prodotta all'odierna udienza camerale, secondo cui il numero dei soggetti escussi appare assolutamente minimo in relazione all'entità del servizio di ristorazione, rimborsato dal gruppo PDL e che non appare essere superata la ricostruzione accusatoria, qui integralmente richiamata, in merito all'esistenza di una contabilità in nero del ristorante dalla quale non risultano le cene che sono state dichiarate e rimborsate dal ricorrente" scrivono i giudici.
Del resto, per i giudici, l'inconferenza delle spese effettuate e l'indebita attribuzione dei rimborsi si manifesterebbe in modo evidente dagli atti di indagine (per esempio le spese di viaggio in giorni coincidenti con festività, ma anche le spese di missione a collaboratori in carico al Consiglio Regionale, Pinneri e Tramontana e poi quelle per oggetti presenti in liste nozze, Iannì Interior Design – Lista nozze" euro 560 ; o, ancora, per viaggi all'estero Lugano, Monte Carlo, Londra, New York etc, o in Italia , presso Centri Termali o altri Resort). L'indagato in sede di interrogatorio ha affermato di essersi recato all'estero per missioni e per motivi istituzionali, ma agli atti non v'è traccia di documentazione che dimostri la partecipazione del ricorrente agli eventi dichiarati e per le finalità di rappresentanza del gruppo consiliare del PDL.
Per alcuni rimborsi ottenuti (spesa liste nozze o in negozi di abbigliamento o oggettistica) Fedele, in sede di interrogatorio di garanzia, ha anche ammesso l'inconferenza della spesa rispetto alla finalità legislativamente stabilita, trincerandosi dietro la necessità di ulteriori approfondimenti o portando a giustificazione l'esistenza di una svista o errore nell'inclusione nella documentazione: "Condividendo quanto espresso dal GIP in ordinanza cautelare, si tratta, in moltissimi casi, di spese ingiustificate e che si appalesano come personali, duplicate, in quanto relative ad acquisti per i quali i consiglieri godono già di indennità (ad esempio materiale informatico o oggetti di telefonia, libri in più copie, contributo carburanti), attività e missioni svolte come consigliere e di per sé oggetto di specifica indennità" scrivono ancora i giudici del Riesame.
Da capogruppo del Pdl, inoltre, Fedele avrebbe provveduto a liquidare, anche a favore dei consiglieri Aiello e Nucera, spese sostenute prima dell'inizio della legislatura e altre spesso prive di pezze d'appoggio o giustificate da documenti di spesa prodotti al Consiglio Regionale al fine di chiedere ed ottenere i rimborsi a titolo di missione, poi proposte anche al Gruppo PDL quale rimborso, ottenendo così una duplicazione delle spese.
Il Collegio, dunque, boccia la linea assunta da Fedele con le proprie dichiarazioni, ma anche l'attendibilità della documentazione prodotta da Fedele. La conclusione cui giunge il Collegio attraverso i dati emersi dalle indagini è che una consistente parte del denaro pubblico assegnato al gruppo PDL negli anni di riferimento, è stata destinata ed utilizzata per soddisfare propri ed esclusivi interessi personali. Secondo l'interpretazione della magistratura, Fedele, pertanto, quale Presidente di un gruppo consiliare, in virtù della qualità di pubblico ufficiale, esercita una pubblica funzione, che lo istituisce, tra l'altro, come partecipe diretto della procedura di controllo del vincolo di destinazione dei contribuiti erogati al gruppo consiliare dall'ente regionale, con l'obbligo di rendicontazione. Sicché lo stesso risponde penalmente per l'utilizzazione dei fondi per finalità estranee a tale vincolo, anche da parte dei singoli consiglieri con particolare riguardo a quelle di natura squisitamente privatistica, ampiamente descritte nelle relative schede, per gli anni 2010, 2011 e 2012, nei confronti di Pietro Aiello e Gianni Nucera.
Dunque, ai fini della valutazione della sussistenza del delitto di peculato, per i giudici vi è certezza, allo stato, che Fedele ha utilizzato le sovvenzioni pubbliche previste dalle leggi regionali, per sè e per gli altri consiglieri, laddove costoro hanno richiesto ed ottenuto il rimborso per spese diverse da quelle dovute con la fattiva e consapevole collaborazione del capogruppo, al di fuori delle finalità pubbliche cui erano destinate, bensì per fini personali. E il Tdl parla apertamente di colpevolezza: "Il quadro probatorio depone allo stato per la colpevolezza dell'indagato, odierno ricorrente, che è doppiamente responsabile anche per non avere , come capogruppo , vigilato sulla veridicità, congruità e utilità pubblica delle spese sostenute dagli altri consiglieri liquidandoli senza altro controllo, ma pienamente consapevole per averne abusato a suo vantaggio, del sistema di liquidazione dei rimborsi anche per spese eccentriche ed assolutamente inconferenti rispetto alle finalità pubbliche, legislativamente stabilite. Nel caso specifico, il Fedele ha contribuito attivamente e materialmente, provvedendo alle erogazioni indebite, a rafforzare il sistema appropriativo esistente cui il capogruppo conformava la propria condotta, avallando quella altrui sulla base di una ingiustificata, quanto illogica non tenutezza al controllo, desumibile dal dato normativo esistente, blando nel richiedere solo la rendicontazione, ridotta, per come accertato ad unica operazione formale, sganciata dalla duplice verifica, preventiva e documentale, quest'ultima indispensabile per una corretta esposizione di spesa".
E, se possibile, sono ancor più affossanti le parole del Tdl, allorquando si entra nel terreno delle esigenze cautelari, confermate per Fedele: "Ciò, in primo luogo, alla luce dell'indubbio disvalore giuridico dei fatti posti in essere dal prevenuto, anche in relazione al ruolo di rilievo rivestito dal medesimo nelle istituzioni della Regione Calabria e dell'allarme sociale generato da simili condotte nella collettività. Trattasi di condotte connotate dai requisiti della sistematicità comportamentale, inserite in un contesto complesso ed articolato, sicuramente deviate dai fini istituzionali dell'azione pubblica dei gruppi consiliari regionali e della funzione pubblica loro assegnata, che, per un verso, appaiono idonee a gettare discredito sulla efficienza ed imparzialità dell'Istituzione consiliare e sulla credibilità dei soggetti che, nei rispettivi ambiti, politico-istituzionali e burocratici, la incarnano, mentre, per altro verso, rimarcano l'assoluta indifferenza del ricorrente e dei coindagati rispetto ai rigori, previsti dalla legge, nei confronti di coloro che hanno la responsabilità, in qualità di pubblico ufficiale, dell'utilizzo del denaro pubblico per la destinazione legislativamente prevista e a vantaggio delle attività istituzionali del Consiglio e non del singolo. Trattasi di valutazione prognostica la cui attualità si alimenta plasticamente sui costanti collegamenti che il ricorrente ed i coindagati conservano - indipendentemente dalla cessazione da incarichi pubblici o elettivi e sulla base di collaudati rapporti personali intercorrenti tra loro e derivanti da una rete di cointeressenze anche personali, nel tempo ben strutturata ed accertata".
Anche con riferimento al pericolo di inquinamento probatorio, il Collegio esprime una valutazione di sussistenza concreta ed attuale: "Il Collegio ritiene che possa affermarsi in capo al Fedele Luigi, odierno ricorrente, stante la particolare pervicacia operativa con la quale ha provveduto a rendere operativo il sistema delle indebite appropriazioni dei contributi pubblici a vantaggio proprio ed altrui, la sussistenza di un concreto e fondato pericolo di inquinamento probatorio, potendo lo stesso agire per intessere versioni di comodo, atte ad ostacolare le ulteriori attività di indagine che si stanno compiendo per acquisire fonti dimostrative utili a confrontare la documentazione di spesa prodotta; ciò soprattutto con riferimento alle attività di pasti "istituzionali" presso il ristorante "Le Macine" del figlio, ovvero in relazione ai numerosissimi viaggi all'estero che lo stesso ha effettuato anche con i collaboratori (tra cui in particolare la posizione Pinneri Antonia), che appaiono forieri di ulteriori approfondimenti di indagine, rispetto ai quali potrebbe ingerirsi fortemente l'indagato con attività di pressione e/o di occultamento della realtà. Quanto sopra rende probabile che il ricorrente, se non limitato nella sua capacità di movimento e di contatti con l'esterno, possa concretamente adoperarsi per individuare e far scomparire tracce documentali utili, che ancora non sono state acquisite alle indagini o possa artatamente crearne nuove e fittizie a giustificazione dei rimborsi ottenuti".