- di Alessia Candito - La ndrangheta comanda in Lombardia. E in modo ormai autonomo dalla Calabria. Sono parole shock, che cambiano l'interpretazione giudiziaria che da decenni viene data al fenomeno mafioso al nord, quelle che il giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Milano, Roberto Arnaldi ha scritto nelle motivazioni della sentenza con cui - lo scorso 19 novembre - ha condannato con rito abbreviato a pene fino a 16 anni 110 imputati coinvolti a Milano nelle operazioni «Infinito» e «Tenacia» Quelle inchieste erano la costola milanese dell'Operazione Crimine, che nel luglio del 2010 ha portato dietro le sbarre oltre trecento persone. Ma per il gup Arnaldi "la 'ndrangheta in Lombardia è da almeno tre generazioni un fenomeno autonomo rispetto all'associazione mafiosa calabrese".
Una tesi destinata a far discutere e che contrasta con molte delle sentenze emesse negli ultimi anni dai tribunali tanto calabresi come lombardi. La ndrangheta – sostengono da tempo i pm calabresi – è una e unitaria e nonostante le numerose propaggini continua ad avere il proprio baricentro a Reggio Calabria. Ma non per il gup Arnaldi , che nelle 905 pagine della sentenza non solo conferma l'impianto dell'inchiesta condotta dai pm milanesi Alessandra Dolci e Paolo Storari, ma si spinge ad affermare: "Nonostante tale stretto rapporto con la Calabria i membri 'lombardi' delle 'ndrine sono da lungo tempo radicati al nord, dove risiedono stabilmente e ciò ha consentito una perfetta conoscenza del territorio e delle persone con cui gli stessi hanno rapporti. Questo rilievo, unitamente alla constatazione d'innumerevoli episodi intimidatori e di violenza posti in essere sul territorio lombardo (di cui si darà conto successivamente) , consente di affermare che l'associazione 'ndranghetista oggi analizzata «non è semplicemente l'articolazione periferica della struttura criminale calabrese sorta e radicata nel territorio d'origine ma operante in diversi ambiti territoriali nei quali sta tentando di espandere i suoi illeciti affari» (Cass. 19141/06) , ma è, invece, un'autonoma associazione composta da soggetti ormai da almeno due (in alcuni casi tre) generazioni presenti sul territorio lombardo - il che spiega anche la presenza di soggetti non di origine calabrese - , che commettono in Lombardia reati rientranti nel programma criminoso, che compiono delitti e atti intimidatori sul territorio del distretto, i quali a loro volta generano assoggettamento e omertà".
Per Arnaldi, a Milano e in Lombardia ci sarebbe stata la ''riproduzione'' di ''una struttura criminale'' che ha operato ''secondo tradizioni di 'ndrangheta (linguaggi, riti, doti, tipologia di reati) che sono state 'trapiantate' in Lombardia''. Un trapianto avvenuto non per imitazione spiega il giudice ma ''attraverso un vero e proprio fenomeno di colonizzazione, cioe' di espansione su di un nuovo territorio, organizzandone il controllo e gestendone i traffici illeciti'', fino a formare ''uno stabile insediamento mafioso in Lombardia''.In questa terra, chiarisce il gup, ''la 'ndrangheta si è trasferita con il proprio bagaglio di cultura criminale''. Una struttura composta da 15 locali che si muovono compatti, agiscono in modo coordinato e in modo coordinato decidono la strategia di infiltrazione nell'economia e nella politica lombarda. Senza necessità di doverne rendere conto in Calabria perché - sostiene il gup - l'insediamento ndranghetista in Lombardia, dopo che si è radicato, ha acquistato col tempo ''un certo grado di indipendenza dalla 'casa madre', con la quale, però continua ad intrattenere rapporti molto stretti''. Tanto stretti che le ambizioni autonomiste di Carmelo Novella sono state punite con il suo omicidio. Un delitto deciso in Calabria ed eseguito da mani di calabresi divenuti lombardi nella pacifica Brianza.