Gratteri: "Le cosche puntano ai fondi del Pnrr"

gratterinicolagenerica15ago"Le mafie stanno ragionando su come appropriarsi di parte di fondi del Pnrr. E' un problema vero e reale". Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso di un incontro tenuto a Reggio Calabria in cui e' stato presentato l'ultimo libro "Complici e colpevoli" scritto assieme ad Antonio Nicaso. In particolare, il magistrato si e' soffermato sulla "normalizzazione della criminalita' organizzata". "Le mafie non uccidono piu', - ha sostenuto Gratteri - non rubano le macchine e non sparano alle serrande dei negozi.

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Lo fanno solo quando e' assolutamente necessario perche' hanno la possibilita' di corrompere. Oggi un funzionario o un impiegato, facilmente per duemila euro, mette la firma dove non dovrebbe metterla. Ora non si parla piu' di mafia. Sono mesi che non sento un rappresentante del governo o un parlamentare fare un discorso di 3 minuti e 20 secondi sulla presenza, sull'invasivita' e sul problema mafie. Il problema mafie non esiste. Nessuno ne ha mai parlato in questi mesi". "E' un momento magico. - ha detto ancora il procuratore - E' un momento in cui non accade nulla. E' un momento in cui la 'Ndrangheta non si vede. Le mafie oggi fanno riciclaggio e vendono cocaina, non sparano. L'opinione pubblica pensa che non ci siano e non siano un problema. I giornali non ne parlano, i politici men che meno. I politici si muovono solo quando c'e' un allarme sociale o quando i giornali piu' importanti scrivono a caratteri cubitali sulla prima pagina che c'e' questo problema. E allora perche' parlarne? Perche' andare a preoccuparsi di come contrastare la 'Ndrangheta? La mafia non esiste. La normalizzazione non e' casuale. Le mafie si sono inabissate". Secondo Gratteri, infatti, la 'Ndrangheta "sta ragionando, sta pensando a come potersi sedere al tavolo apparecchiato. Non esiste nel corso di un secolo e mezzo di storie che le mafie sono state a guardare e gli altri che mangiavano. Le mafie sono state presenti dove c'e' da gestire denaro e potere. Sono state presenti in tutte le grandi calamita'. Sono presenti anche oggi. Stanno ragionando su come appropriarsi di parte di fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E' un problema vero e reale".

"Io non ho bisogno di visibilita'. Le mie conferenze stampa servono a gratificare la polizia giudiziaria e a comunicare all'opinione pubblica. Voglio spiegare ai commercianti e agli imprenditori che siamo in grado di fare le operazioni antimafia. Voglio dire loro 'denunciate, fidatevi di noi, siamo affidabili'. Questo e' il senso delle mie conferenze stampa. Non altro". Cosi' il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri a Reggio in relazione alla legge "bavaglio" che regola la diffusione delle informazioni riguardanti i procedimenti penali e gli atti di indagine definita "un'involuzione democratica". Il riferimento e' alla norma, in vigore dal 14 dicembre, che di fatto "impone - ha precisato Gratteri - ai magistrati di non comunicare con i giornalisti in nome della presunzione di innocenza". "Molti dicono che questa riforma l'hanno fatta per me. Ma figuratevi se, per la riforma, possono pensare a un pubblico ministero di campagna". Per il procuratore di Catanzaro non e' vero che l'Italia si e' adeguata alle direttive europee: "Quello che io non sopporto - ha detto ancora - sono innanzitutto le bugie. La seconda cosa che non sopporto e' che quando si vogliono fare le cose, si mette sempre in mezzo l'Europa e ci dicono 'ce lo chiede l'Europa'. Ma come: noi non facciamo parte dell'Europa?". Le cose sono andate diversamente secondo il magistrato calabrese: "Quando e' stato fatto quel discorso a Bruxelles riguardava la Turchia, non l'Italia. Infatti era da anni che l'Italia non aveva ratificato quella direttiva europea. Allora sono queste le domande che voi vi dovete porre". Gratteri e' stato molto critico non solo nei confronti della politica ma anche dell'Ordine dei giornalisti e del sindacato di categoria. "Quando questa riforma e' stata fatta e si discuteva, l'Ordine e il sindacato dei giornalisti - ha detto - hanno detto che erano impegnati in altre cose. Non sono andati in commissione a dire che non sono d'accordo perche' non poter far sapere all'opinione pubblica cio' che accade e' un'involuzione democratica. Le professionalita' ci sono. Io conosco tantissimi giornalisti seri, onesti e perbene. Ritengo, invece, che ci sia in generale una debolezza del giornalismo sul piano del potere contrattuale. Forse c'e' meno indipendenza rispetto a prima anche se ci sono piu' modi di comunicare come il web. Spesso si viaggia in ordine sparso. Non si fa fronte comune".