'Ndrangheta, Morra: "Lo Stato non fa concorrenza alle cosche"

"L'ufficio di Procura di Reggio Calabria è uno dei più dinamici e intraprendenti. Ma anche più diligenti che si possono annoverare all'interno delle distrettuali. Pertanto, ci siamo confrontati in maniera sicuramente efficace, quantomeno per noi della commissione, con i procuratori Bombardieri, Lombardo e Paci". Il presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra traccia un bilancio della due giorni di Reggio Calabria dove sono stati sentiti i vertici degli uffici giudiziari, delle forze dell'ordine e della società civile.

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"Noi - ha aggiunto - siamo particolarmente contenti di questi incontri che hanno rappresentato un momento di confronto con un'analisi sempre più profonda e sempre meno epidermica e superficiale del fenomeno 'ndranghetistico e mi permetto di dire criminale tutto. Lo abbiamo fatto superando certi vincoli angusti per cui la 'ndrangheta veniva perimetrata al solo territorio reggino. Abbiamo anche riflettuto sui nessi con le altre organizzazioni criminali di stampo mafioso e anche sugli spunti che vengono forniti dai collaboratori di giustizia in merito alle aderenze ormai passate con la cosiddetta massoneria deviata. Certamente c'è la volontà dei magistrati di procedere, fermo restando che c'è coscienza dei tanti problemi che affliggono questo territorio. Se il cittadino in qualche modo dà fiducia alla 'ndrangheta è anche perché la 'ndrangheta non ha concorrenza molto spesso da parte dello Stato. E quindi quando non c'è lo Stato a fare concorrenza, è ovvio che quando l'offerta di servizi è unicamente veicolata da un'organizzazione, seppur criminale, la stessa dominerà il mercato".

Durante le audizioni si è discusso anche delle dinamiche interne alle cosche. Al proposito, Morra ha fatto riferimento ai Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia): "Si è ricordato - ha detto uscendo dalla Prefettura - come gli stessi siano in qualche modo riconducibili ai Piromalli di Gioia Tauro e quindi al mandamento tirrenico espressione del territorio reggino. C'è una unitarietà e sistematicità dell'organizzazione criminale che fa sì che anche coloro che lavorano come 'ndranghetisti in Canada, Australia o in Sudamerica debbano essere ricondotti in un'ottica di comprensione al fenomeno tipicamente calabrese e reggino. È altrettanto vero che ormai si siano superati i limiti della Provincia e dell'Aspromonte. Ormai ci sono locali di 'ndrangheta dappertutto. Mi dispiace dirlo ma questa è stata una constatazione fatta dai magistrati. Forse a Roma non c'è coscienza di questa tossicità del fenomeno visto che in alcuni settori l'organizzazione della giustizia è in difetto relativamente ad alcuni organici. Quando la Procura può portare avanti le indagini senza che però il Tribunale e l'ufficio Gip sia solerte, il cortocircuito è evidente. Però queste sono decisioni che non competono al Csm bensì al ministro della giustizia".