Mafie, Costantino: "Silenzio della 'ndrangheta rotto da donne testimoni"

"Nella relazione conclusiva della commissione c'è un capitolo sulla condizione femminile nelle mafie, nel quale cercavamo di sfatare un codice d'onore, mai esistito, che affermava che le mafie non toccano le donne e i bambini. Abbiamo provato a raccontare come la sfilza di vittime è lunghissima e non sono solo donne uccise in maniera casuale". Così Celeste Costantino, ex parlamentare della Commissione Antimafia e oggi Coordinatrice Osservatorio parità di genere per il ministero della cultura, partecipando all'incontro del progetto promosso dalla Regione Lazio e da Avviso Pubblico, intitolato "Donne e Antimafia, tra storia e attualità".

"La letteratura è piena di casi in un cui il corpo delle donne è usato per vendetta, come femminicidi che si sono consumati per mano delle cosche. Poi abbiamo ragionato sulla trasformazione delle donne nei fenomeni mafiosi. Nel corso del tempo le donne hanno raggiunto un protagonismo, si sono emancipate nel male. E in ultimo le donne nell'antimafia", ha aggiunto Costantino.

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"Se c'è un punto sul quale gli storici concordano è la nascita dell'antimafia che nasce insieme con la mafia stessa. L'impegno antimafia delle donne nasce all'interno di una propria condizione esistenziale. Questo vale per alcune testimoni di giustizia e alcune collaboratrici. La prima testimone di giustizia - ha ricordato l'ex parlamentare - è Piera Ajello che a soli 18 anni nel 1991, vede assassinati il marito e il suocero, così decide di parlare con le Forze dell'Ordine. La sua vita è strettamente legata a quella di Rita Atria che muore suicida. La spinta parte da una condizione familiare in cui vedono e denunciano. Un'altra storia celebre è quella di Lea Garofalo, dove l'amore per la figlia, la spinge a parlare". Sulle collaboratrici di giustizia calabresi "finalmente si è rotto un argine e a suscitare clamore sono le donne. L'ndrangheta era diventata così potente perché non c'era nessuno tra i propri affiliati che avesse collaborato con le forze dell'ordine, queste sono donne che vivevano in una situazione di schiavitù. Chi parlava non lo faceva per un senso di giustizia, ma il primo obiettivo è tirarsi fuori da una condizione personale che le fa soffrire", ha concluso Costantino.