Giovanni Cogliandro, il filosofo calabrese vicepresidente dell'ANP a Roma

Cogliandro Giovannidi Francesca Gabriele - Sono poche le persone poliedriche che nella vita ci capita d'incontrare. Giovanni Cogliandro è tra queste. Appena nominato vicepresidente dell'Associazione Nazionale Presidi della Capitale dal presidente Mario Rusconi, quest'ultimo notoriamente tra i più autorevoli e stimati esponenti nel mondo della Scuola a livello nazionale,Giovanni Cogliandro, nonostante la giovane età, ha una cultura sconfinata, ma non solo, guida importanti istituti scolastici dei quali parla con orgoglio, passione e dedizione, facendo uscire il suo lato filosofico e lasciando all'interlocutore il piacere dell'ascolto e del leggerlo.

Il vicepresidente Ds di Anp Roma, durante la conversazione, si lascia andare non solo quando parla dell'impegno e del lavoro che lo impegnano all'IIS John Von Neumann: "Ho proposto – ci ha spiegato con entusiasmo - ai direttori delle quattro carceri che compongono Rebibbia di realizzare la consegna dei diplomi ai nostri studenti detenuti con una bella cerimonia che mi auguro divenga una tradizione che verrà ripetuta anche negli anni a venire, con il preside che porge personalmente il diploma conclusivo del percorso di studi a studenti le cui vicissitudini personali e sociali rendono preziosa come non mai l'esperienza scolastica", ma si rilassa anche quando parla dei pochi momenti liberi che lo vedono raggiungere la sua Reggio e il mare.

"Lo scorso anno mi ha fatto piacere condividere con voi – ci ha detto - il fatto che nel mese ottobre io fossi - per qualche giorno di pausa necessaria dopo il lavoro intenso di luglio e agosto - a mare nella mia amata spiaggia di Lazzaro, paese situato circa quindici chilometri a Sud di Reggio Calabria che frequento da quando ero bambino, quando ho ricevuto la notizia che mi avrebbero affidato una seconda scuola in reggenza, quest'anno ci sono andato in coincidenza con la Festa della Madonna della Consolazione dopo aver iniziato il lavoro ordinario nelle due grandi Scuole che mi sono affidate per quest'anno scolastico".

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Venticinque anni addietro ha lasciato la Calabria e si è portato nella capitale, e di strada ne ha percorso. Dirige due scuole e nei giorni scorsi, Mario Rusconi, già storico dirigente scolastico di un liceo romano, e oggi alla guida dell'Associazione presidi di Roma, ha ufficializzato la sua nomina a vice dell'Anp. Altra responsabilità. Come commenta questa nomina?

Sono stato molto sorpreso della proposta di svolgere il ruolo di vicepresidente dell'Associazione nazionale presidi di Roma; infatti, non appena mi è stato comunicato ho manifestato perplessità al caro amico e collega, Mario Rusconi, per via della mia giovane età. Credo che a suo parere, come anche nella valutazione degli altri colleghi che hanno ruoli apicali nella nostra Associazione, tale limitata esperienza nel ruolo dirigenziale sia stata bilanciata dalle manifestazioni poliedriche della mia ricerca di nuove forme e declinazioni della dirigenza scolastica. Li ringrazio della loro fiducia e stima, condivido con loro l'amore per la nostra professione e missione, che ritengo unica nel suo genere. Ritengo che il nostro sia un lavoro splendido perché consente di operare efficacemente per porre in modi sempre diversi al centro la persona degli studenti e dei docenti, mirando con sincerità a concretizzare un'ideale forte di comunità di insegnamento e apprendimento, lontana da visioni aziendalistiche e indirizzata con forza verso un'idea umanistica di dirigenza e prima ancora di Scuola.

Come procede il lavoro all'Istituto comprensivo W. A. Mozart al quale è assai legato?

Come negli scorsi anni continuo ad essere il dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo Mozart, una grande scuola bella e piena di feconde diversità che coesistono e fruttificano, un Istituto del quale mi sono innamorato fin dal primo anno del mio servizio e nel quale sto portando avanti con tanti docenti la concreta effettuazione - dopo una prima fase sperimentale - dell'insegnamento della Filosofia nelle classi quarte e quinte elementari, dopo il voto unanime del Collegio dei docenti lo scorso giugno. Ho tenuto alcune sessioni di pratica filosofica personalmente con decine di insegnanti entusiaste e ho invitato docenti universitari di ogni parte d'Italia per portare avanti una formazione d'eccellenza dei nostri docenti che realizzeranno in quest'anno scolastico tre Uda per conseguire la massima efficacia in questa operazione d'avanguardia nel contesto degli Ordinamenti scolastici nazionali.

Lei riesce sempre a spiazzarmi oltre che per la raffinatezza, la cultura, ma anche per i tanti incarichi che ricopre. Quali sono le altre novità e direi anche di non poco conto?

Anche quest'anno il nostro Direttore generale ha voluto affidarmi una scuola in reggenza, quindi dopo il Liceo Plauto mi è stata affidata quest'anno la splendida realtà dell'IIS John Von Neumann, un grande Istituto di istruzione superiore, il terzo per grandezza della Capitale, che riunisce in un'unica Istituzione un Liceo scientifico, un ITT e un ITE, ubicati in tre grandi sedi nei quartieri di san Basilio e Rebibbia, una realtà di periferia tra le più difficili di Roma. Come amo ripetere la Scuola non è riducibile a presidio di legalità, oppure di socialità, o magari di buone pratiche o di buon operare. La Scuola, fuor di ogni retorica è tutto questo insieme ma è molto di più. È apice della civiltà, pilastro dello Stato sociale che non considera i suoi cittadini meri consumatori, soggetti di desiderio o di pulsioni, ma persone che insieme crescono e si formano.

Preside, perché è importante il Von Neumann?

Il Von Neumann rappresenta per me benissimo questo ideale di essere un presidio di Scolarità, in un quartiere colmo di disagio ed emarginazioni. Si tratta di un Istituto scolastico imponente negli edifici e nei numeri, con milletrecento studenti dei quali circa cinquecento sono detenuti nel carcere di Rebibbia. Questa originale realtà di Scuola in carcere, la più grande in Italia, vede all'opera una parte rilevante del nostro corpo docente, insegnanti pieni di passione che in alcuni casi da decenni prestano il loro servizio nelle carceri. Tale realtà non è riducibile alle caratteristiche di un CPIA, cioè a una realtà dedicata all'istruzione degli adulti, in quanto la sua particolarità è proprio quella di coniugare mirabilmente in un'unica istituzione articolata l'istruzione degli adulti (in carcere come anche nel nostro corso serale) e dei ragazzi, consentendo al nostro Collegio docenti di potersi confrontare con i problemi e le potenzialità di realtà diverse ma complementari per la prevenzione fattiva el disagio, della dispersione, dell'illegalità, in una feconda intersezione di pratiche che vorrei rilanciare in tutta la sua originalità.

Qual è l'iniziativa che da subito intende concretizzare?

Ho proposto ai direttori delle quattro carceri che compongono Rebibbia e al DAP di realizzare la consegna dei diplomi ai nostri studenti detenuti con una bella cerimonia che mi auguro divenga una tradizione che verrà ripetuta anche negli anni a venire, con il preside che porge personalmente il diploma conclusivo del percorso di studi a studenti le cui vicissitudini personali e sociali rendono preziosa come non mai l'esperienza scolastica. Ho intenzione di acquistare arredi scolastici che possano rinnovare ed abbellire le nostre aule delle carceri, per renderle più accoglienti per i detenuti che trovano in queste ore in classe il loro unico momento di gratificazione umana ed intellettuale. Ritengo che sia riduttivo pensare l'istruzione in carcere come limitata solo ad alcuni ordini di scuola, mi auguro che in futuro anche l'istruzione liceale divengo una componente normale dell'istruzione carceraria.

Come riesce a gestire scuole così diverse?

Una grande diversità caratterizza quindi le mie due scuole, che insieme raggiungono i circa duemilaottocento studenti e trecentotrenta insegnanti, ciò che invece rappresenta la continuità rispetto allo scorso anno è che esse sono entrambe laboratorio di stupore operoso e di impegno e passione condivisa con un corpo docente sempre pronto a impegnarsi in un'opera di costante reinvenzione della didattica. I nostri insegnanti sanno bene che hanno tutta la mia vicinanza concreta a supporto del loro desiderio di continuare a insegnare a ogni costo, pur tra le difficoltà di una situazione di crisi continua, umana prima ancora che sanitaria, cercando di focalizzarsi sulle opportunità di mettere a frutto quello che ci ha insegnato questo periodo di emergenza, ad esempio venendo comunque a scuola per svolgere le lezioni a distanza dall'aula dove normalmente si faceva lezione ai ragazzi, tenendo vivo quel senso di comunità che ci ha caratterizzato e rende la scuola diversa da qualunque altro contesto lavorativo.

La nomina arriva in un momento non facile per la Scuola e in particolare a Roma. Il segretario della Uil Scuola Lazio, Saverio Pantuso, altro calabrese di successo oltre il Pollino, nei giorni scorsi attraverso una nota stampa ha usato toni durissimi evidenziando come la situazione nel Lazio, e a Roma in particolare, anche quest'anno sia "disastrosa". Dopo quest' uscita qualcosa inizia a muoversi: sembra che il sette ottobre arriveranno nuove nomine per i docenti. Si parla di circa tremila convocazioni per le scuole della capitale. Basteranno?

Come ho più volte affermato in una metropoli come Roma le scuole si sentono una goccia insignificante in un oceano di poteri, mentre chi si trova ad insegnare o dirigere scuole nei piccoli paesi rischia diverse e a volte più acute forme di conflittualità con le famiglie. A questo si aggiunga che la conflittualità a volte si somma a forme diverse di ingerenze da parte della classe politica locale. Attendiamo certamente con fiducia nuove nomine di docenti, in una situazione di tensione prolungata il disagio degli studenti e delle famiglie è cresciuto mettendo in particolare difficoltà chi è più debole. Tuttavia, ci tengo a ribadire la necessità dell'ottimismo come condizione strutturale dell'essere scuola, prima ancora dell'essere a scuola. Se dovessimo costruire un lessico della scuola la prima parola fondamentale e necessaria da declinare ed analizzare con rinnovata capacità di indagine e attuazione sarebbe positività.

Lei non è solo dirigente scolastico, ma un filosofo che scava "nel dentro" delle cose, dei concetti, dei pensieri. Il termine positività lei non lo traduce in maniera scontata, ma come lo interpreta?

La positività che oggi tanto ci fa paura è quella sierologica, noi invece ci ostiniamo a pensare alla positività assoluta e volenterosa, la positività che supera persino l'ottimismo della volontà, quella positività di chi non si sfianca dinanzi alle avversità. Per questo l'altra parola fondamentale di un possibile lessico rinnovato della scuola potrebbe essere Comunità. Comunità scolastica ed educativa, perché questi aggettivi rendono meglio del participio educante e di qualunque participio la coessenzialità di questi aggettivi per la descrizione della scuola, che senza di ciascuno di questi due non sarebbe Scuola. Essere comunità significa confrontarsi continuamente, condividere scelte critiche e proposte progettuali, come abbiamo cercato di fare insieme in questi due mesi con i docenti e i rappresentanti degli studenti di questa bella istituzione scolastica. Alcune scuole si sono sfaldate nei conflitti interni, altre con fatica hanno saputo fare gruppo e reagire insieme.

Parliamo sempre degli studenti e quasi ignoriamo i docenti che lavorano anche in situazioni e condizioni difficili. Ricollegandoci al suo discorso sulla positività le chiedo: è valido anche per loro?

Sto appena iniziando a conoscere i docenti del Von Neumann, mentre ormai conosco abbastanza bene gli insegnanti del Mozart ma sono convinto che tutti loro credano fermamente nella necessaria anteriorità dell'ottimismo, nella necessità di vincere l'isolamento che uccide dentro molti nostri colleghi bruciandone l'entusiasmo e trasformandoli in meri burocrati o funzionari di un apparato, spegnendo la luce che ardeva nei loro occhi appena vinto il concorso da insegnante o nel mio caso dirigente scolastico, che sia stato un anno o venti anni fa poco importa.

Come si sta muovendo il ministro Bianchi?

Il nostro ministro, come tutti i nostri amministratori, cerca d' impegnarsi, come ho già affermato in diverse sedi mi sembra che ci sia attenzione per la scuola non paragonabile agli ultimi decenni, e questo è prima di tutto un fatto politico. Il vertice politico dell'Istruzione si muove con impegno e attenzione, più in generale per quanto concerne l'articolazione amministrativa dell'Istruzione pubblica mi sembra di poter affermare con convinzione che dall'organo di indirizzo politico, fino agli ambiti territoriali e alle Scuole singole l'inerzia non sia di casa nella pubblica amministrazione. Certo il continuo succedersi di normative emergenziali di vario livello e tipologia, le numerose note dipartimentali, l'alternarsi di fonti di tipo diverso, non aiuta nessuno tra coloro i quali hanno responsabilità organizzative.

La promessa, a parte il caso Roma, dell'inizio dell'anno scolastico con tutti i docenti in cattedra, è stata mantenuta?

Purtroppo, come ben sappiamo tutti noi che operiamo nel mondo della scuola, ci sono ancora carenze di organico, peraltro considerando che il nostro ministero è il più grande datore di lavoro d'Italia, e forse d'Europa, tale complicazione non può sorprendere. Si può toccare con mano la rottura dell'alleanza educativa a fondamento della comunità scolastica, che può manifestarsi nelle martellanti richieste dei genitori che si trovano disorientati dinanzi a orario ridotto per carenza di docenti, all'alternarsi dei supplenti, dibattiti spesso violenti in chat invasive fino al parossismo. Di questo poi vediamo le conseguenze nella crescente conflittualità tra docenti e genitori, o anche solo tra genitori nei Consigli di classe o d'istituto trasformati in arene di varie rivendicazioni.

Lo scorso anno è tornato in Calabria ad ottobre, e in occasione di un'intervista, ci ha raccontato delle sue nuotate nel bellissimo mare di Lazzaro. Tornerà a farle, nonostante gli impegni più numerosi?

Certamente. L'affetto che mi lega alla nostra terra è immutato, nonostante il turbinio degli impegni professionali a Roma, ora accresciuti da questa inaspettata nomina a vicepresidente e dalla reggenza dell'Istituto Von Neumann. Lo scorso anno mi ha fatto piacere condividere con voi il fatto che io mi trovassi - per qualche giorno di pausa necessaria dopo il lavoro intenso di luglio e agosto - a mare nella mia amata spiaggia di Lazzaro, paese situato circa quindici chilometri a Sud di Reggio Calabria, quando ho ricevuto la notizia che mi avrebbero affidato una seconda scuola in reggenza. Quest'anno ci sono andato in coincidenza con la Festa della Madonna della Consolazione dopo aver iniziato il lavoro ordinario nelle due grandi Scuole che mi sono affidate per quest'anno scolastico.

Ritornando a parlare di scuola: DAD accantonata per sempre?

Dopo questi mesi l'antropologia relazionale sottesa all'insegnamento appare modificata, non solo per la lunga esperienza della didattica a distanza. Questa continua e radicale modifica ha avuto effetti nel nostro lessico quotidiano, nelle disposizioni personali e collettive, nelle attese, nei timori e nella creatività. La DAD e la sospensione della didattica in presenza ha fatto sì che in scuole già in crisi la conflittualità sia da tempo esplosa, più in generale le criticità emerse in questi mesi sono risalenti a tanti anni fa come, ad esempio, la problematica mai risolta delle classi sovraffollate. Credo che la DAD sia l'ultima spiaggia, in quanto sia essenziale il contatto visivo, la presenza tangibile degli studenti, il riconoscersi presenti in uno spazio comune di apprendimento e di crescita umana e sociale, alla quale partecipano con la loro umanità e presenza tanto gli studenti che i docenti. Quello che colpisce è vedere dedicata alla scuola un'attenzione mediatica che purtroppo troppo spesso non è stata capace di volare alto ma è rimasta bassa speculazione, massmediatica o politica, senza una vera volontà di risolvere i problemi così essenziali per il futuro della generazione più giovane, senza la capacità di cooperare tra istituzioni ma solo scaricando reciprocamente responsabilità di eventuali inadempienze.

Che cosa ha cambiato la DAD se qualcosa ha cambiato?

Di certo possiamo affermare che si è modificato il rapporto tra famiglie, studenti e insegnanti. Lontananza e vicinanza sono i due poli di una diade che ha influenzato e continuerà a influenzare l'esperienza scuola, rendendo contigue la paura di perdere e la gioia di fruire un darsi che non può più essere dato per scontato. Ciascuno di noi ha preso coscienza di come la relazione tra docenti e studenti, una realtà preziosa che consideravamo una semplice presenza acquisita nello scenario sociale politico e quotidiano, sia una relazione inesauribile, fondata sulla creatività, sulla generosità, sulla capacità di reinventare e ripensare prassi mai esaurite. La nostalgia dello stare in classe a mio parere si è concretizzata negli sguardi, interrogativi e reciproci tra studenti e docenti, cercati negli schermi nel lungo intermezzo della DAD. La positività di questa crisi continua è, oggi come un anno fa, che il dibattito pubblico sulla scuola sia ripartito, con un'intensità e partecipazione che non si erano mai viste. Come spesso ripeto, credo che mai nella storia repubblicana si sia tanto parlato di vita scolastica e di pratiche di scuola, il pilastro fondamentale dello stato sociale.

Qual è il suo augurio ai nostri giovani studenti rientrati in classe dopo mesi?

Auguro ai nostri studenti di scoprire sempre di più il dono e la gioia dell'essere studenti che si declina, oggi come ieri, nel voler partecipare alla vita pubblica (anche chi scrive ha partecipato come componente eletto da studente e da docente alle attività del Consiglio d'istituto) ma anche nel voler continuare a narrare, a osservare la propria esperienza di vita scolastica con spirito e curiosità sempre rinnovati. Auguro ai nostri studenti di ogni grado di scuola di custodire la capacità di meravigliarsi, di far crescere e di rinnovare sempre uno sguardo terso e critico al tempo stesso su ciò che ci circonda, dalla realtà circoscritta della nostra quotidianità agli orizzonti sconfinati della filosofia, dell'arte e della scienza che scruta il cosmo, delle ultime sfide della matematica, della bellezza dei poemi omerici e delle tragedie greche.