Nei primi anni '80 il clan della 'ndrangheta dei Belfiore aveva "tanti contatti con tanti magistrati" di Torino, mentre con l'allora procuratore Bruno Caccia, poi ucciso nel 1983, "non si poteva trattare, non c'erano spazi per avere una mano, come si poteva sperare di averla, invece, con altri magistrati". Lo ha detto, parlando come teste nel processo milanese a Rocco Schirripa (arrestato nel dicembre 2015 come esecutore materiale dell'uccisione del magistrato) il collaboratore di giustizia Vincenzo Pavia che già oltre 20 anni fa, nel '96, aveva messo a verbale una serie di dettagli sull'omicidio.
Stando a quanto sostenuto dal testimone - che ha fatto più volte riferimento ai verbali del '96 e che ha raccontato di aver partecipato ad alcune "riunioni" preparatorie per l'omicidio Caccia e poi di essersi defilato - alcuni "magistrati", in particolare, frequentavano "la casa" di Gianfranco Gonella, prosciolto nell''88 dall'accusa di aver partecipato all'omicidio.
Tornatore, uno dei pentiti del clan dei 'catanesi' da fine anni '80, in un verbale reso davanti alla Squadra Mobile di Torino il 7 dicembre del 2016 aveva raccontato che "nessuno di noi catanesi" prese parte all'omicidio di Caccia, ma "ero costantemente informato del progetto perché me ne parlavano i miei accoliti, Miano e gli altri catanesi".
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Tra l'altro, aveva spiegato, "poco prima dell'omicidio noi catanesi fummo 'consigliati' di allontanarci da Torino in modo tale da crearci un alibi" qualora le forze dell'ordine nelle indagini successive li avessero convocati. In sostanza, Tornatore aveva messo a verbale che i 'catanesi' sapevano del progetto di Domenico Belfiore (condannato all'ergastolo in via definitiva come mandante) e della 'ndrangheta, dunque, di uccidere il magistrato. E lo avrebbero saputo dallo stesso Belfiore. Oggi il pentito era stato chiamato dal pm Marcello Tatangelo proprio a confermare quelle dichiarazioni, ma l'uomo ha detto di voler più parlare. Scatterà per lui, dunque, un procedimento per falsa testimonianza, data la sua reticenza. "Meglio di mettere in pericolo la vita dei miei figli", ha risposto. La difesa di Schirripa non ha dato il consenso all'acquisizione del verbale reso da Tornatore in indagini, mentre il legale dei familiari di Caccia, l'avvocato Fabio Repici, ha chiesto ai giudici di valutare se non sia il caso di far entrare comunque il verbale nel processo in base ad una norma sui testimoni minacciati. Il processo proseguirà con altri testi dell'accusa venerdì prossimo, 17 marzo