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C’era una volta a Reggio: tra amore e disincanto, la città raccontata da Antonio Calabrò. L’11 luglio la presentazione

C’è un luogo dove i tramonti sono così belli da “strapparli al cielo e spedirli al Louvre”, dove il cielo si colora ad acquarello e la luna piena si specchia nello Stretto. Quel luogo è Reggio Calabria. Ed è proprio da qui che parte il nuovo libro di Antonio Calabrò, C’era una volta a Reggio, edito da Laruffa, che sarà presentato venerdì 11 luglio 2025 alle ore 18:45 al Cineteatro Metropolitano DLF.

A introdurre l’autore sarà Daniela Mazzeo, con interventi di Nino Malara, Roberto Laruffa, Rita Nocera, Pasquale Ferrara e Davide De Stefano. Le letture sceniche saranno affidate ad Anna Rita Fadda e ai membri dell’Associazione Culturale L’Amaca, in quella che si preannuncia una “prima” che di canonico avrà ben poco.

 

Una città in divenire, un’eterna incompiuta

Nel libro di Antonio Calabrò c’è la Reggio “luogo d’incomparabile bellezza”, stretta tra l’Aspromonte e il mare, con l’Etna sullo sfondo e il respiro profondo della Sicilia di fronte. Tuttavia, c’è anche la Reggio incompiuta, “in ricostruzione da tremila anni”, segnata da disastri, progetti abbandonati, opere usa e getta e piani regolatori improvvisati. Una città “con poco passato visibile ma un lungo trascorso sotto i nostri piedi” per dirla con l’autore. Un continuo cantiere esistenziale, dove il bello convive col disordine e il sogno con la frustrazione.

E poi ci sono anche i Reggini, “variabili come le correnti dello Stretto”, capaci di slanci emotivi e al tempo stesso di un cinismo disilluso. “Per amare Reggio – scrive Calabrò – bisogna amare i reggini. Che è una delle operazioni più difficili e laboriose al mondo”.

C’è l’umorismo macabro, la furbizia da Bertoldo, l’entusiasmo che si spegne in fretta. Eppure, proprio dentro questa umanità contraddittoria, l’autore scava per trovare il senso dell’appartenenza e della memoria. Perché, in fondo, “la storia non ci assolve, ma ci perdona”.

 

Un “compendio drammaticamente allegro”

C’era una volta a Reggio, è dunque, “un compendio drammaticamente allegro”. Trecento pagine che diventano un viaggio serrato dalla preistoria ai giorni nostri, tra antenati greci, pesce stocco, discoteche degli anni ’80, gioventù ribelle e crema reggina. Ogni pagina è attraversata da quella che Calabrò chiama la “poesia del reale”, cioè l’amore dell’autore stesso di “apprendere fatti e poi raccontarli ammantandoli di un alone affettuoso e musicale”.

Il libro è un mosaico di aneddoti, ricordi, identità. Un omaggio affettuoso, e ironico, “a un suolo sacro, dove Jonio e Tirreno si incontrano”. Un territorio magico, fragile e pieno di contraddizioni, che merita di essere raccontato senza nostalgia ma con consapevolezza e tenerezza.

 

La presentazione

L’appuntamento da non perdere, dunque, venerdì 11 luglio al Cineteatro Metropolitano per una presentazione che sarà anche una festa “perché io e gli amici dell’Associazione L’Amaca – dice l’autore – di ogni cosa facciamo festa, anche di una storia terribile, tragica e antica come quella della nostra città”. Ed è proprio questo lo spirito del libro: un invito “a ritrovare il coraggio di amarsi un po’, per non morire”. Un atto d’amore ironico e appassionato verso una città che non smette mai di rinascere.

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