- di Matteo Valenti - Gaetano Saffioti, Michele Luccisano, Liliana Carbone, Lollò Cartisano, Stefania Grasso, Don Pino de Masi, Mario Congiusta: sono questi i nomi di chi ha deciso di ribellarsi alla 'ndrangheta, i nomi dei protagonisti delle storie raccontate da Giuseppe Trimarchi in "Calabria ribelle, storie di ordinaria resistenza". Il giovane autore reggino, nato e cresciuto a Canolo ha presentato il suo libro al centro sociale "A.Cartella" di Gallico (ReggioCalabria) "ringrazio il collettivo del Cartella per l'ospitalità e per la sensibilità dimostrata," - spiega Trimarchi - "ma soprattutto perchè questa esperienza, che dura da 10 anni, è una realtà ribelle della nostra società". A pochi passi dall'anfiteatro del parco Cartella, dove ci sarà la presentazione del suo libro, ho racimolato un tavolino e un paio di sedie per fare qualche domanda a Giuseppe Trimarchi.
-Perchè hai deciso di scrivere "Calabria Ribelle", come hai iniziato questo lavoro che ti ha impegnato per più di un anno?
Io sono nato a Canolo, dove tutt'ora vivo. Nel mio piccolo paesino la mafiosità si sente, si respira nell'aria, puoi vederla e notarla ogni giorno con i tuoi occhi, provarla nella vita quotidiana. Sono sempre stato interessato a questo male che affligge la nostra società, informandomi su vari testi ho notato che il fenomeno veniva analizzato da diversi punti di vista: sociologico, antropologico, storico, giudiziario. Il tassello che secondo me mancava era raccontare la storia dei familiari delle vittime, nello specifico di chi ha saputo rielaborare il dolore trasformandolo in coraggio, in lotta civile, in impegno quotidiano contro la 'ndrangheta.
-Come hai deciso di impostare la stesura del libro, che è stato ufficialmente pubblicato proprio all'inizio del mese di agosto?
La mia idea è stata quella di raccontare ciò che quotidianamente questa gente fa, come agisce e tutte le vicissitudini che vive ogni giorno. Quello che voglio far passare è la normalità di queste persone. Non si sentono né eroi, né paladini dell'antimafia, sono i protagonisti – come lo stesso sottotitolo del libro indica – di "storie di ordinaria resistenza". Il libro è diviso in sette parti, come sono sette le persone che ho intervistato, ogni parte è divisa in due metà, la prima racconta la loro vita fino al "punto di svolta" (l'uccisione da parte della 'ndrangheta di un figlio o del padre), la seconda parte invece è una vera intervista con delle domande che sono uguali per tutti gli intervistati.
-C'è qualche aneddoto, qualche storia particolare che potrebbe essere definita come rappresentativa di tutto il libro?
C'è l'esempio di Gaetano Saffioti di Palmi che ha deciso di rinunciare all'ausilio dello stato per il trasferimento in località protetta per poter rimanere nella sua terra. Lo ha fatto perchè ,secondo Saffioti, la fuga sarebbe stata la peggiore delle sconfitte e anche il peggiore esempio da dare ai nostri conterranei che invece dovrebbero lottare e resistere.
-Hai parlato di lotta, di resistenza, cosa chiedi ai lettori del libro? Cosa desideri che stimoli la lettura dei tuoi racconti?
Mi auguro che questo libro diventi un appello alla solidarietà, alla resistenza, alla lotta alla 'ndrangheta, un appello non tanto rivolto alle istituzioni che sono da sempre assenti e fanno orecchie da mercante, Il mio libro piuttosto è rivolto alla società civile, alle persone semplici e normali, che infine sono le persone di cui racconto.