Processo a Lucano, l’aspetto politico al centro della requisitoria del pm: "A Riace comandava lui"

lucanomimmo7ott600di Mariateresa Ripolo - «Non è un processo politico» e «non è un processo all'accoglienza», ma «si stigmatizza il mercimonio che viene fatto nel nome dell'accoglienza». Il pubblico ministero Michele Permunian, in apertura della requisitoria del processo scaturito dall'inchiesta "Xenia" contro Domenico Lucano e altre 26 persone, ci tiene ancora una volta a dirlo. Lo aveva già fatto a inizio giornata il Procuratore di Locri, Luigi D'Alessio, intervenuto per precisare che: «Non è stato e non sarà mai un processo agli ideali e al nobile ideale dell'accoglienza». (Leggi l'articolo)

L'argomento politico però torna ancora una volta in aula ed è centrale nella prima parte dell'intervento del pm. Un argomento su cui Permunian si sofferma più e più volte durante la requisitoria. Anche dopo le polemiche suscitate dalla richiesta di acquisire agli atti un'intervista in cui l'ex sindaco di Riace annunciava la sua candidatura a fianco di Luigi de Magistris alle elezioni regionali 2021. Richiesta poi rigettata dal presidente del collegio Fulvio Accurso affermando che «sono fatti che non ci riguardano ed estranei al processo».

«La conta dei voti»

«A Riace comandava Lucano», dice il pm che fa più volte riferimento alle intercettazioni dalle quali - secondo l'accusa - emergerebbe il fatto che l'ex sindaco di Riace «contava i voti e le persone». Quelle intercettazioni che, affermano gli inquirenti, «svelano il sistema».

«Il potere politico, una sorta di bulimia di ricerca di voti, supera i buoni propositi con cui nascono i progetti di accoglienza a Riace», «È la politica che frega Lucano», afferma ancora Permunian che ipotizza anche che l'ex sindaco di Riace scegliesse chi far lavorare a Riace «per avere un tornaconto politico-elettorale». Secondo la Procura all'interno delle associazioni venivano assunte solo persone vicine a Lucano: «La selezione avveniva in modo diretto. Alcune persone - afferma il pm - non avevano neanche le competenze specifiche in materia di accoglienza».

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La relazione "positiva" su Riace

La Procura mette in discussione anche al genuinità della relazione prefettizia redatta nel 2017 e firmata da Francesco Campolo e altre tre persone. Nel documento, ritenuto dall'accusa "insolita", i funzionari della Prefettura di Reggio Calabria avevano messo nero su bianco non solo i pregi del Modello Riace ma anche le difficoltà economiche che si stavano riscontrando a causa del blocco da parte del Ministero dell'Interno delle somme destinate ai progetti di accoglienza.

«Perché Campolo si è discostato dai criteri assegnati per fare la relazione chiesta dal prefetto?», si chiede Permunian. In aiuto del pm ancora una volta le intercettazioni, in cui emergerebbero «contatti tra Lucano e Campolo». «Ecco come si spiega quella relazione positiva», conclude il pm.