'Ndrangheta, ex boss dei Serraino: "Le cosche crescevano le Forze dell'Ordine"

cortesemaurizio600Le famiglie mafiose "prendevano i carabinieri o i poliziotti e se li crescevano". È quanto dichiara il boss Maurizio Cortese, l'ex reggente della cosca Serraino che nei mesi scorsi ha scelto di diventare un collaboratore di giustizia.

Il pentito Cortese ha parlato della figura di Mimmo Morabito, uno degli imputati del processo "Pedigree". Parlando con il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria - Stefano Musolino-, Cortese ha affermato che sul Morabito, l'ex boss, non ha dubbi e infatti, già nel verbale del 25 agosto scorso, al procuratore Giovanni Bombardieri e al pm Musolino ha detto: "è massone Mimmo. Ho visto il libretto io, ho visto il libretto io, avete capito?".

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"In ogni famiglia avevano determinate persone. - è quanto riporta l'interrogatorio del 28 settembre 2020 - determinate persone come Morabito, anzi pure peggio, cioè che praticamente avevano questi rapporti con le forze dell'ordine. Praticamente prendevano i carabinieri o i poliziotti e se li crescevano. Li facevano crescere loro".

Il pentito ha anche spiegato a verbale come: "allora prendevano, prendevano un carabiniere così no e magari gli facevano fare dei ritrovamenti, gli facevano fare per dire cioe'... a me avete visto chi mi ha preso Dottore? Dei carabinieri quei ragazzini là, quei dementi ragazzini. A me mi doveva prendere Maugeri, invece hanno fatto, la mia cattura gliel'hanno fare a questi... proprio ragazzini".

Per confermare i rapporti con le forze dell'ordine, Cortese ha parlato di Sebi Vecchio - ex assessore comunale di Reggio Calabria, nonché poliziotto -. Vecchio, infatti, dopo essere stato arrestato a ottobre è divenuto un collaboratore di giustizia.

"Quando ero latitante - dichiara Cortese - avevo degli accordi lavorativi con Sebi Vecchio. Io dovevo dormire con sette cuscini".

Inoltre, sui fatti relativi al 2010, quando furono piazzate delle bombe ai danni della Procura generale presso la Corte d'Appello e al magistrato Salvatore Di Landro, il pentito Maurizio Cortese dichiara che vi fu un "depistaggio". In un primo momento, infatti, le indagini si erano indirizzate sulla cosca Serraino fino alla collaborazione di Nino Lo Giudice che si è autoaccusato degli attentati. "Mi avevano messo in mezzo a me per tutto il casino che ho fatto nel processo 'Epilogo' - ha raccontato Cortese - l'ho fatto perché volevo che uscivano fuori i nomi di queste persone perché' io non ho mai capito per quale motivo hanno messo la bomba alla Corte d'Appello, poi gliel'hanno messa a casa di Di Landro. Ma perché' Di Landro? La verità non la sa nessuno, avete capito? O forse la sa Nino Lo Giudice... però certe cose non ritornano".

Sempre nei verbali Cortese aggiunge anche che "non lo dicono le persone - dichiara Cortese - non lo dicono le carte... lo dicono le situazioni dottore. Io sapevo che Morabito era confidente".