"Nella Locride sanità di serie Z", il grido di dolore della famiglia di Giuseppe Amante: "Un caso che rischia di essere archiviato, ci opporremo"

LOCRI-OSPEDALEdi Mariateresa Ripolo - E' morto a Reggio Calabria dopo tre settimane di agonia e tre giorni trascorsi ricoverato nel reparto di Medicina dell'ospedale di Locri. La famiglia di Giuseppe Amante, 66enne di Bovalino colpito da un'ischemia diagnosticata nel nosocomio reggino quando ormai era in fase acuta, continua a chiedere giustizia. Dopo la denuncia presentata alla Procura di Locri più di un anno fa, ancora oggi - scrivono i figli in una lettera - «la verità sembra lontana».

Il caso

Il presunto caso di malasanità, che avevamo raccontato su queste pagine già lo scorso ottobre, presenta - secondo la famiglia Amante - diversi punti poco chiari su cui dovrà essere la magistratura a far luce. Nella ricostruzione fornita dai familiari, infatti, si tratta di «una tragedia - scrivono nella missiva in cui denunciano le condizioni della sanità nella Locride - che potrebbe essere stata causata dalla negligenza dei medici che a Locri hanno trattato il caso con troppa superficialità». L'uomo, denunciano i figli «ha trascorso giorni interi in un letto d'ospedale senza ricevere le cure necessarie per l'ischemia che lo aveva colpito, dopo giorni di diagnosi sbagliate è stato trasferito, quando ormai era troppo tardi, all'ospedale di Reggio Calabria». Nel nosocomio reggino, sottolineano i familiari «sin dall'inizio c'era il reparto munito degli strumenti necessari», la Stroke Unit: un reparto di terapia semintensiva neurologica dove vengono accolti i pazienti con malattie cerebrovascolari come ischemia ed emorragia cerebrale in fase acuta.

Amante accusava sintomi da tre settimane, in questo lasso di tempo, visitato prima dai medici del 118 e poi da quelli del Pronto Soccorso, viene rimandato a casa. Alla fine, dopo tre giorni trascorsi nel nosocomio di Locri, è stato trasportato poche ore prima della sua morte a Reggio Calabria con un'ambulanza che ha impiegato sei ore per il trasferimento. «Un'ambulanza - spiega la famiglia dell'uomo - chiamata in codice giallo (che solo dopo si è trasformato in rosso)». Qui tramite una risonanza magnetica viene fatta la giusta diagnosi, ma dopo qualche ora, il 12 dicembre 2019, Amante morirà nel reparto di terapia intensiva: l'ischemia era ormai in fase acuta.

«Un caso che rischia di essere archiviato, ci opporremo»

Ad indagare sul caso è la Procura di Locri, già in altre occasioni la famiglia aveva dichiarato ai nostri microfoni: «Abbiamo denunciato perché crediamo che sia giusto fare chiarezza su questa vicenda, non si può pensare di morire in questo modo nel 2020». Ma adesso i familiari temono l'archiviazione: «Oggi - spiegano - il dolore e la rabbia per una morte così assurda si fanno ancora più strazianti perché il caso rischia di essere archiviato in sede penale. Ma noi ci batteremo, vogliamo tutta verità! La Legge ci dice che non c'è responsabilità penale se non c'è la piena certezza che un "diverso (o corretto)" comportamento da parte dei medici avrebbe potuto salvare la vita a nostro padre. Oltre al danno la beffa! Abbiamo la certezza, e lo dimostreremo, - sottolineano - che con i giusti strumenti diagnostici e con maggiore attenzione da parte dei medici, le cose sarebbero andate sicuramente in modo diverso. Ma la cosa che ci preme evidenziare è che: se ci fosse stata anche solo una piccolissima possibilità di vivere, a nostro padre doveva essere data e non negata a prescindere! Se i medici avessero davvero fatto di tutto per salvarlo, oggi il nostro dolore non sarebbe accompagnato dalla rabbia, ma abbiamo vissuto in prima persona e visto con i nostri occhi con quanta superficialità è stato trattato il caso di un uomo sofferente che è arrivato alla morte dopo giorni di agonia passati in un letto d'ospedale. Che il caso sia stato trattato con estrema superficialità dai medici dell'Ospedale di Locri non lo diciamo solo noi, ma lo confermano i fatti. Lo confermano le azioni che hanno accompagnato i loro passi in quei tragici giorni, fino all'ultimo momento. Per questo ci opporremo con tutte le nostre forze».

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Nella Locride sanità allo sbando: «Noi trattati come cittadini di serie Z»

Rabbia, sdegno e un velo di rassegnazione nella missiva della famiglia di Giuseppe Amante, che pone l'accento sulle carenze dal punto di vista sanitario che colpiscono la Locride da tempi immemori. «Chiediamo Giustizia perché nella Locride non si può continuare a morire in questo modo, il nostro diritto ad essere curati deve essere tutelato da chi di competenza. Continuamente trattati come cittadini di serie Z, ogni tanto qualcuno vorrebbe darci l'illusione di averci fatto un "regalo" quando in ospedale portano un nuovo strumento diagnostico, che poi con ogni probabilità non funzionerà per anni e se funzionerà lo farà a fasi alterne perché mancano i medici».

«È il caso - scrivono - della nuovissima risonanza magnetica, inaugurata con tanto di pasticcini, settimane fa a Locri, e mai messa in funzione nonostante le promesse dei vertici sanitari». Il nuovo strumento diagnostico, infatti, inaugurato lo scorso febbraio dall'ex commissario dell'Asp di Reggio Calabria Giovanni Meloni, alla presenza del presidente ff della Regione Nino Spirlì, non è ancora stato utilizzato e non potrà entrare in funzione a causa della mancanza di personale medico.

Ai nostri microfoni il sindaco di Locri, Giovanni Calabrese, ha sottolineato: «Inaugurare uno strumento diagnostico così importante e non farlo funzionare è abbastanza ridicolo, abbiamo chiesto al nuovo commissario Gianluigi Scaffidi di venire a fare una visita per rendersi conto della situazione».

«Se ci fosse stata prima a Locri, quella risonanza magnetica in funzione, avrebbe potuto salvare la vita a nostro padre perché avrebbe permesso di effettuare la giusta diagnosi», affermano i figli di Giuseppe Amante, «Vogliamo sapere se questa tragedia poteva essere evitata, perché quando si parla di una vita spezzata e di una famiglia distrutta non si può far finta di nulla, non si può continuare ad agire con superficialità quando di mezzo ci sono delle vite umane.

La Giustizia - concludono - nella quale abbiamo sempre creduto ha il dovere di fare piena luce. Lo deve fare per Giuseppe Amante e per tutti i cittadini della Locride. Nessuno merita di morire in questo modo».