Parla il pentito Fiume: “Ecco la rete riservata dei De Stefano”

destefanogiuseppe500di Claudio Cordova - "A Reggio Calabria i De Stefano li hanno abbracciati tutti". Antonino Fiume è sempre romanzesco e scenografico nelle sue affermazioni. Lui che per anni ha vissuto gomito a gomito con i membri dello storico casato 'ndranghetista di Archi, per via della relazione con Giorgia De Stefano, sorella dei noti Giuseppe (nella foto), Carmine e Dimitri. Oggi Nino Fiume è collaboratore di giustizia e viene escusso nell'ambito del maxiprocesso "Gotha", celebrato contro la componente massonica e riservata della 'ndrangheta.

E proprio di questo parla l'ex killer dei De Stefano.

Parla di decine di giovani, oggi divenuti uomini e donne molto noti in città, che avrebbero frequentato la comitiva dei De Stefano, ma parla anche dei legami occulti della famiglia, quella che, più di ogni altra, è riuscita a modernizzare la 'ndrangheta attraverso le relazioni con mondi apparentemente inaccessibili.

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Tra questo tipo di relazioni, Fiume menziona l'ex consigliere comunale Peppe Sergi, fedelissimo dell'allora sindaco Peppe Scopelliti: Sergi, a detta di Fiume, sarebbe stato "un riservato di Giuseppe De Stefano". Ma il livello si alza fino al noto imprenditore Carlo Montesano, attivo nel settore alberghiero: "Era considerato massone e quindi veniva rispettato" afferma Fiume. Quello di Montesano, tuttavia, non è l'unico grande nome che avrebbe avuto rapporti privilegiati con i De Stefano. Si va dai Cozzupoli a Giovanni Filianoti, passando per Pietro Siclari e Pasquale Rappoccio, che comunque era più vicino ai Libri: "Quasi tutti quelli che erano nell'edilizia. Nell'ultimo periodo, molti passavano attraverso Mario Audino".

"L'ultimo periodo" cui fa riferimento Fiume è da inquadrarsi entro l'inizio del 2002, momento in cui il killer della cosca De Stefano, capendo di essere finito nella lista nera del clan, decide di saltare il fosso e di consegnare il proprio patrimonio conoscitivo sui rapporti della più potente famiglia della 'ndrangheta. Potente perché capace di essere ben inserita nei salotti buoni, contando su quelli che Fiume chiama "i Riservati", ossia soggetti non formalmente affiliati, ma fondamentali strumenti di cerniera tra la 'ndrangheta e il mondo del potere: "I Riservati dei De Stefano erano anche di famiglie perbene, che a loro volta erano collegati ad ambienti massonici". Nella massoneria deviata, infatti, la famiglia di Archi avrebbe avuto entrature importanti fin dagli anni di don Paolino De Stefano, assassinato nel 1985, agli albori della seconda guerra di 'ndrangheta: "Paolo De Stefano aveva una villa a Roma dove si facevano riunioni massoniche" afferma Fiume.

Da Roma a Milano, la 'ndrangheta sarebbe stata forte anche su altri territori. Diversi i riferimenti di Fiume al cosiddetto "Consorzio", un'unione delle cosche stanziate in Lombardia che, sotto il comando di Antonio Papalia, avrebbero riproposto al Nord le medesime dinamiche della casa madre. Grazie a questi rapporti, quindi, i De Stefano avrebbero accresciuto il proprio potere, nonostante gli anni della mattanza, in cui a Reggio Calabria e provincia vi saranno centinaia di morti. Fiume adombra anche sospetti sulla genesi della seconda guerra di 'ndrangheta, tirando in ballo il possibile coinvolgimento di pezzi dello Stato: "Peppe De Stefano diceva sempre 'i Servizi fanno la guerra e i Servizi fanno la pace'". Rapporti con la destra eversiva e con la banda della Magliana, che ormai appartengono alla storia della 'ndrangheta e che avrebbero permesso alla 'ndrangheta – e in particolare ai De Stefano – di effettuare il salto di qualità, forti anche di una certa impunità: "I fratelli De Stefano non hanno mai temuto la magistratura" afferma laconico Fiume.