Quando Rifondazione Comunista elogiava il presunto mafioso Rocco Agrippo

reggiocalabria provinciadi Claudio Cordova - Che l'allora assessore provinciale Rocco Agrippo, arrestato poche ore fa per associazione mafiosa, si sia dimesso dopo che il suo nome era finito, in maniera alquanto inquietante, nelle carte dell'indagine "Crimine" è un falso storico. Dopo un periodo piuttosto breve di "autosospensione" (un istituto alquanto bislacco e non previsto da alcuna norma ufficiale), Agrippo, infatti, tornerà a svolgere la propria attività di assessore fino alla fine della consiliatura provinciale. Il blitz dei Carabinieri, infatti, scatta il 13 luglio del 2010 e tra i documenti raccolti dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri e dai sostituti della Dda, c'è anche una conversazione in cui Giuseppe Commisso, "il Mastro", e Roberto Commisso, parlano della possibilità di partecipare al matrimonio di un politico di Gioiosa Ionica, che gli inquirenti identificano proprio in Rocco Agrippo, a quei tempi  in transito dallo Sdi (in cui all'epoca militava anche Cosimo Cherubino) al Pd.

In quel periodo Agrippo è assessore provinciale di Reggio Calabria nella Giunta di centrosinistra guidata da Giuseppe Morabito. Il coinvolgimento, seppur indiretto, di Agrippo scatena un vespaio di polemiche in cui, a dispetto della solidarietà di schieramento (il centrosinistra) i più agguerriti sono i membri del Pdci. Il 25 luglio 2010, infatti, la Federazione Provinciale dei Comunisti Italiani diffonde un comunicato stampa con cui chiede la dimissioni di Rocco Agrippo: "Le Istituzioni devono oggi più che mai rappresentare la "casa di vetro" per i cittadini; per cui è necessario assumere comportamenti ancor più rigorosi e netti" dicono dal Pdci. Il giorno dopo, il 26 luglio, Agrippo rimetterà le proprie deleghe, quelle al Demanio e al Patrimonio, al Presidente Morabito: "Sono convinto – dice contestualmente alla sospensione Agrippo - che questa sia la decisione più giusta e pur non essendo stato io oggetto di alcun provvedimento da parte della Magistratura, ritengo che un pubblico amministrare, in questi casi, abbia il dovere di assumere decisioni consequenziali".

Partita chiusa?

Niente affatto.

Il giorno successivo, il 27 luglio, dal triumvirato Antonio Larosa, Omar Minniti e Santo Gioffrè, di Rifondazione Comunista, partito che in quel periodo ricopriva incarichi nella Giunta Morabito, arriva una nota in cui, oltre ad accogliere positivamente la "sospensione" di Agrippo, si sottolinea, con estremo esercizio di garantismo: "E' opportuno ricordare che Agrippo, al momento, non risulta formalmente indagato, non essendovi sulla sua figura rilievi penali di evidenza giudiziaria – scrivono Larosa, Minniti e Gioffrè -. Per questo, la decisione dell'esponente ex socialista passato al PD – maturata dopo alcuni giorni di riflessione e ponderata insieme al Presidente Morabito – assume un significato politico-simbolico importante, di salvaguardia della moralità delle istituzioni, specie se associata alla pre-annunciata volontà di collaborare da subito con le autorità inquirenti per chiarire i dubbi sollevati nell'inchiesta Il Crimine".

Al di là di un certo "cerchiobottismo", gli elogi all'autosospensione sarebbero presto andati in malora, dato che Agrippo, dopo breve tempo tornerà, anche pubblicamente, a ricoprire il ruolo di assessore provinciale. E le sue "tracce" sono ben visibili tuttora: il 23 settembre 2010, circa due mesi dopo il blitz dell'operazione "Crimine" e la sequela di comunicati con tanto di autosospensione, l'intervento dell'assessore provinciale Agrippo, è inserito nella scaletta dell'incontro, svolto al Planetario di Reggio Calabria, "La porta del buio. L'equinozio di autunno tra mito e scienza". Il 16 gennaio 2011, invece, Agrippo, sempre in qualità di assessore provinciale, diffonde un comunicato stampa in cui si rallegra del gradimento ottenuto da Pinone Morabito, secondo i dati del Sole 24ore: "Il dato è estremamente significativo e premia il lavoro svolto dal Presidente Morabito e dai suoi Assessori sempre coesi e unanimi nel portare avanti gli impegni assunti nel programma elettorale stilato nel 2006" dice. Il 28 aprile, invece, a poco più di un mese dalle elezioni che sanciranno la vittoria alla Provincia del candidato del centrodestra, Giuseppe Raffa, il Bovalino Calcio a 5 diffonde un'appassionata nota stampa per la concessione di uno spazio al coperto dove giocare. Ringraziando le autorità politiche, tra cui l'assessore provinciale Rocco Agrippo.

Della volontà di fare chiarezza da parte di Agrippo non parlerà più nessuno. L'assessore provinciale se la caverà con qualche giorno dietro la lavagna. Così come non si ricordano note di Larosa, Minniti e GIoffrè, di Rifondazione Comunista, che, dopo aver elogiato la responsabilità di Agrippo, non passeranno alla "lotta continua" per la legalità, che non si manifesta solo con le manette, scattate nei confronti dell'ex assessore: "Altre richieste sono eccessive e fuori contesto, rischiando di apparire come inutili fughe in avanti" scrivono. Agrippo, adesso accusato di collusione con la potente cosca Commisso di Siderno (gli stessi che discutevano se partecipare o meno al suo matrimonio), continuerà, per circa un anno, a svolgere il ruolo di assessore provinciale, anche con interventi pubblici. E per nessuno tutto ciò risulterà, nuovamente, quantomeno inopportuno. Ma purtroppo, o per fortuna, le parole, le azioni, restano e sono facilmente recuperabili, anche per chi ha la memoria un po' troppo corta.

"L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E NO! questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica". Lo diceva Paolo Borsellino che, come è noto, aveva altri tipi di idee.