Ora Longo attacchi il “sistema Calabria”. E nessuno lo lasci solo

longoguido28novdi Claudio Cordova - Qual è la differenza tra un siciliano, che nella sua vita, prima ancora che con la professione, ha acquisito nel DNA la lotta al malaffare e il senso delle Istituzioni, della Nazione, e un calabrese, che ha studiato, si è imposto fuori dalla propria regione, ma che continua a mantenere quello status di "annacamento del pecoro" (per dirla con il poeta Spirlì) quando c'è da prendersi le proprie responsabilità?

La differenza è tutta in un binomio: Guido Longo-Eugenio Gaudio.

Dopo settimane di indecoroso balletto, il Governo è riuscito, finalmente, ad arrivare alla nomina del commissario calabrese alla Sanità. E la nomina è di grande qualità. Guido Longo è un uomo dello Stato, un superpoliziotto che ha svolto la sua attività antimafia e anti-'ndrangheta per decenni. Catanese, con ruoli importanti nella "sua" Sicilia, ha vissuto anni di prestigio e di grandi risultati in Calabria, dove ha svolto il ruolo di questore di Reggio Calabria e prefetto di Vibo Valentia.

E le sue parole ridanno lustro e decoro al difficile ruolo che andrà a ricoprire: "Ho accettato di fare il Commissario per la Sanità come atto d'amore verso la Calabria, che è la regione in cui mi sono formato professionalmente come funzionario di polizia. Il mio è anche un dovere istituzionale verso il Governo, che mi ha scelto e che ringrazio".

Dopo le macchiette rappresentate dal generale Saverio Cotticelli, dal "no mask" lottizzato Giuseppe Zuccatelli, dopo il balletto di nomi, in cui il più autorevole era quello del coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico, Agostino Miozzo, ma dove il Pd ha provato ancora a mettere il cappello sulla sanità calabrese con l'uomo di Nicola Zingaretti, il medico organico ai Dem, Narciso Mostarda, alla fine arriva un nome dal passato e dal curriculum ineccepibili.

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In mezzo, il personaggio che più mette tristezza nella carrellata di "mostri" che hanno occupato le pagine dei giornali in questo mese di novembre: il calabrese Eugenio Gaudio, da poco cessato dal ruolo di rettore della Sapienza, con l'elezione di un'altra calabrese, la professoressa Antonella Polimeni. Il suo rifiuto, peraltro, con la risibile motivazione-scarico sulla moglie, che non avrebbe gradito il trasferimento a Catanzaro, sono un bel ceffone ai sostenitori della "calabresità" tout court. L'ignavia e l'accidia con cui Gaudio ha rifiutato di servire, non solo il proprio Paese, ma la propria terra natia, hanno gettato discredito ben oltre le figuracce del Governo.

Con la nomina di Longo, lo Stato recupera un minimo di credibilità. Nomina tardiva, ma, almeno sulla carta, efficace.

Ma che ci fa un poliziotto a supervisionare la sanità calabrese? Oltre ai negazionisti del virus, in Calabria è odioso assistere alla perduranza e alla nascita di negazionisti della 'ndrangheta. E invece, no. In Calabria c'è quella "cosetta" che si chiama 'ndrangheta e che, da sempre, ha nella sanità uno dei suoi bocconcini più prelibati.

A Guido Longo i calabresi chiedono proprio questo. Chiedono una sanità degna e il più possibile libera dai compromessi e dalle connivenze di 'ndrangheta, massoneria, centri di potere e colletti bianchi. E questo, Guido Longo, lo sa bene, perché in Calabria ha operato. Sarà in grado di farlo? Non è detto. Non è detto che una grande storia da poliziotto, sia l'automatismo per svolgere bene anche il difficile ruolo di commissario alla Sanità calabrese. Non è detto, soprattutto se il Governo che lo ha nominato, non dovesse dargli il supporto necessario, ma utilizzasse la sua nomina come bandierina da mettere sulla Calabria per tentare di coprire le proprie vergogne.

Guido Longo sa bene tutto ciò.

E sa anche bene che i commenti entusiastici che in queste ore arrivano in maniera bipartisan, tanto dalla Lega, quanto dal Pd, passando per i 5 Stelle, fanno parte del gioco.

Succede sempre quando arriva un nuovo "comandante".

L'arte di blandire è sempre stata il primo approccio verso chi, da fuori, viene chiamato a operare in Calabria, con ruoli di grande importanze e di controllo sui fatti e misfatti locali. Accadde, nel 2008, al palermitano Giuseppe Pignatone, giunto a Reggio Calabria a rilanciare la Procura. I primi a complimentarsi per la nomina, furono anche i primi a fargli la guerra. E così, anni dopo, per il suo successore, Federico Cafiero De Raho, tuttora accusato di aver "criminalizzato" la società calabrese. E, infine, come non dimenticare, il (finto) giubilo bipartisan per la nomina di Nicola Gratteri a capo della Procura della Repubblica di Catanzaro, che veniva da anni di nulla cosmico.

Tutti atteggiamenti subdoli e sottili che Guido Longo conosce bene.

A lui i calabresi chiedono di rifuggire questi abbracci, di essere forte, netto, rigoroso, ma allo stesso tempo non ottuso nella burocrazia. A lui i calabresi chiedono di scardinare il "Sistema Calabria" dove – e chi lo nega o è un cretino o e un delinquente – a comandare sono 'ndrangheta e massoneria.

Per farlo, non dovrà essere lasciato solo. Non soltanto da chi lo ha nominato, ma anche dai calabresi stessi.