Nani su' iddi e vonnu a tutti nani

collagecandidatiminoridi Claudio Cordova - Angela Marcianò, Saverio Pazzano, Fabio Foti, Fabio Putortì, Maria Laura Tortorella, Pino Siclari.

Se invece di essere accecati da quella che, il 3 luglio scorso, definivo una insana voglia di indossare il pennacchio del capetto, avessero deciso di correre insieme, a quest'ora avrebbero potuto incidere molto di più a Palazzo San Giorgio.

Lo scrissi il 3 luglio. Facile profezia (leggi qui).

La sgangherata accoppiata Giuseppe Falcomatà-Antonino Minicuci, infatti, ha lasciato per strada circa il 30% dei consensi. Praticamente un terzo dell'elettorato, che poteva essere capitalizzato molto meglio, rispetto alla frammentazione con cui le liste civiche hanno deciso di presentarsi al voto comunale di Reggio Calabria del 20 e del 21 settembre scorsi.

Ed era assolutamente prevedibile, come scritto più volte in queste settimane, che Falcomatà e Minicuci fossero, per motivi diversi, assolutamente indigesti per l'elettorato reggino. Il 3 luglio scrivevo: "Klaus Davi può essere la via che strappa ogni pennacchio di voler gareggiare sempre e comunque come primi della classe: gruppi autonomi come quello de "La Strada" di Saverio Pazzano o del Laboratorio Politico-Patto Civico, di Maria Laura Tortorella, ma anche gli stessi 5 Stelle con Fabio Foti e l'ex assessore Angela Marcianò, che non ha abbandonato l'idea di candidarsi, devono ora avere il coraggio di fare un passo indietro e di correre insieme a Klaus Davi".

Coraggio che nessuno ha avuto. Perché più importante essere il capo del proprio sgabuzzino, che non far parte di una squadra, che, pur con le sue diversità, può cambiare le cose.

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Hanno dimostrato, qualora ce ne fosse bisogno, di non volere il bene della città, ma solo di sognare di diventare consiglieri comunali. Quella era la loro massima aspirazione. Qualcuno ci è riuscito, altri no. Qualcuno è riuscito a sfruttare i propri candidati nelle liste, per ottenere lo scranno a Palazzo San Giorgio con i voti di altri.

Perché, alla fine, ha sempre ragione Nicola Giunta.

Angela Marcianò, con questa convinzione di aver ricevuto chissà quale unzione dell'Alto, Saverio Pazzano, persona cordiale, ma circondata da diversi sciocchi che lo idolatrano, ma anche Fabio Putortì, Maria Laura Tortorella e l'eterno Pino Siclari, quasi tutti convinti di poter superare le ovvie percentuali da prefisso telefonico, poi ottenute. Discorso leggermente diverso per Fabio Foti che, pur essendo espressione di un partito di governo, il Movimento 5 Stelle, aveva anche manifestato la volontà fare un passo indietro per una candidatura unitaria.

Ma si è scontrato con ottuse posizioni di chiusura rispetto a un progetto unico, che potesse avere un simbolo a guidare la corsa verso Palazzo San Giorgio.

Candidatura unitaria che, nell'articolo del 3 luglio scorso, si diceva (e si conferma) non potesse che essere quella di Klaus Davi. E non si tratta di una idealizzazione. Sono, anzi, ben chiari gli errori, le battute a vuoto, le provocazioni a volte eccessive del massmediologo. Ma poteva essere una via comune per tutti e non (solo) per le battaglie che Davi ha portato avanti in questi anni a San Luca e per tutta la Calabria. Ma per diversi motivi, tra cui quello di non essere di Reggio Calabria. Esattamente la più grande "colpa" che gli veniva e in parte gli viene attribuita. Sarebbe bello e necessario misurare il quoziente intellettivo di chi sostiene ciò: ragionamenti fatti usando le scorciatoie del cervello.

E' del tutto evidente che era impensabile chiedere (e chi scrive avrebbe dimostrato di non avere alcuna onestà intellettuale) a Marcianò di ritirarsi in favore di Pazzano o viceversa o a Foti di ritirarsi in favore di Tortorella, o viceversa. Nessuno, giustamente, doveva e poteva sentirsi meno degli altri: tutti rappresentavano una voglia di civismo che, nonostante la frammentazione, gli elettori hanno dimostrato di non disdegnare, dato che quasi un terzo dei votanti non ha scelto i due candidati principali.

Per questo, chi amava realmente la città, chi voleva cambiarla da dentro le Istituzioni, doveva insistere su un accordo, anche a costo di sacrificare la propria posizione egemone, abbandonando la comfort zone di guida di un movimento. Accordi che, ovviamente, dovevano nascere fin da subito, dato che era altrettanto impensabile immaginare una convivenza de "La Strada" di Pazzano con la Marcianò, arrivata a mettersi in casa persino il Movimento Sociale pur di indossare quel pennacchio di cui sopra.

Invece, la presenza "esterna" di Davi avrebbe proprio potuto rappresentare la scelta super partes in modo tale che nessuno potesse vedere il ritiro della propria candidatura come una deminutio. Per qualcuno, anzi, sarebbe stata una uscita molto più dignitosa rispetto a quella delle urne. Del resto, che il massmediologo goda di una fiducia da parte di una discreta base di cittadini è confermato dalla miracolosa elezione in consiglio comunale, quando invece, non più tardi di un mese e mezzo fa quasi tutti bollavano il suo impegno come una boutade, come una trovata pubblicitaria, come un esperimento da poche decine di voti. E, invece, l'elezione è arrivata ed è stata ottenuta con una campagna elettorale di poco più di un mese, con appena una lista, senza manifesti, senza spot e persino senza una sede, facendo volantinaggio per le strade.

Nessuno, oggi, può dire che la sua elezione in consiglio non sia una buona notizia. Se non altro per togliere un po' di banalità al dibattito politico, quello reggino, tra i più stantii e bassi d'Italia.

Questo adesso lo capisce anche chi, quel 3 luglio, con il quoziente intellettivo della scimmia, sfotteva quello che non era un endorsement verso Davi, come qualche coglione ha interpretato. Era solo l'ennesimo grido di chi ama la città e la vede divorata dal proprio "reggiocentrismo", da beghe e pettegolezzi da bottega e da comari.

Ma sprovincializzarsi è sempre difficile, quasi impossibile.

Adesso è troppo tardi. E non solo perchè le elezioni sono ormai, quasi, in archivio. Ma anche perchè è improbabile pensare a un polo civico all'interno del consiglio comunale, magari tramite un gruppo unico: perchè, solo per menzionare la questione più grande, sarebbe folle immaginare Pazzano che entra nel medesimo gruppo di Marcianò, che non ha esitato a rastrellare le briciole della Fiamma Tricolore. 

Succede questo quando si sceglie la via del pennacchio, con la probabile prospettiva di essere stritolati dalle due grandi coalizioni, all'esito del turno di ballottaggio e il sospetto di divenire la stampella dell'una o dell'altra parte. E questo, nonostante i ripetuti tentativi, anche da parte dell'entourage di Davi, di arrivare a un accordo. La risposta di molti è stata da delirio: chiedere allo stesso Davi di fare un passo indietro. Per chi? Per Maria Laura Tortorella o per Angela Marcianò e Saverio Pazzano?

Va bene il senso dell'umorismo, ma c'è un limite a tutto.

A parlare della quantità di voti che ciascun candidato si attribuiva, sembrava di assistere alla campagna elettorale di Città del Messico, non di Reggio Calabria.

Il risultato è la (meritata) figuraccia di tanti. Ma questa non è alcuna consolazione, rispetto al fatto che, forse, si poteva imboccare un percorso diverso. Tra poco più di una settimana, invece, ci ritroveremo con Falcomatà o Minicuci sindaco.

Poteva non accadere, se tanti avessero scelto Reggio Calabria e non la propria vanagloria, convinti di essere diventati Palmiro Togliatti, Alcide De Gasperi o Tina Anselmi.

Per adesso, auguri, Reggio Calabria. Meriteresti di più di reggini con quoziente intellettivo da scimmie.