I vecchi mostri

comiziozingarettidi Claudio Cordova - E' lui o non è lui? Dalle prime foto inviate in redazione dal collega Walter Alberio, che ieri ha seguito per Il Dispaccio la visita del segretario del Pd, Nicola Zingaretti, non si capiva bene. Si guarda, si ingrandisce, si prova a scrutare la postura, si ipotizza. Si conclude: "Ma no, non può essere lui".

Del resto, per un partito che dovrebbe fondare il proprio agire sugli ideali tramandati da Enrico Berlinguer, non sarebbe proprio il caso: "Assolutamente, sarà qualcuno che, in una foto scattata da lontano, gli assomiglia, ma non può essere lui".

Passa un po' di tempo e arrivano i primi resoconti del collega. E, invece, era proprio lui.

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Vedere ricomparire sul palco di Piazza Duomo, in un evento così importante come la visita del segretario nazionale del Partito Democratico, Sebi Romeo è qualcosa che va oltre la semplice presenza, peraltro silente.

E' un segnale.

In primis un segnale a un determinato elettorato. L'ex consigliere regionale, al momento, non ha alcuna carica formale sul territorio, nonostante il Pd lo abbia riabbracciato, ritirando la sospensione, dopo le trancianti motivazioni della Cassazione relative all'inchiesta "Libro Nero", in cui l'uomo forte del Pd era finito ai domiciliari. La (solita e disgustosa) vulgata garantista ha spacciato quella pronuncia di annullamento della misura cautelare, effettivamente pesante per la Procura di Reggio Calabria, per un'assoluzione, praticamente equiparando Romeo a Enzo Tortora. Ciò che quella stessa (solita e disgustosa) vulgata omette di dire è che Sebi Romeo non è affatto uscito dall'inchiesta "Libro Nero", dato che la Dda di Reggio Calabria ha chiesto il processo per gli uomini del clan Libri e per i loro referenti imprenditoriali e politici. E tra le persone accusate c'è proprio Sebi Romeo, che risponde – dice la (solita e disgustosa) vulgata – "solo" di corruzione. La sua presenza sul palco di Zingaretti, corso a sostegno della ricandidatura di Giuseppe Falcomatà, quindi, è un segnale. "He's back" potrebbe essere lo slogan da far passare all'elettorato: lui è tornato.

Chi vuol capire, capisca.

Ma quella presenza è indice anche di un ulteriore dato, più sistemico, della politica reggina e, in particolare, dei due principali e tradizionali schieramenti politici. L'incapacità (nella migliore delle ipotesi) o la mancanza di volontà (molto più probabile) di voler ringiovanire, svecchiare, rinnovare, cambiare, una classe dirigente che non solo ha fallito nei risultati, ma, dato non di poco conto, ha fallito nei metodi. Al netto di quello che sarà l'esito del processo, infatti, non si può tacere il fatto che il modo di far politica dei vari Sebi Romeo sparsi nei vari partiti e schieramenti, è un metodo stantio, in alcuni casi torbido e in altri illegale. Alla visita di Zingaretti, infatti, è stata notata anche la presenza di un'altra vecchia cariatide della politica, dai metodi non dissimili, quel Giovanni Nucera, ex Sel, fratello peraltro dell'assessore comunale di Reggio Calabria, Anna Nucera.

Mancava solo (o magari c'era e non si è fatto notare, Nino De Gaetano.

Non si tratta solo di una questione giudiziaria. La politica, però, è un'altra cosa. Dovrebbe essere un'altra cosa. Un altra cosa rispetto alle trame di partito, un'altra cosa rispetto agli incontri negli angoli delle strade, ai meeting politici fuori dai bar periferici, che diventano veri e propri avamposti per raccogliere richieste, spesso clientelari. 

Insomma, con questo tipo di presenze, Giuseppe Falcomatà ha parlato chiaramente. Ha detto al proprio elettorato di non voler cambiare, di non voler allontanare da sé figure che, probabilmente, gli hanno fatto e gli faranno solo del male. Di non voler dare, davvero, "La Svolta", che aveva promesso sei anni fa: non è possibile alcun cambiamento di direzione con queste presenze e il sindaco ricandidato dovrebbe avere il coraggio di allontanarle, non solo, in alcuni casi, per una "questione morale" ormai svuotata di significato, ma anche per dire che la politica che si intende proporre ai cittadini è altra cosa rispetto al passato.

Uno dei (tanti) dati preoccupanti della campagna elettorale reggina forse è proprio questo. L'eterno ritorno, talvolta come candidati, talvolta come uomini-ombra, di soggetti che hanno già dimostrato il proprio (dis)valore. Se, infatti, alcuni ben informati ipotizzano per Sebi Romeo addirittura un ruolo importante, da esterno, nella eventuale nuova Giunta Falcomatà, dall'altro lato e, quindi, dalla parte del centrodestra, il leit motiv è il medesimo: riproporre, nelle liste che sostengono Antonino Minicuci, soggetti quali Giuseppe Eraclini, Giuseppe Martorano, Antonio Eroi (per il tramite della compagna), e una serie di fratelli, sorelle, mogli e mariti di ex esponenti politici, talvolta anche colpiti da indagini giudiziarie e provvedimenti di incandidabilità ha un significato ben preciso.

Il mantenimento dello status quo.