Fake News, un problema sempre più grave

computer 500di Nino Mallamaci*- Il problema fake news, che insieme allo hate speech, è il fenomeno degenerativo più preoccupante del web e in particolare dei social media, con la pandemia è entrato ancora di più nel dibattito pubblico, non solo tra esperti o operatori. Ciò per via dei pericoli insiti in questa abominevole pratica in una situazione in cui ogni notizia o informazione meno che accurata può essere foriera di malattia o morte. Se ne parla, e molto, connettendo giustamente tali fenomeni con la libertà di pensiero riconosciuta dalle Carte fondative degli Stati ove vige la democrazia liberale. Pensiamo, innanzitutto, all'art. 21 della nostra Costituzione. Ma guardiamo anche al primo emendamento del Bill of Rights degli Stati Uniti, in quanto la corrente di pensiero maggioritaria in quel Paese difende strenuamente la sacralità di quella norma, ritenendo il diritto alla libertà d'espressione preminente su ogni altro. Lo conferma l'a.d. uscente del NYT, Mark Thompson, il quale dichiara, in un'intervista al Venerdì di Repubblica, di essere sorpreso che i suoi amici di sinistra trovino assolutamente ovvio che Facebook debba censurare affermazioni ritenute offensive, in quanto "di questo passo finiremmo come la Cina, dove lo Stato censura le voci fuori dal coro con la scusa di proteggere il popolo". Ma se da marzo a maggio 520 milioni di contenuti informativi provenienti da siti di disinformazione sul covid 19 sono stati letti su Facebook, contro i 160 milioni pubblicati dalle più importanti organizzazioni scientifiche, sicuramente c'è qualcosa che non va e sulla quale si dovrebbe intervenire in modo incisivo e, possibilmente, globale. Tra l'altro, secondo l'Agcom, "nell'aumento considerevole dei nuovi domini internet dannosi e ad alto rischio legati al coronavirus, l'Italia si colloca al primo posto in Europa e al secondo nel mondo (dopo gli Usa) per nuove registrazioni malevole". E, accanto alla pandemia vera e propria, si è diffusa una patologia altrettanto perniciosa, l'Infodemia, che secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità consiste in un processo lanciato da soggetti che «diffondono disinformazione, informazione inaccurata, distorta o voci durante un'emergenza sanitaria per compromettere una risposta pubblica efficace e creare confusione e sfiducia tra la gente». Per la Commissione europea, invece, la disinformazione condotta da Russia e Cina (anche in relazione al Covid-19) punta a indebolire la democrazia, le istituzioni comunitarie e nazionali e a disgregare il continente.

D'altra parte, proprio in mezzo al periodo pandemico, l'allarme è stato lanciato anche da 100 medici con l'appello che conferma e rafforza la serietà della questione, "Basta fake online sul virus".

Nella sua parte propositiva, vengono suggeriti ai social media alcune "misure urgenti e fondamentali:
1) introdurre la rettifica social sulla disinformazione medica. Significherebbe avvisare e mandare una notifica a ogni utente che ha visto o interagito con post di disinformazione medica sulle loro piattaforme, e mettere a disposizione una rettifica ben strutturata, verificata correttamente e indipendentemente - uno strumento che aiuti ad evitare che gli utenti siano ingannati da bugie pericolose. Piattaforme come Facebook stanno già segnalando le notizie false verificate, ma questo sistema non ha un raggio di azione abbastanza ampio, poiché milioni di persone potrebbero aver già visto un post prima che fosse verificato e segnalato. Per questo motivo ci rivolgiamo urgentemente a Facebook, chiedendo di avvertire TUTTI gli utenti che sono stati vittime di simili contenuti, e questo significa fare un passo in più oltre a segnalare, fornendo agli utenti rettifiche retroattive.
2) disintossicare gli algoritmi che decidono cosa mostrare agli utenti. Questo vuol dire che bugie pericolose, e le pagine e i gruppi che le condividono vengono ridimensionati nei feed di notizie degli utenti, anziché essere amplificate. Anche la disinformazione dannosa e le pagine e i canali gestiti da trasgressori recidivi che la diffondono dovrebbero essere rimossi dagli algoritmi che suggeriscono contenuti. Attualmente questi algoritmi privilegiano tenere gli utenti online rispetto a salvaguardare la loro salute, e così si finisce per svalutare il benessere dell'umanità".

Nel quadro sopra delineato, per comprendere fino in fondo quanto siano fondamentali e decisive le notizie date e lette sui social, assumono ancora maggiore rilevanza i dati diffusi dall'Istat sui mezzi utilizzati nel nostro Paese per informarsi. In soli 6 anni, dal 2014 al 2019, è il ricorso esclusivo ai social network è cresciuto dal 9,5% al 19,8%, mentre quello alla stampa on line è calato dal 41,1% al 33,1%. Nel dettaglio, considerando le diverse fasce d'età, l'utilizzo esclusivo dei social network ha superato in termini percentuali quello della stampa on line tra i giovani fino a 34 anni; è raddoppiato tra i 35-54enni (dall'8,9% al 18,9%); addirittura quasi triplicato tra gli over 54 (da 5,6% a 15,1%). Dai 14 anni in poi, l'aumento di coloro che ricorrono soltanto ai social media per informarsi prescinde dai livelli di istruzione, anche se è più marcato tra coloro che hanno titoli di studio medio-bassi.

A differenza degli Stati Uniti, condizionati e vincolati dal primo emendamento, e delle altre entità nazionali rette da dittature o autocrazie, come Cina, Russia, Ungheria e Turchia, che agiscono per fini diametralmente opposti, l'Europa e i suoi Stati membri hanno messo in campo diverse iniziative per contrastare notizie false e odio digitale, ritenendo che il diritto a esprimersi liberamente sia cedevole, in certi casi, rispetto ad altri diritti egualmente garantiti.

Una precisazione però è d'obbligo. Anche negli USA, dall'avvento di Trump, si susseguono uno dietro l'altro tentativi per stemperare il potere dei social media sull'informazione.

In particolare, dopo che Twitter è intervenuto in diverse occasioni sui contenuti di Trump - etichettandoli per segnalarne la non veridicità – sul coronavirus e su un video commentato per irridere l'antirazzirmo, egli ha dichiarato di puntare a "rimuovere o modificare" la sezione 230 del communications decency act del 1996, che esonera le piattaforme dalla responsabilità per ciò che i loro utenti pubblicano e consente loro di moderare il contenuto dei loro siti.

Il Dipartimento di Giustizia, ligio ai voleri del presidente, ha proposto che il Congresso adotti una nuova normativa che mira a giungere a una definizione legale di buona fede basata sul fatto che le società dichiarino pubblicamente le loro politiche sui contenuti "con termini di servizio chiari e particolareggiati" e agiscano "coerentemente con le manifestazioni pubbliche". Altre eccezioni all'attuale regime di responsabilità includono l'obbligo per le piattaforme Internet di agire in base agli ordini dei tribunali federali e alle azioni di esecuzione civile promosse dal governo federale. Inoltre, c'è la volontà di escludere qualsiasi pretesa antitrust dalla protezione della responsabilità.

Su questa proposta, Facebook, ha fatto presente che cambiamenti del genere implicherebbero meno conversazioni di varia natura online. D'altro canto, NetChoice, associazione che comprende Google e Facebook, ha affermato che la proposta creerebbe enormi ostacoli alla rimozione dei contenuti.

Ma l'offensiva non si ferma qui. Un'altra proposta di legge prevede la possibilità di consentire alle persone di fare causa alle aziende tecnologiche se ritengono che i propri contenuti siano stati censurati. Se approvata, la legge consentirebbe agli americani di citare in giudizio le società Internet per aver violato un obbligo contrattuale di buona fede e richiedere un risarcimento di 5 mila dollari o dei danni effettivi, a seconda di quale sia il valore più elevato. Il dovere in buona fede impedirebbe alle aziende di discriminare nell'applicazione dei loro termini di servizio o di "non rispettare le promesse".

La Sezione 230 ha la sua radice nella giurisprudenza. In California, nel 1956, Un libraio vende un libretto erotico a due agenti sotto copertura. In tribunale si difende affermando di non conoscere quel libro e di non sapere di cosa trattasse, come centinaia di libri nel suo negozio.

Il giudice lo assolve e viene stabilito il principio seondo cui chi distribuisce contenuti non ha responsabilità sui contenuti stessi, altrimenti si violerebbe il primo emendamento della Costituzione americana, oltre ad arrecare un notevole danno economico all'indotto dell'editoria.

Quindi, il principio che regola i distributori di contenuti di terze parti, anche quelli pubblicati su internet, è lo stesso, ed è stato codificato nella norma che Trump vuole cancellare, che certifica la irresponsabilita' dei social sui contenuti, ma pure il potere di intervento dei moderatori per rimuoverli.

Si tratta di un comma, inserito nella 'Sezione 230' del Communications Decency Act: "Nessun fornitore e nessun utilizzatore di servizi Internet può essere considerato responsabile, come editore o autore, di una qualsiasi informazione fornita da terzi".

Da quanto precede, sembra dunque che anche negli USA si stia facendo strada la concezione europea sul bilanciamento tra il diritto alla libertà d'espressione e gli altri diritti umani, civili, sociali, "coperti" da norme di vario grado e provenienza. Tuttavia, non è difficile arguire che ben altra è la finalità perseguita dall'amministrazione Trump: quella di condizionare soggetti ritenuti ostili. Ciò si desume dalla cronologia dei fatti accaduti negli ultimi anni, dall'inizio del mandato.

Diversa la situazione in Europa, dove per intervenire sui contenuti sono stati approntati degli strumenti, certo perfettibili, allo scopo di agevolare la segnalazione e la rimozione di post inneggianti all'odio o disinformativi, dei quali daremo conto in un prossimo scritto. Certo, rimane in piedi la delicatissima questione dei soggetti deputati alla valutazione e alla successiva rimozione dei contenuti. Di primo acchito, non si può prendere sotto gamba la perplessità di chi ritiene che affidare a soggetti privati, quale ad esempio Facebook, questa funzione, come previsto da alcuni protocolli frutto di co – regolamentazione, sia in primis pericoloso e in secundis illegittimo. Ma è argomento complesso, da affrontare in maniera approfondita.

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In questa sede, anche per ragioni, diciamo così, affettive, mi piace dare conto di una iniziativa assunta da Agcom e che, a mio avviso, andrebbe diffusa e valorizzata. Si tratta del progetto Cartesio, che nasce dalla collaborazione tra l'Autorità, il Dipartimento di Fisica dell'Università la Sapienza e il Centro di ricerca SONY Computer Science Labs di Parigi, partner tecnologico dell'iniziativa, i cui risultati saranno pronti per la fine dell'anno corrente.

La partecipazione al progetto è libera.

"Cartesio, afferma l'Agcom, costituisce un'occasione di perfezionamento metodologico per lo studio delle dinamiche di consumo online, anche nell'ottica di un miglioramento dei sistemi di misurazione della qualità percepita dell'informazione. La finalità del progetto è studiare il sistema dell'informazione online visto dalla prospettiva degli utenti, mediante un'esperienza aperta. Il concept del progetto si fonda, quindi, su un modello partecipativo nell'analisi dell'informazione che prevede il coinvolgimento diretto dei cittadini in un'esperienza di valutazione dell'affidabilità di notizie, somministrate mediante un test a cui ciascun utente accede attraverso una app sviluppata dal team di ricerca. È possibile giocare attraverso la piattaforma online (accessibile dal sito web del progetto www.cartesio.news) o scaricando la app disponibile nei principali store online. Basta semplicemente registrarsi (in maniera anonima), scegliere gli argomenti di interesse ed iniziare a giocare, fornendo una valutazione soggettiva della qualità delle informazioni ricevute. Al termine dell'esperienza, si potranno avere più informazioni sulla qualità dell'informazione percepita durante l'esperienza e sulla percezione degli altri partecipanti. Inoltre, ripetendo l'esperienza nel tempo, sarà anche possibile osservare l'evoluzione delle percezioni individuali o sociali dei fenomeni oggetto di narrazione dei media. I risultati ottenuti saranno analizzati per comprendere come sono percepiti alcuni fenomeni sociali, come sono valutate le informazioni e quali sono gli argomenti prioritari per i cittadini, nel pieno rispetto della riservatezza e delle norme vigenti in materia di raccolta e trattamento dei dati personali. Proponendosi, inoltre, come un'iniziativa trasparente di ricerca, al termine del progetto i risultati saranno resi pubblici e divulgati e i dati della ricerca saranno resi disponibili in forma aggregata e in formato open data". Questi i link util per aderire a Cartesio: www.cartesio.news https://www.facebook.com/progettocartesio/ https://twitter.com/CartesioProject

Infine, segnalo un'altra iniziativa, questa volta orgogliosamente nostrana, che si propone di incidere in regime di prevenzione per contrastare fake news, hate speech, e anche cyber bullismo. Consiglio regionale della Calabria, Co.re.com. e Ufficio del Garante per l'infanzia e l'adolescenza, su impulso del Co.re.com., hanno varato un'iniziativa per contribuire ad un utilizzo consapevole del Web, e dei social media in particolare.

Si tratta del Concorso "GONFIA LA RETE, VINCI SUL WEB", il cui bando è disponibile sui siti di Consiglio e Corecom all'indirizzo http://www.consiglioregionale.calabria.it/portale/Cittadino/Avvisi/DettaglioNews/573

La partecipazione è gratuita e aperta a tutti.

Le opere da proporre, che dovranno pervenire entro il 15 novembre 2020 con le modalità specificate nel bando, sono divise in due sezioni:

la prima riservata a documentari, spot, constructed reality (recitato legato all'improvvisazione e basato su uno script), fumetti e docu – fumetti, tutti di durata non superiore ai dieci minuti, titoli di testa e di coda inclusi;

la seconda riservata a opere con testo e musica, facoltativamente accompagnate da video.

Ai vincitori verrà consegnata una pergamena di benemerenza e le opere saranno contestualmente mostrate, proiettate, lette o rappresentate e, successivamente, diffuse nelle scuole e mediante altri media, in modo da essere conosciute da un pubblico più vasto possibile.

Lo scopo del Concorso è proprio quello di incentivare gli utenti di internet, in particolare quelli in età adolescenziale, ad approcciarsi al web e ai social media in modo critico, sapendo che dentro il mondo virtuale si possono celare fenomeni estremamente negativi quali il linguaggio d'odio, la disinformazione, voluta o inconsapevole, e il bullismo, amplificato dalla potenza del mezzo.

Questi i link utili:

http://www.consiglioregionale.calabria.it/portale/Cittadino/Avvisi/DettaglioNews/573

FACEBOOK

https://www.facebook.com/gonfialarete.vincisulweb.3/about?lst=100053739783219%3A100053739783219%3A1595319748

Conclusioni

La pandemia, col suo carico di morte e sofferenza, i cui sviluppi sono ancora purtroppo incerti, ha portato all'attenzione generale la necessità di contrastare le notizie false e i soggetti che li diffondono, consciamente – vere e proprie centrali che utilizzano strumenti tecnologici sofisticati e che spesso lucrano grazie al clickbaiting, ai bot e ai trolls – o inconsciamente – i miliardi di utenti inconsapevoli o ingenui che leggono e condividono.

Il web e i social sono ormai visti da diversi autori ed esperti di tecnologia, di politica, di comunicazione, come il più grosso pericolo per la democrazia liberale, quella che ci consente di esprimere le nostre idee senza censure preventive o successive. Il mezzo, in questo caso, è micidiale, per la capacità di diffondere il messaggio rapidamente e in ogni angolo del mondo, e per la possibilità data a ognuno di esprimersi senza filtri. Anche per questo nel ragionamento complessivo, in particolare sulle fake, irrompe prepotentemente il tema della qualità dell'informazione e, di conseguenza – giacché la qualità va remunerata in ogni campo – delle risorse di cui essa può disporre. Un tema sconfinato, dalle mille sfaccettature. Un problema enorme, dalle mille insidie. Ma va affrontato, poiché dal lasciarlo marcire in un canto non ci si può attendere nulla di buono.

*Avvocato e scrittore