Abuso ufficio, Consulta: "Non irragionevole urgenza riforma 2020"

La Corte ha ricostruito la lunga vicenda politico-parlamentare-giudiziaria dell'abuso d'ufficio e di quella "burocrazia difensiva" derivante dalla dilatazione dell'ambito applicativo del reato, per cui "i pubblici funzionari si astengono [...] dall'assumere decisioni che pur riterrebbero utili per il perseguimento dell'interesse pubblico, preferendo assumerne altre meno impegnative [...], o piu' spesso restare inerti, per il timore di esporsi a possibili addebiti penali (cosiddetta 'paura della firma')".

Tuttavia, la Corte ha rilevato che la scelta di porre mano all'intervento legislativo censurato e' maturata "solo a seguito dell'emergenza pandemica da Covid-19, nell'ambito di un eterogeneo provvedimento d'urgenza volto a dare nuovo slancio all'economia nazionale, messa a dura prova dalla prolungata chiusura delle attivita' produttive disposta nella prima fase acuta dell'emergenza".

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La modifica di segno restrittivo dell'area di rilevanza penale era stata censurata dal gup di Catanzaro con riferimento, sia alla scelta di attuarla con un provvedimento d'urgenza, sia alla correttezza, dal punto di vista sostanziale, delle soluzioni concretamente adottate. Il giudice chiedeva una pronuncia di incostituzionalita' che avrebbe avuto come effetto la reviviscenza della precedente norma incriminatrice dell'abuso d'ufficio, dal perimetro piu' vasto. La Corte ha escluso che la modifica censurata fosse "eccentrica e assolutamente avulsa", per materia e finalita', rispetto al decreto-legge in cui e' stata inserita, composto di norme eterogenee accomunate dall'obiettivo di promuovere la ripresa economica del Paese dopo il blocco delle attivita' produttive che ha caratterizzato la prima fase dell'emergenza pandemica.

Nel Governo, prosegue la sentenza, era diffusa l'idea che questa ripresa potesse essere facilitata anche "da una piu' puntuale delimitazione della responsabilita'". Da questo punto di vista, "la modifica non e' neppure una 'monade' isolata" ma si abbina "a disposizioni volte a 'tranquillizzare' i pubblici amministratori" rispetto all'altro 'rischio' della responsabilita' erariale, parimenti oggetto di modifiche a carattere limitativo. Pertanto, la Corte ha concluso che la norma censurata non e' "palesemente estranea alla traiettoria finalistica portante del decreto".