Zlatan Ibrahimovic, i segreti della sua seconda gioventù al Milan

Galeotto fu quel colpo di tacco contro l'Italia agli Europei di Portogallo. Molti di noi hanno conosciuto il talento di Zlatan Ibrahimovic proprio nell'estate del 2004, quando contribuì a rendere fallimentare la spedizione degli azzurri di Giovanni Trapattoni. Pochi mesi dopo il suo nome avrebbe riempito nuovamente le pagine dei giornali italiani: la Juventus, infatti, decise di prelevarlo dall'Ajax dopo che aveva realizzato 3 goal nelle prime 3 giornate del campionato olandese. "Ibra" rimase a Torino per due anni e dopo il boom di "Calciopoli" passò ai rivali dell'Inter. Fu solo il primo dei trasferimenti controversi del bomber, spesso preso di mira per le sue conferenze stampa di presentazione, quando dichiarava ogni volta che la squadra nella quale si era appena insediato era proprio quella che tifava da bambino. Di certo, comunque, l'esperienza nerazzurra fu una delle più prolifiche per Zlatan, che vinse 3 scudetti di fila e, nel 2009, anche il titolo di capocannoniere: non gli era mai riuscito né in patria né in Olanda. Merito di Mourinho che, a tricolore già acquisito, fece di tutto per farlo segnare nell'ultima partita.

Dal punto di vista del rendimento, la carriera di Ibrahimovic conobbe una parentesi negativa a Barcellona, dove il rapporto con Guardiola non decollò. L'attaccante lasciò Milano perché convinto che l'Inter non potesse fargli vincere la Champions. Nerazzurri e blaugrana si scontrarono nella fase a gironi e i catalani ebbero la meglio, ma in semifinale fu il "Biscione" a prevalere, arrivando in finale e conquistando la coppa alla faccia di Zlatan. Paradossalmente, fu proprio col Barcellona che Ibrahimovic vinse la maggior parte dei suoi trofei internazionali: la Supercoppa europea e la Coppa del mondo per club. L'addio, però, era inevitabile.

Il carattere del giocatore era già noto e dunque non stupì la sua decisione di sposare la causa del Milan: al primo anno fu già scudetto. Nella stagione 2011/2012, invece, Ibra si laureò di nuovo capocannoniere, stavolta con 28 goal, ma per la prima volta in carriera non vinse il campionato nazionale. Approfittando della chiusura del ciclo di molti senatori rossoneri, lo svedese continuò la sua avventura al Paris Saint-Germain, dal 2012 al 2016: 113 reti in 122 presenze. Per 3 volte su 4 il titolo di capocannoniere coincise con quello di campione di Francia: nel 2014/2015, infatti, 19 goal non furono sufficienti per l'en plein.

Di certo, Ibrahimovic si è distinto sempre per essere un grandissimo attaccante, ma mai decisivo in ambito internazionale. La Champions è diventata un'ossessione, un sogno irraggiungibile, ma anche con la nazionale svedese i risultati sono stati modesti. Grazie al redivivo Mourinho e al Manchester United, però, Zlatan ha potuto mettere in bacheca almeno un'Europa League, nel 2017. Oggi Ibra lotta di nuovo con la maglia del Milan, nella speranza di far tornare il "Diavolo" in Champions League e poter rivivere grandi serate europee. A 39 anni la sua condizione è davvero notevole, tanto che persino alcuni scienziati stanno studiando l'anatomia di Ibrahimovic. È ancora lui il perno della formazione rossonera.

Come i più grandi bomber, anche lo svedese è un rigorista, ma il particolare non condiziona troppo le valutazioni degli addetti ai lavori. Di recente, ad esempio, l'assegnazione della Scarpa d'oro a Ciro Immobile è stata contestata da tanti tifosi in virtù dei 14 rigori trasformati dal centravanti della Lazio nella passata stagione. Dati e record storici sui più famosi capocannonieri della Serie A lasciano intendere chiaramente qual è stato il peso specifico dei penalty nella storia del campionato italiano. No, Ibra non ne ha bisogno. Basta un colpo di taekwondo dalla distanza a la palla può entrare lo stesso...