La Lega inciampa in Calabria:i legami fra il Carroccio e la cosca De Stefano

belsitolega- di Alessia Candito - Potrebbe sembrare quasi una farsa, una vendetta del karma o uno strano gioco del destino, eppure la Lega, il partito che ha costruito il proprio capitale politico sulla retorica anti-terroni, è andata a inciampare proprio a Reggio Calabria. Coloro che per anni hanno tuonato contro furti e malversazioni, si scoprono coinvolti in un affare di bustarelle, fondi neri e riciclaggio che non solo tocca da vicino la famiglia del grande capo, Umberto Bossi, ma chiama in causa uno dei suoi fedelissimi, il tesoriere Francesco Belsito, leghista d'affezione e vibonese d'origine, oggi costretto alle dimissioni perché accusato di truffa ai danni dello Stato, finanziamento illecito ai partiti e riciclaggio. Tutte operazioni nelle quali Belsito sarebbe stato coadiuvato da uomini della 'ndrangheta. Quasi un paradosso per la Lega. Il partito che, solo qualche mese fa, rispondeva inviperito a chi denunciasse la presenza delle 'ndrine al Nord Italia, sembra aver legato le proprie fortune e le proprie finanze alla potentissima cosca De Stefano di Reggio Calabria.

A fare da trait d'union fra queste realtà in apparenza inconciliabili sembra essere stato Romolo Girardelli, destinatario oggi di un avviso di garanzia per una serie di reati che vanno dalla truffa al riciclaggio, aggravati dalla contestazione dell'associazione mafiosa. Insieme a lui e a Belsito, coinvolti nella medesima inchiesta, altri sei indagati: l'avv. B. M. [OMISSIS PER DIRITTO ALL'OBLIO], nato a Melito Porto Salvo (Reggio Calabria), ma residente a Milano, l'imprenditore veneto Stefano Bonet, la sua segretaria Lisa Trevisan, il promotore finanzirio Paolo Scala, Leopoldo Caminotto e Nadia Arcolin.

Ufficialmente procacciatore di business, Girardelli, meglio conosciuto come "l'ammiraglio", può vantare amicizie tra la 'ndrangheta che conta. Fin dal 2002, anno in cui venne indagato per associazione di stampo mafioso, il nome dell'Ammiraglio appare spesso assieme a quello di Paolo Martino e Antonio Vittorio Canale, considerati le teste di ponte della cosca De Stefano al Nord Italia. All'epoca gli inquirenti lo accusarono di aver "messo a disposizione le proprie competenze – si legge nel decreto di perquisizione firmato dal Gip di Reggio Calabria - finalizzate a fornire supporto logistico alla latitanza di Salavatore Fazzalari, esponente di spicco della ndrangheta calabrese, attraverso la messa a disposizione di somme di denaro a ciò destinate: alla negoziazione, allo sconto ovvero alla monetizzazione di 'strumenti finanziari atipici' di illecita provenienza". Da allora, i giudici seguono le sue tracce.

Secondo gli investigatori coordinati dal pm reggino Giuseppe Lombardo, Girardelli potrebbe essere uno degli incaricati di occultare e far fruttare il tesoro della cosca De Stefano lontano dalla Calabria e dagli sguardi delle Procure. Una pista che ha portato fino alla cassaforte della Lega Nord e a chi ne teneva in mano le chiavi: Francesco Belsito.

L'Ammiraglio e il tesoriere della Lega – scoprono gli inquirenti – sono entrambi soci della Effebi Immobiliare, società con sede a Genova e attiva nel settore immobiliare e commerciale. I rapporti fra i due sono tutto meno che occasionali ed a rivelarlo è lo stesso Girardelli, che il 23 dicembre scorso, litigando furiosamente con l'ormai ex tesoriere della Lega, si sfoga "per il comportamento tenuto da Belsito in questi dieci anni di collaborazione". Dieci anni durante i quali i due hanno collezionato affari di ogni natura e drenato centinaia di milioni di euro.

Affari come quello che riguarda la Polare Scarl, riconducibile all'imprenditore veneto Stefano Bonet, destinatario oggi di un avviso di garanzia e fra i protagonisti dell'inchiesta che ha messo nei guai lo Stato maggiore del Carroccio. Secondo i magistrati, è proprio tramite il gruppo Bonet e il suo promotore finanziario di fiducia, Paolo Scala, che Belsito ha fatto transitare a Cipro e in Tanzania quei sei milioni di euro che hanno messo nei guai la Lega.

Ma il coinvolgimento dell'imprenditore veneto negli affari di Belsito e Girardelli potrebbe essere molto più profondo. Bonet decide infatti di affidare all'Ammiraglio, anche in virtù del suo legame con il tesoriere della Lega, all'epoca consigliere d'amministrazione di Fincantieri, la filiale genovese della ditta nella speranza di "accaparrarsi commesse da parte delle più importanti realtà societarie genovesi, in particolare Fincantieri e Grandi Navi Veloci".

Ma c'è di più. I nomi dei tre tornano ancora nella sospetta triangolazione tra la Siram, società che opera nel settore degli impianti tecnologici e del riscaldamento, la Polare e la Marco Polo. Stando al meccanismo ricostruito dagli investigatori, la Siram - con la quale la Polare "ha stipulato un accordo commerciale nel settore dell'innovazione e della ricerca, giovandosi del patrocinio politico di Belsito'' – acquista servizi dalla Polare per circa 8 milioni di euro. Questa a sua volta compra consulenze per 7 milioni dalla Marco Polo, quindi attraverso quest'ultima, la medesima cifra torna nuovamente alla Siram. Stesso meccanismo sembra governare i rapporti fra Siran, Polare e Fin.tecno. Nei diversi passaggi, ci sono centinaia di migliaia di euro, che si disperdono in mille rivoli, per confluire poi nelle più diverse tasche, come quelle del tesoriere della Lega Belsito. Ma soprattutto,  sospettano gli inquirenti, c'è un unico vero dominus: Romolo Girardelli.

Potrebbe sembrare una storia di ordinaria malversazione, ma Girardelli non è un uomo qualunque. Girardelli è un uomo dei De Stefano. Ed è proprio per conto della cosca De Stefano che l'Ammiraglio insieme agli altri indagati avrebbe compiuto, secondo gli inquirenti, sofisticate operazioni bancarie di esterovestizione e filtrazione per occultare la provenienza illecita delle risorse. Scrive il gip di Reggio Calabria Francesco Petrone: "Il suo ruolo non è secondario, anzi, basta attenzionare quanto emerge dalla conversazione captata il 29 agosto 2011 tra l'avvocato B. M. [OMISSIS] e Francesco Belsito per capirne il peso, allorquando i due si lamentano della prepotenza nella gestione degli affari da parte del Girardelli, che pretende il 50% e che da questa somma lo stesso non paga nulla mentre il Belsito è costretto a pagare le tasse (emissione di fatture per schermare le operazioni)".

Anche l'avvocato M. [OMISSIS], calabrese d'origine ma trapiantato a Milano dove ha lo studio, è stato coinvolto nell'operazione della Dia scaturita dalle indagini sugli affari di Girardelli. Vicinissimo a esponenti della destra eversiva come Vittorio Guaglianone e il boss Paolo Martino, oggi in carcere per l'operazione "Redux", M. [OMISSIS] sarebbe stato il personaggio che curava i rapporti tra imprenditori, politici e lobbisti. Formalmente incaricato da Bonet di predisporre dei ricorsi riguardanti una commessa della società Siram, gli viene corrisposta dall'imprenditore veneto una parcella da 40mila euro, si legge nel decreto, ''malgrado non sia soddisfatto del comportamento professionale dell'avvocato''.In quell'occasione, di fronte alle perplessità della sua segretaria riguardo gli importi della parcella Bonet  – registrato dalle cimici delle Procura - sbotta: ''...E' un'operazione politica e bisogna pagare... fine della questione''.

È questo l'universo che ruota attorno a Girardelli, un circuito che - scrive il Gip "appare necessario approfondire, attesa la dimostrata vicinanza di questi a soggetti posti al vertice della storica cosca di 'ndrangheta denominata De Stefano e alla sua provata specializzazione nelle attività di negoziazione, sconto ovvero monetizzazione di strumenti finanziari atipici di illecita provenienza. Ampiamente accertata, ai fini che ci occupano in questa sede, appare la presenza di un gruppo di soggetti, variamente inseriti in contesti imprenditoriali, professionali e istituzionali – in cui operano Stefano Bonet, Paolo Scala, Francesco Belsito e B. M. [OMISSIS], dipendenti o collegati alla figura del Girardelli".