Sgominato clan nel Potentino, 38 provvedimenti cautelari. Dda: "Forti collegamenti con cosche Pesce Bellocco e Grande-Aracri"

Polizia RC 7 giugnoSono 38 i provvedimenti cautelari personali, di cui 28 arresti con custodia in carcere, 9 arrestati ai domiciliari e un divieto di dimora nella provincia di Potenza, che sono stati eseguiti nella vasta attività di indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza e condotta dalla sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Potenza.

Il clan potentino guidato da Renato Martorano e Dorino Stefanutti è ormai "ampiamente riconosciuto dalla 'ndrangheta calabrese e dai clan mafiosi lucani, siciliani e pugliesi": è la conclusione della Direzione distrettuale antimafia di Potenza, che ha chiesto e ottenuto dal gip gli arresti.

Alla fase esecutiva hanno partecipato anche gli agenti delle squadre mobili di altri venti capoluoghi di tutta Italia e dei reparti prevenzione crimine di Lazio, Campania, Umbria, Abruzzo, Puglia, Sicilia e Calabria, di due unità cinofile e di un equipaggio eliportato di Reggio Calabria. Le misure restrittive sono state applicate nei confronti di persone ritenute gravemente indiziate di appartenere all'associazione di tipo mafioso denominata Martorano-Stefanutti, operante sul territorio di Potenza e provincia, con estensione anche sul territorio di Matera e di indagati, a vario titolo, per associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni, detenzione e porto illegale di armi da fuoco, danneggiamento seguito da incendio ed altro, aggravati dall'agevolazione e dal metodo mafioso.

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Custodia in carcere anche per i principali esponenti Renato Martorano e Dorino Rocco Stefanutti che di recente erano stati scarcerati. Sono stati disposti ed eseguiti, inoltre, sette provvedimenti di perquisizione domiciliare e personale.

Dall'inchiesta sono emersi collegamenti con le cosche calabresi dei Pesce-Bellocco e Grande Aracri, con il clan catanese dei Santapaola e con gruppi criminali pugliesi e lucani. La Procura antimafia di Potenza ritiene di aver scoperto anche "una fitta rete di contiguità e connivenze insinuatasi persone nelle sfere istituzionali", oltre alla tipica attività di "mutua assistenza" a favore dei detenuti. Infatti, durante la sua detenzione nel carcere di Melfi (Potenza) Stefanutti avrebbe ricevuto "costante assistenza materiale" mentre "impartiva specifiche direttive verso l'esterno, anche attraverso la consegna di 'pizzini'".

Nel rilevare che la "consorteria potentina" è "ampiamente riconosciuta dalla 'ndrangheta calabrese e dai clan mafiosi lucani, siciliani e pugliesi", la Dda ha parlato di "capillare compenetrazione del sodalizio potentino nel tessuto economico ed imprenditoriale cittadino, perseguita anche attraverso il reiterato ricorso ad eclatanti azioni intimidatorie". In sostanza, le indagini della Polizia hanno consentito di "tracciare il solco di un nuovo corso criminale attivo nella città di Potenza", entrato fino "nelle sfere istituzionali, come nel caso di una sigla sindacale attiva nel comparto sanitario".